Quasi quasi… si ricomincia

Quante volte abbiamo smesso e poi ricomnciato? E ogni volta ci sono motivi diversi ma lo stesso senso di innadeguatezza.

Mentre raggiungo i pacers delle 4 ore e 45 intorno al trentacinquesimo chilometro della MilanoMarathon lo scorso 2 aprile, mi stupisco di come loro siano freschi e pieni di vita mentre io sto letteralmente boccheggiando.

Un particolare da non trascurare: loro erano partiti da Corso Venezia alle 9:30 di quel mattino, io – quarto frazionista della mia staffetta per Emergency – ero partito 5 chilometri e 30 minuti prima.

Eppure…

Flash back. Ho 53 anni, sono stato (pesantemente) contagiato dal virus della corsa quando ne avevo 39 tanto che mi ero prefissato ed ero riuscito a correre la mia prima maratona entro i 40 (a Milano, anche quella volta). Ho corso tanto e su tutti i terreni, ho provato dalla pista all’ultratrail, ma negli ultimi 18 mesi non ho più gareggiato e nelle ultime 5 settimane non ho proprio corso. Neppure quella canonica uscitina alla domenica che ti lava la coscienza.

Allora eccomi qui, in una calda domenica di festa, con 10 chili di troppo e il fiato corto.

Intorno a me la gente fa festa, i corridori e – strano a dirsi per Milano – anche il pubblico. Quella mattina, mentre percorrevo al contrario il percorso, avevo incitato e salutato e supportato decine di runners, volti noti e perfetti sconosciuti, e avevo riprovato quell’emozione che chi ha gareggiato ben conosce.

Eppure…

Bastioni di Porta Venezia, striscione del 42esimo chilometro, Barbara Q e Barbara C, due quarti della mia staffetta, saltano dentro al percorso per fare con me gli ultimi 195 metri.

La folla applaude i maratoneti e io ben conosco le loro sensazioni, quel misto di fatica estrema e appagamento per essere arrivati alla fine. Un po’ li compatisco e un po’ li invidio.

Noi staffettisti viviamo di gloria riflessa, i veri protagonisti sono loro, ma gli applausi scendono a pioggia su tutti. La staffetta 399 taglia il traguardo bucando il muro delle 4 ore, ma sono felice come un bambino e penso che forse dovrei considerare di rimettermi a correre con serietà…

Allo stand di Emergency ci ritroviamo con gli altri staffettisti che hanno corso per l’associazione di Gino Strada, siamo quasi 500, riceviamo e restituiamo sorrisi e complimenti, bottigliette d’acqua e pacche sulle spalle.

Sarà il poco ossigeno, sarà quella strana magia della maratona per cui quando ci sei dentro pensi “chi me l’ha fatto fare?” e quando l’hai finita pensi “quando la prossima?”, fatto sta che un’idea inizia a farsi spazio nella mia testa.

Ho un pettorale per correre come fund raiser di Emergency alla New York City Marathon di novembre.
La mia società organizza una trasferta nella Grande Mela.
Ho davanti più di sei mesi… quasi quasi si ricomincia.

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