In Inglese suona meglio che in Italiano: Revolution in progress (cioè Rivoluzione in corso), sembra quasi un ossimoro, con quel “in progress” che richiama alla mente i cantieri dove si costruisce e “revolution” che invece suggerisce distruzione e sovvertimento delle regole. Eppure mi sembra il titolo più adatto all’argomento di cui vi voglio parlare.
A parte il fatto che la primavera è iniziata, nell’aria si percepiscono i sentori di un grande cambiamento.
Parlo delle Big Tech, le grandi società tecnologiche che dettano leggi nel mondo come solo le religioni hanno fatto in passato (e cercano di fare ancora).
GOOGLE ti impone le sue regole se vuoi farti trovare. Forse è evidente solo per gli addetti ai lavori, ma seguitemi un momento. Ciò che capita è che ormai Google è diventato l’elenco telefonico del web, se Google non ti trova allora significa che tu non esisti. Così la grande G può decidere il modo in cui vengono fatti i siti, il modo in cui vengono scritti i titoli degli articoli, la lunghezza dei testi e via dicendo. Tecnicamente sono le regole di ottimizzazione del SEO, Search Engine Optimization. Chiaramente non è obbligatorio seguirle, ma se non ti adatti nessuno ti troverà e tu sparirai nell’oblio.
Un altro esempio è META, la società di Mark Zuckerberg che è proprietaria di FaceBook, di Instagram e di What’sApp. Nelle scorse settimane si è molto parlato dello scontro con la SIAE, il monopolista italiano per la gestione dei diritti d’autore. Anche qui è una discussione tecnica. SIAE e META stavano trattando un prezzo forfait per le canzoni usate su Instagram (le colonne sonore delle stories e dei reels che pubblichiamo noi tutti) e META, visto che non si raggiungeva un accordo e che il precedente era scaduto a fine 2022, ha semplicemente rimosso tutte le musiche italiane dai post presenti nella sua piattaforma. Azione ineccepibile sia formalmente che strategicamente, ma gli utenti si sono trovati milioni di post silenziosi.
AMAZON, che con Prime è entrata prepotentemente nel mondo dello streaming tv, sta cambiando l’interfaccia in modo da spingere sempre di più a sottoscrivere abbonamenti anche su altre piattaforme (Now Tv, Infinity, Disney Channel ecc).
E di esempi come questi ce ne sono una moltitudine. Ma perché sta accadendo tutto cio?
Bisogna osservare il quadro generale. La pandemia è stata un fattore di crescita incredibile per queste società. In assenza di contatti sociali ripiegavamo sui social. Non potendo acquistare in negozio, comperavamo on line.
I fatturati delle Big Tech sono schizzati alle stelle. Hanno assunto sempre più persone per gestire la crescita di richieste. Ma oggi, post Covid, accusano una flessione significativa. Stiamo tornando alla realtà.
La finanza è una creatura bulimica: gli utili di un anno devono essere confermati se non aumentati l’anno successivo. Così i consigli di amministrazione sono corsi ai ripari, devono tagliare i costi (che significa licenziare migliaia di persone) e cercare altrove nuovi fatturati.
Immorale? Beh, direi proprio di no. Decidere la strategia è un diritto pieno di ogni azienda. Noi utenti siamo come gli ospiti non paganti di un albergo di lusso. Eravamo abituati ad abbondanti colazioni a qualsiasi ora, e adesso che ci offrono di meno e solo a certi orari non possiamo certo lamentarci.
Virgilio, nell’Eneide, fa dire a Laocoonte mentre i Troiani sulla spiaggia festeggiano l’apparente partenza dei nemici “Timeo Danaes et dona ferentes”, “Temo i Greci anche quando portano doni”. I Troiani non gli diedero ascolto, portarono il grande cavallo di legno all’interno della città, e tutti sappiamo com’è andata a finire.
Una regola di saggezza è diffidare sempre di regali immotivati. È chiaro che qualcuno deve pagare per quello che ci viene offerto.
Nel bel film “Social Dilemma” il concetto è spiegato con una frase iconica: “Se non paghi, il prodotto sei tu”
Quindi non possiamo lamentarci, ma abbiamo altre possibilità.
Possiamo ridurre la presenza sui social, possiamo decidere di pagare per non soggiacere ad un ambiente tossico.
Utopia? Io non credo, anzi, sembra stia già accadendo.
Io amavo e frequentavo Twitter: 130 caratteri per esprimere un pensiero erano una sfida all’intelligenza. Mi piaceva il clima ironico, l’ambiente multiculturale. Poi, un po’ alla volta, si è ridotto ad un club per nostalgici autoreferenti. Lo frequento ancora, ma con sempre meno passione.
FaceBook ormai è quasi deserto, popolato solo di pubblicità e contenuti a pagamento, sembra ReteQuattro d’estate, con gli stessi vecchi film. Persino Instagram inizia a mostrare i segni dell’invecchiamento.
Le Big Tech, come dicevo, hanno annusato l’aria e si preparano a cambiare.
Ed ogni cambiamento, in fondo, è una rivoluzione.
Noi restiamo alla finestra e proviamo a capire dove sia meglio dirigerci… tenendo a cuore il consiglio di Laocoonte e provando a ragionare su cosa veramente ci convenga fare…
Caro Franz , noi siamo un bel gregge di pecore da mungere e tosare…E’ la dittatura dei social, che sfugge alle regole r alle tasse ed è ( paradosso dei paradossi alimentata dalla ns vanità…Apparire sui Social è un bel surrogato delle nostre inutili vite…ci consente un fasullo riscatto da un piattume culturale dilagante….
Hai ragione Marco, e vedo che la tocchi piano 🙂
Adesso è un bel momento per provare a prendere il volo!
Franz