E=mc2

Partendo dalla frase di Marshall McLuhan, ecco un’analisi sfogo sullo stato della comunicazione dei nostri tempi.

Di certe grandi teorie si ricordano solo gli slogan. Tutti conoscono la scritta “E=mc2”, qualcuno sa che è la formula dell’energia di Einstein, qualcuno di meno sa che significa che l’energia è uguale alla massa moltiplicata per il quadrato della velocità della luce. In pochissimi, poi, sono in grado di spiegare cosa ciò voglia dire.

la formula dell'Energia

Similmente quando dico che “il mezzo è li messaggio” in molti riconoscono l’affermazione di Marshall McLuhan, qualcuno potrebbe indicare che si parla di “mezzi di comunicazione”, qualcuno ne semplificherebbe il significato spiegando che il sociologo sottolineava l’importanza dei media arrivando a postulare che il tipo di media e le sue regole influenzavano a tal punto il contenuto da diventarne parte e stravolgerlo.

Un po’ di storia (sì, sono noioso).

Non possiamo non pensare a questo quando riflettiamo su come i media ci hanno cambiato. Non solo oggi, ma da sempre.

La stampa a caratteri mobili (1450 circa) ha popolarizzato la Cultura (e la maiuscola non è una svista), il primo giornale in Europa è nato circa 100 anni dopo (1660, Germania) e subito dopo in Italia. Poi ci sono voluti circa 200 anni per arrivare alla nuova svolta: la televisione. In realtà l’apparecchio è stato creato nel 1883 ma solo nel 1925 si può parlare di trasmissioni televisive come le pensiamo noi. In Italia 1934 i primi esperimenti e 1954 il primo programma RAI. Similmente la tv a colori è stata inventata nel 1940, le trasmissioni hanno iniziato a girare solamente 15 anni dopo e, in Italia, addirittura nel 1977.

Altro giro di boa, finisce il monopolio RAI ed inizia la tv privata (siamo negli anni 80), intanto una cosa misteriosa usata dai professori universitari che si chiamava Arpanet (1969) si è trasformata nel web (il World Wide Web, quel www che ormai è sparito) negli stessi anni (intorno al 1990) e con l’arrivo degli smartphone (2005 circa) internet è in tasca a tutti.

Libri, giornali, radio, televisione, internet.
Una progressione di media e un cambio drastico del loro impatto sull’umanità.

I libri hanno portato una maggior diffusione della Cultura e della scolarizzazione.
La radio e la prima tv hanno diffuso la lingua superando le barriere dei dialetti.
Giornali e tv volevano informare le persone.
La RAI aveva (e non ha più) tra i suoi compiti quello di educare la gente.
La tv commerciale si proponeva solamente di divertire la gente. Persino i suoi telegiornali sono diventati uno spettacolo (Striscia la Notizia), persino le sue inchieste (Le Iene), persino i dibattiti politici.
Internet, all’inizio, era un media nato per cercare informazioni. Ma è stato presto trasformato in un media dove divertirsi: ecco i social e la loro deriva.

Abbiamo visto come i media si sono evoluti e come il loro scopo sia cambiato.

Ma come sono cambiati i contenuti?

Avete presente una noiosa tribuna elettorale anni ’80? I politici parlavano usando formule astruse: “la convergenza delle linee politiche”, “le sinergie ideologiche” ecc ecc)

Avete presente come parlano oggi Salvini o Gasparri?

Il media modifica il messaggio.

Pensate al SEO (un acronimo complicato che raccoglie le regole per essere trovato facilmente in rete), se le studiate appena un po’ vedrete che vi chiederanno di esprimere concetti semplici, in frasi brevi, con tutto quello che conta nelle prime 100 lettere.
Potrebbe Omero scrivere l’Odissea ottimizzata per il SEO? E la nostra Costituzione?

Non lamentiamoci che i nostri figli e i nostri nipoti hanno soglie di attenzione basse: sono ottimizzati per le regole SEO.

Come al solito ho fatto un lunghissimo preambolo (il mio SEO’s specialist segna sempre tutto rosso) per arrivare al dunque.

  1. Se accettiamo di parlare in modo adatto ai social non riusciremo a sviluppare nessun concetto.
  2. Se accettiamo di cambiare quello che siamo per venire meglio in tv, risulteremo falsi.
  3. Se semplificheremo i concetti per renderli comprensibili ai frettolosi, perderemo in qualità.
  4. Se scriveremo per compiacere chi legge, risulteremo insipidi, già visti.

Ho messo giù una lista, perché quelle piacciono tantissimo al SEO (specie con un titolo del tipo “I dieci motivi per cui l* piaci più”, magari scritto con la schwa per essere politically correct).

Ma quello che voglio dire è che ci sarebbe bisogno di recuperare in credibilità, e per farlo non basta uno spot, ma impostare la comunicazione, che dev’essere conseguenza dei valori aziendali, in modo autentico.

Autentico, non solo originale.

Se vuoi sembrare Superman, per essere originali basta indossare le mutande sopra i calzoni. Ma per essere autentici bisogna volare e avere la vista a raggi x.

Nella vita di ogni giorno non serve bucare lo schermo o fare buona impressione nei primi 10 secondi. Quello che serve è avere un curriculum credibile alle spalle.

C’è un’altra cosa che mi fa diventare matto.

Il media è il messaggio, quindi, visto che parliamo a dei giovani facciamo una campagna su tiktok, se parliamo ai vecchi facciamo uno spot in tv.

Ma non è così. Puoi fare un bellissimo spot su Mediaset o Tiktok, ma se non ci sono le idee da comunicare, riuscirai solo a fare schifo.

Quando produco i miei podcast dicono che arrivo alle persone.

Ma funzionano non semplicemente perché sono un podcast e non un libro, ma perché contengono idee.

Le persone capiscono che ho fatto i compiti a casa, ho studiato l’argomento e torno da loro in modo onesto.

Non cerco mai di abbindolarle. Non mi piego alle regolette del marketing o dell’ABC della comunicazione.

Di certo è più faticoso, ma spero che lasci una piccola traccia.

Post Scriptum di solito alla fine del mio post c’è la versione ascoltabile. Ma sono in una fase della vita divisa tra la vecchia e la nuova casa, così tutto l’armamentario per registrare è diviso tra scatoloni in garage e bauli sotto il letto. Recupererò dopo l’estate.

112 una storia vera

112, where are u, è un’app per le emergenze, utilissima ma sconosciuta. Proviamo a capire come funziona e perché nessuno la conosce

Di solito si dice: “I fatti e i personaggi narrati in questo film sono inventati”, beh in questo caso, invece, è tutto vero ed è una storia che mi ha fatto riflettere.
L’estate scorsa stavo passeggiando con degli amici lungo il ru Courtod in val d’Ayas. Camminavamo e chiacchieravamo del più e del meno, dei nostri lavori, delle gite che ci piacerebbe fare, delle nuove tecnologie applicate al trekking. E proprio a questo punto, Paolo se ne venne fuori con un’app di cui non avevo mai sentito parlare.

Qui è necessario fare una premessa. Il Paolo di cui sto parlando è Paolo Guarnaschelli, istruttore BLSD (che per chi non lo sapesse sono le tecniche di primo soccorso e defibrillazione) e fondatore della FoUr, una società che si occupa di diffondere la cultura del soccorso tramite la formazione all’interno delle aziende (FoUr, infatti, sta per Formazione Urgenze). Quindi uno che sa di cosa parla.

Bene, esiste un’app che si chiama 112 Where Are U, sviluppata in origine dall’Agenzia Regionale dell’Emergenza Urgenza della Lombardia, ma oggi funzionante in tutti le regioni dove funziona il NUE, il Numero Unico Emergenze, quello che sostituisce il 113 per i Carabinieri, il 115 per i Vigili del Fuoco, il 118 per la Sanità ecc. Insomma la versione europea del 911 che siamo abituati a vedere nei film.

Come funziona? Semplicissimo.

Installate gratuitamente l’app sul vostro smart phone e vi registrate. L’app vi geolocalizza, quindi sa sempre dove vi trovate, e se ne sta lì buona in attesa di esservi utile.

112 where are u

In caso di emergenza attivate l’app e cliccate sul tasto in basso selezionando di che tipo di emergenza si tratta (sanitaria, incendio, crimine) e l’app chiama direttamente il numero unico di emergenza più vicino, segnalando chi siete e dove siete. Esistono tre tipi di chiamata: normale, muta e per non udenti. La prima è quella che ho descritto e che vi fa parlare con un operatore. La seconda, muta, si adopera quando c’è un pericolo in corso (ad esempio una rapina, un’aggressione ecc), la terza è dedicata ai sordomuti (scommetto che nessuno ha mai pensato alla difficoltà per un sordo o un muto ad effettuare una chiamata di soccorso!)

In questo modo si sono risolti tutta una serie di problemi.

Chi è in pericolo e chiama, spesso è confuso o spaventato e dare informazioni anche semplici tipo chi è o dove si trova può essere un problema.

Il numero unico risolve il problema di ricordarsi chi chiamare e anche il problema di agganciare il centro soccorso più vicino.

Infine, risolve il problema di chiamare quando si è in montagna e non si sa dire esattamente dove ci si trova. Poi io ho detto montagna, ma a volte è difficile dire dove ci si trova anche se si è nel Grande Raccordo Anulare di Roma o in tangenziale a Milano…

L’app mi era piaciuta moltissimo e mi ero stupito che, nonostante fosse uscita molti anni fa, ancora nessuno ne aveva parlato. Nei  giorni successivi l’ho raccontato ad amici e colleghi, sollecitando l’installazione e la diffusione del messaggio.

Paolo, sorridendo, mi aveva dato due ultimi consigli: “Mettila nella prima schermata del telefono, così la trovi subito. E poi non chiamarla Centododici, ma Uno Uno Due.” E alle mie rimostranze mi ha spiegato che era capitato sovente che nella concitazione dell’emergenza quando si diceva di chiamare il centododici la persona digitasse 1,0,0,1,2… ricevendo in risposta il classico “Il numero chiamato non esiste”.

Bene, che senso ha questa storia?

Il primo è: andate su Apple Store o Google Play Store, scaricate l’app e registratevi. Sperando di non doverla mai usare.

Il secondo, invece, è una riflessione legata al mio mondo, quello della comunicazione.

È possibile che un’app utilissima e gratuita sia sconosciuta?

Se cercate su Google troverete alcuni articoli che sono usciti, ma non è mai stata fatta una campagna di comunicazione adeguata. Penso alle pubblicità progresso, quelle istituzionali, ai video che si vedono in televisione e su web. Possibile che in così pochi la conoscono?

La lezione da imparare qui è che non basta avere una grande idea, bisogna saperla spiegare bene e, soprattutto, farla arrivare al pubblico cui è destinata.

E la seconda lezione è in quel 1-1-2 che sostituisce il CentoDodici.

A volte basta cambiare appena qualche parola per evitare che il messaggio venga frainteso.

Ascolta “112 – Una storia vera” su Spreaker.