Tutta la settimana, qui da me, le temperature erano state particolarmente rigide e già ieri pomeriggio erano apparsi i primi fiocchi.
Stamattina mi sono svegliato con una spolverata di neve sulle tuie che delimitano il mio prato e, mentre facevo colazione, la neve ha ripreso a scendere.
Non so perché, ma mi sono svegliato pensando alla vecchiaia.
Non mi sento ancora parte della categoria, ma riconosco alcuni sintomi che rivelano il passar degli anni.
Non tanto fisici, quanto comportamentali.
Sento crescere in me il desiderio di scegliere con attenzione le persone che mi circondano.
Ho smesso di cercare di compiacere gli altri, di cercare la loro approvazione.
Non vengo più travolto dall’eccitazione del nuovo e cerco il piacere delle cose che ho scelto più di quelle che mi sono capitate.
Guardo con sorridente distacco al baldanzoso coraggio dei giovani.
Ammiro sornione le loro sicurezze e tengo stretti i miei dubbi e le possibilità che so ancora di avere.
Non confondo l’esperienza con la conoscenza: so che la prima può guidarmi nell’ordinario, ma se voglio lo straordinario devo perseguire la seconda.
Ho smesso di mandare giù la vita a grandi sorsi e preferisco farmela rotolare in bocca come il buon vino, cercandone di apprezzare pienamente il gusto.
Riflessioni tristi?
No davvero…
Quando ho spalancato la finestra per arieggiare la mia camera da letto mi sono riempito il petto dell’aria frizzante del mattino e gli orecchi del canto delle cince che mi ricordano che è primavera.
Non basta qualche fiocco a fermare il ciclo delle stagioni.
Così come non basta qualche anno in più a delimitare le possibiltà dell’animo umano.
E questo pensiero è molto confortante.