Il paradosso della corsa

Ma davvero la corsa deve essere per forza sofferenza? Ovviamente dipende dai propri obbiettivi: se vuoi il successo devi essere pronto a soffrire

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La giornata di ieri era partita con un programma ambizioso: sveglia alle 6:15, corsetta dalle 6:30 alle 7:30, doccia, colazione e alle 8 e spiccioli pronto alla scrivania…
Ma come tutti i programmi ambiziosi, si era subito scontrato con la dura realtà e alle 6 ero stato svegliato dal tambureggiare della pioggia sul tetto. Ho disattivato la sveglia programmata e mi sono girato dall’altra parte.

La colazione con tè caldo e lo sguardo perso tra le nuvole fuori dalla finestra e sul termometro che segnava 9 gradi, mi hanno confortato nell’idea di rinviare la corsa alla pausa pranzo. Però verso le 12 la pioggia continuava a scendere e io già mi cullavo nella scelta di cosa preparare da mangiare.

I programmi ambiziosi, come dicevo, muoiono infrangendosi contro i dettagli quotidiani.

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Un momento, ma cos’è quella luce strana? Un raggio di sole brilla sull’asfalto reso lucido dalla pioggia che ha smesso di cadere.
Cogliere l’attimo… mi cambio al volo e sono fuori.

Ho un’oretta scarsa, quindi giro solito.
So già che soffrirò, l’aria è gonfia di umidità e quindi sembra di non riuscire a riempire i polmoni fino in fondo.
Decido di ignorare completamente il cronometro: oggi mi limiterò a far girare le gambe.

Al primo cambio di pendenza inizio a sbuffare. Poi i muscoli si imballano, la salitina che di solito affronto prudente ma rilassato, stavolta sembra un muro.
Per fortuna inizio il tratto in asfalto che porta al giro di boa… ancora due-trecento metri e si torna a casa.
La strada del ritorno sembra scorrere più veloce: sono in leggera discesa ma faccio ugualmente fatica.
Finalmente gli ultimi cento metri, tanto vale allungare.
Mi fermo e fermo il cronometro. Leggo e rileggo il tempo che segna e mi scappa un sorriso: ho impiegato un paio di minuti meno del solito (e su 8 km fanno la differenza).

Questa cosa è davvero buffa, quasi un paradosso: meno ti godi l’allenamento, più soddisfazione ricavi nel vedere il risultato. E al contrario meno soffri durante, più sei insoddisfatto dopo.

Ovviamente è un falso paradosso, più un gioco che altro.
Il runner evoluto è soddisfatto proprio dal capire che ha messo sotto stress il proprio corpo.
Per ottenere un successo devi soffrire.

Però il fatto stesso che ne stia scrivendo, rende evidente che non sono più uno che cerca la soddisfazione in un allenamento ben riuscito, ma si gode una corsa ben riuscita.

Cambio di filosofia?
Mah, forse solo un po’ di pigrizia.

Per oggi archivio con gioia il risultato acquisito e mi godo la giornata di recupero.
Domani vedremo…

2 pensieri riguardo “Il paradosso della corsa”

  1. Caro Franz, leggo sempre con attenzione le tue storie e mi rivedo quasi in tutte.
    Non sono un runner da sempre ma da qualche anno scopro la corsa e me ne innamoro arrivando persino a correre 6 maratone, ma con il tempo aver raggiunto un obiettivo così ambiziso ha cambiato anche la mia filosofia e spesso mi interrogo molto sulla possibilità che si tratti di pigrizia 🙂 .
    A presto

    Ernesto

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