Paolo percorreva velocemente corso Vercelli, rinchiuso nel suo cappotto. Il fiato formava nuvole di vapore che davano corpo alle luci delle luminarie.
Era di nuovo natale, il periodo che più odiava nell’anno.
La fretta, l’obbligo dei regali, l’ipocrisia delle cene in famiglia.
La colpa era sua. Gli altri stavano bene a natale. Si sentivano davvero più buoni.
Tocca inavvertitamente una signora che gli veniva incontro trasportando innumerevoli sacchetti di carta con marchi importanti sopra. Borbotta un “Mi scusi” a mezza voce e ne riceve in cambio uno sguardo assente. C’è gente con pacchi ognidove.
Paolo sperava solo di arrivare presto in fondo alla via. In fondo al mese. In fondo alla vita.
“E’ la classica depressione natalizia dei separati” – la mattina dopo, alla macchinetta del caffé, il suo collega e amico Filippo non aveva dubbi – “Ti manca una famiglia con cui festeggiare. La cosa migliore è farti una settimana di vacanza: a Sharm o Curma se vuoi fare il tamarro, in qualche località alternativa, tutta salute e attività fisica, se vuoi fare il figo”
E se Filippo avesse avuto ragione?
Paolo lo ascoltava, annuiva e rideva. Ed intanto pensava al fatto che ha bisogno di stare un po’ da solo.
Sarà una fuga. Ma la cosa che in questo momento gli mancava era di tararsi un po’. Di ritrovare il giusto equilibrio con se stesso. Insomma una bella vacanza, un trekking invernale con gli sci. Raggiungere un bivacco e passare lì la notte. Efanculoilnatale…
Però c’era quell’invito di Ilaria. Nulla di importante, un aperitivo natalizio con alcuni suoi amici. Di loro gli importava quasi niente, ma Ilaria l’aveva vista così poco nelle ultime settimane.
Aveva cercato di infittire i loro appuntamenti e lei si era ritratta nel suo guscio come fanno i paguri sulla battigia. Così aveva lasciato perdere. Non per cercare una nuova strategia, semplicemente perché non aveva energia per impegnarsi di più.
Poi lei lo aveva chiamato.
“Perché è sempre tutto così complicato? Perché le cose non vengono manifestate chiaramente? Cosa voleva lei da lui?”
Automaticamente Paolo si fermò a riflettere su cosa lui volesse da lei. Cosa cercasse.
Non di certo un’avventura e probabilmente neppure un nuovo matrimonio.
“Calore”, la parola gli era venuta fuori a voce alta, tanto che Filippo lo aveva guardato incuriosito e lui si era dovuto scusare.
In fondo la cosa di cui sentiva bisogno era un po’ di calore. Quello che deriva dal sapere di avere una persona cui raccontare cosa ti era capitato nella giornata. Quello che resta nel letto al mattino, dopo che ti sei svegliato in sua compagnia. Quello che ti senti dentro mentre la guardi scartare il semplice oggetto che tu avevi visto in una vetrina e avevi associato a lei.
No. Doveva essere colpa del natale.
Lui non era un romantico, anzi. Era pratico, calcolatore, decisamente freddo. Cos’era quello sproloquiare sul calore?
L’unico calore di cui sentiva la mancanza era un po’ di sesso ogni tanto. Niente di più.
Si rimise a lavorare per cacciare gli altri pensieri. In pausa pranzo scese in mensa con i colleghi.
Mentre entrava nella sala vide uscire Ilaria mescolata tra le ragazze del suo dipartimento. Avrebbe dovuto rispondere a quell’invito. Magari più tardi.
Appoggiò il vassoio con il pranzo sul tavolo e fece cadere il piccolo albero natalizio che addobbava ogni centro tavola facendo partire il jingle bells registrato.
Allora era una congiura!
Ma in fondo cosa gli costava fare un aperitivo? un’oretta e qualche sorriso. Niente complicazioni…
Cercò l’email di invito sull’iPhone e rispose:
“Ciao Ilaria, vengo molto volentieri, avevo proprio voglia di vederti. A domani”
Raddrizzò l’alberello di natale, cercando di fermare la musica.
Maledizione, avrebbe fischiettato Jingle Bells per tutta la giornata.
Ne era certo.
[NdA] Questo pezzo fa parte del progetto Frammenti urbani