Ne avevo scritto qualche tempo fa (leggi qui): spesso è difficile definire dove sia il confine tra bene e male. A volte si rischia che, per perseguire un fine eticamente giusto si accetti di usare mezzi che non lo sono.
Il famoso “il fine giustifica i mezzi” del buon vecchio Niccolò Macchiavelli.
Riflettevo su questo leggendo il post di un’amica che prendeva le parti di Aurora Leone (l’attrice del gruppo The Jackal) che era stata esclusa da una cena della Nazionale Cantanti.
Non voglio tornare sulla condanna (il fine), che comprendo e condivido, ma parlare del metodo. La mia amica si scagliava contro il genere maschile spesso colpevole di comportarsi in modi che colpiscono una persona per il suo essere donna.
E mentre lo faceva, commetteva lo stesso errore: scagliarsi contro gli uomini perché uomini.
Tra i miei amici – non i conoscenti, dico proprio gli amici, le persone che mi sono vicine – non c’è nessuna persona che discrimina un’altra persona per il genere o la razza.
Ammetto che ci siano discrimini dettati da ideologie e scelte politiche e persino religione, ma di certo non per razza o genere.
Non credo di essere un fortunato circondato da Illuminati.
Così come non credo che il mio gruppo di amici sia un campione statisticamente valido.
Sono consapevole che le discriminazioni siano un problema vero e numericamente molto serio.
Sono consapevole che esista una sperequazione tra come il mondo del lavoro tratta un uomo e una donna.
Ho ben presente lo sbilanciamento assurdo tra vittime donne e vittime uomini nei crimini violenti (stupro e omicidio in primis).
Sono fermamente convinto che questa situazione vada combattuta a viso aperto, e che il primo passo sia la denuncia.
Però credo che non si debba fare di tutta l’erba un fascio.
Mi rendo conto che sia difficile.
La giustizia si impantana troppo spesso nella palude dei distinguo.
Ma il rischio opposto è persino più grave: la generalizzazione finisce spesso nella gogna mediatica che non risolve i problemi e che alimenta la polarizzazione tra le parti.
Dire che gli uomini sono maschilisti è uguale a dire che le bionde sono sceme.
Ci sono gli uomini che si comportano male, e vanno indicati.
Ci sono le donne che si comportano male, e vanno parimenti indicate.
Torno ad un punto fondamentale che ho già enunciato precedentemente e provo ad elencare i passi che io credo siano fondamentali per vincere questa battaglia di civiltà.
La prima cosa da fare è denunciare pubblicamente e ad alta voce.
La seconda cosa da fare è creare un fronte unico tra chi comprende e condanna il problema. Senza divisioni di genere.
La terza cosa è parametrizzare, cioé dare il giusto valore ai fatti.
Così come non si può paragonare chi ruba con chi uccide, alla stessa maniera non si deve paragonare chi fa una battuta sessista con chi stupra.
So bene che sto camminando su un terreno minato.
Purtroppo chi cerca un approccio di buon senso, moderato, viene spesso confuso con chi minimizza il problema.
Ma credo sia giusto che chi condanna la caccia alle streghe del Medioevo faccia attenzione a non vestire i panni dell’Inquisizione nella battaglia contro la discriminazione di genere.
E per concludere vorrei sottolineare come il più grande errore che si deve evitare sia quello di trasformare la lotta per la parità di genere in una guerra tra generi.
Non dev’essere donne contro uomini, maschi contro femmine, come avviene spesso. E’ naturale che una donna cerchi solidarietà tra le altre donne. E noi uomini dovremmo offrire la stessa identica solidarietà per far comprendere come il comportamento di uno non sia il comportamento di tutti.
Penso ci sia una piccola minoranza di uomini che si comporta male, coperta da una schiera molto ampia di uomini (e donne) che si girano dall’altra parte.
E’ su quella larga fetta della società che dobbiamo lavorare.
Denunciando, condannando, e soprattutto continuando un dialogo aperto e costruttivo.