Alessandro Robecchi ci regala un altro giallo con Monterossi e soci impegnati questa volta nel rapimento di Flora De Pisis
Lo so di aver trascurato questo spazio. A mia parziale discolpa, vi invito a “prestare orecchio” al podcast Passaggi a Nord Ovest che dal 1 gennaio di quest’anno stiamo portando avanti con Denis Falconieri. Sono cose diverse, ma assorbono entrambe tempo, e in queste ultime settimane ho prediletto il podcast a questo blog. Comunque…
Non dirò nulla di nuovo quando vi racconto che amo i libri (e soprattutto i personaggi) di Alessandro Robecchi.
La settimana scorsa è uscito il suo ultimo giallo, Flora, l’ho acquistato, ho messo in pausa il mondo per qualche ora, e l’ho divorato.
Definirlo giallo, un po’ come per la maggior parte dei romanzi di Robecchi, è riduttivo. Si tratta di un’analisi della società contemporanea vestita da poliziesco.
La trama è presto detta. Flora De Pisis, la conduttrice di Crazy Love un programma che Monterossi ha ideato diventando ricco e, al contempo, affondando nei sensi di colpa, viene rapita. La rete televisiva privata, amichevolmente definita dal protagonista “la fabbrica della merda”, produttrice del programma viene contattata per il riscatto, ma qui iniziano le sorprese.
E’ un giallo, non vi svelerò di più. Al massimo potrei rimandarvi all’intervista con l’autore (che posto più sotto) in cui regala alcune indiscrezioni.
Vi dico però che per 365 pagine, Robecchi e la sua banda di investigatori, ci portano a spasso per una Milano estiva, con tutte le sue bellezze e i suoi controsensi.
E mentre, un po’ alla volta, scopriamo il folle progetto dei rapitori, veniamo coinvolti in una storia parallela, di altri tempi. Una storia tanto poetica quanto quelle proposte dalla televisione nazional popolare (che Flora De Pisis incorpora) sono invece grevi e senza spessore.
Robecchi offre una riflessione profonda che è un attacco alla televisione, mancato strumento di cultura e generatore di spazzatura mediatica.
Lo fa con garbo e con grande senso dell’umorismo. Non aspettatevi un saggio, ma una storia divertente che fa riflettere.
Flora Alessandro Robecchi Sellerio Editore 365 pp / 15,00 euro
Dopo averlo snobbato, ho acquistato Riccardino di Andrea Camilleri. Ecco la mia recensione, ma vi anticipo che è stato subito amore
Voglio parlarvi di un grande amore, della sua fine e di un ritorno di fiamma. Considero Andrea Camilleri uno dei grandi autori italiani. L’ho conosciuto a metà degli anni Novanta, quando iniziai a leggere la fortunata serie del commissario Montalbano. Credo che il primo fosse La forma dell’acqua.
Divenne in breve una droga e, come capita quando incontri una vecchia serie tv e puoi vedere molti episodi di seguito, mi beai dell’incredibile produzione di quell’autore.
Mi piaceva tutto. La dimensione dei libri (la collana blu di Sellerio e quella piccola di Adelphi hanno sempre risvegliato il collezionista che c’è in me); il tono scanzonato del protagonista, la sua ribellione alle convenzioni, la passione per il cibo, il suo essere profondamente umano; e poi adoravo la lingua, un italiano ricercato e preciso, impreziosito da alcune parole in dialetto o, ancora meglio, dall’uso dialettale di alcune parole italiane (ad esempio magari, usata nell’accezione di anche).
Poi venne la serie televisiva, con Zingaretti a dare carne a Montalbano. Una sintesi perfetta. Credo che sia impossibile leggere Camilleri senza immaginare l’attore o vedere un film con Zingaretti senza immaginare la parlata di Montalbano.
Nel frattempo avevo letto anche gli altri libri, quei romanzi storici di cui Camilleri va fiero, come La concessione del telefono o Il birraio di Preston, e mi erano piaciuti persino di più… così, un po’ alla volta, come un amore che giunge al suo apice e poi sfiorisce in routine, mi sono annoiato e l’ho abbandonato. Ho smesso di acquistare ogni suo libro pensando che non aveva più nulla da dirmi.
Un paio d’anni fa ci siamo rincontrati per caso. Un amico mi consigliò Km 123, edito dalla Mondadori. Un giallo strano, non tanto per la storia ma per come era scritto. Miscelando con sapienza sms, rapporti di polizia, brani di conversazioni, raccontava una storia per frammenti lasciando al lettore il piacere di ricomporla.
Mi piacque, ma non abbastanza per farmi ricadere nel trip di Camilleri.
Poco dopo, nel luglio del 2019, Camilleri morì. Ovviamente, come sempre accade quando un grande scrittore muore, si susseguirono i coccodrilli, le recensioni sperticate, le ripubblicazioni dei romanzi. E come sempre accade in questi casi, io me ne stetti alla larga.
E mi persi una chicca. Sellerio pubblicò Riccardino, un romanzo della serie di Montalbano, “L’ennesimo” pensai io, ma mi sbagliavo.
Camilleri scrisse Riccardino nel 2005 e lo rimaneggiò nel 2016, lo mandò all’editore chiedendo specificatamente che fosse pubblicato postumo. Una sorta di testamento… Questo particolare mi ha incuriosito così, nei giorni scorsi, l’ho ordinato e, finalmente, letto.
E’ un piccolo capolavoro. Se non lo avete ancora letto, fatelo subito…
Iniziamo dalla cosa più scontata: è una classica storia di Montalbano, trama immaginifica e personaggi caratterizzati con la solita maestria.
La lingua è mutata. Il dialetto ha preso il sopravvento. Per leggerlo ho impiegato il doppio del tempo che impiegherei per qualsiasi altro giallo. Restavo invischiato nelle parole, mi obbligava ad un’attenzione che di solito riservo ai saggi.
Ma mi ha ripagato in toto per la musicalità di quella lingua. Non è difficile da seguire, anzi. Ti seduce con i suoi suoni meridionali, ti porta via con se, è davvero un piacere nel piacere.
Infine, l’ultimo affascinante aspetto, è che diventa multidimensionale. Come dicevo, è esperienza comune leggere la storia di Montalbano ed immaginare Zingaretti che lo interpreta. Bene, Camilleri gioca su questo fatto e contrappone il Montalbano vero (quello inventato da lui) con quello televisivo. E come se non bastasse, a metà libro (non preoccupatevi non ci sono allarmi spoiler) fa apparire anche se stesso, con il pomposo nome di Autore, che dialoga con il suo personaggio.
La storia diventa quindi un pretesto per ragionare sul complesso rapporto tra scrittore e personaggi. Nulla è banale. Ogni capitolo contiene una riflessione, una frase, una perla di saggezza.
Camilleri se n’è andato lasciandoci Riccardino in dono. E questo, invece che aiutarci, ci farà sentire ancor di più la mancanza della sua penna.
Riccardino Andrea Camilleri Sellerio Editore 288 pagg. / 15,00 euro
La scoperta finale è che non ci sono vincitori o sconfitti, e persino il confine tra Bene e Male tende a scomparire, quando il dramma di un assassinio marchia le nostre esistenze.
Funziona così: per certi autori compro a prescindere. Vedo che è uscito un loro nuovo romanzo e lo prendo, senza neppure guardare la terza di copertina per valutare la trama. Spesso non ricordo neppure il titolo, ma so che devo leggerlo. Succede soprattutto con gli autori di gialli, ma non solo…
Quando sabato sono entrato in libreria per la mia solita “visita settimanale” tra gli altri libri ho anche ritirato l’ultima fatica di Antonio Manzini che ho imparato ad apprezzare seguendo le vicende del commissario (pardon, vice-questore) Rocco Schiavone.
L’ho messo sul comodino e l’ho lasciato lì preferendo iniziare con un altro testo, ma poi ieri sera mi è scivolato in mano e ne sono rimasto letteralmente stregato.
Gli ultimi giorni di quiete non è un giallo. Ha i ritmi serrati del thriller e tratta di un assassino e di morte. Non sai dove va a parare, ti immagini dei possibili epiloghi ma alla fine cedi e ti lasci guidare dall’autore.
La storia è presto detta. Una donna, mentre torna a casa in treno, riconosce tra i passeggeri l’uomo che ha ucciso suo figlio. E la sua vita cambia.
L’idea è semplice ma l’abilità di Manzini nello scavare dentro i personaggi crea un vero e proprio universo. Nora (la protagonista) e il marito Pasquale sono entrambi schiavi del dolore provocato dalla perdita di Corrado, il loro unico figlio, ma reagiscono in modo molto diverso.
Manzini, che avevo apprezzato anche in “Sull’orlo del precipizio” dove il giallo scompare ed emerge più l’analisi della nostra società, usa la trama del noir per farci riflettere. Ci offre la possibilità di immedesimarci in tutti i protagonisti e verificare cosa avremmo fatto al loro posto.
La scoperta finale è che non ci sono vincitori o sconfitti, e persino il confine tra Bene e Male tende a scomparire, quando il dramma di un assassinio marchia le nostre esistenze.
Un gran bel libro. Da leggere e su cui riflettere.
Gli ultimi giorni di quiete Antonio Manzini Sellerio Editore, La Memoria 231 pagg. / 14,00 euro
Il nuovo libro di Enrico Camanni e un avvincente giallo ambientato intorno al Monte Bianco. Protagonista la guida Nanni Settembrini e un’alpinista…
Mi è oggettivamente difficile non avere un pregiudizio. Enrico Camanni, l’autore di questo giallo, è uno dei miei punti di riferimento per quanto riguarda la storia della montagna e dell’alpinismo. Giornalista e scrittore, è una di quelle voci che seguo regolarmente, sia attraverso la carta stampata che nelle conferenze pubbliche.
Paradossalmente ne ho apprezzato le capacità di romanziere in tutti i molti saggi che ho letto (cito a campione La guerra di Joseph e lo stesso Alpi ribelli), la sua scrittura – senza scivolare nell’epico – riesce a trasformare la Storia in un racconto.
Avevo letto, molto tempo fa, il primo romanzo in cui appariva lo stesso protagonista (La sciatrice, Vivalda Editore, 2006) mi era piaciuto ma non mi aveva lasciato un ricordo profondo, anche perché in quel periodo cercavo storie vere di montagna e non storie di fantasia.
Invece sono incappato in questo giallo nel momento perfetto: stavo leggendo parecchi saggi e avevo voglia di una lettura che mi distraesse.
In breve la storia: Nanni Settembrini è una guida alpina che vive in Valle d’Aosta ed è capo del locale Soccorso Alpino. In questo suo ruolo, viene coinvolto in un intervento a seguito di una valanga che travolge un’alpinista.
I soccorritori riescono ad estrarla ancora viva (seppur incosciente) e la caricano sull’elicottero in direzione dell’ospedale. Ma quando continuano le ricerche seguendo la corda cui era legata, arrivano ad un capo libero senza trovare il compagno.
L’alpinista si sveglia dal coma ma non ricorda più nulla, lasciando il dubbio se fosse sola o meno sul ghiacciaio.
Toccherà a Settembrini, insieme ad una psichiatra incontrata sul luogo dell’incidente (lei e il compagno avevano allertato i soccorsi) ricostruire l’intera vicenda.
Non aggiungo altri particolari del plot per non togliere la suspance alla storia. Ma mi piace segnalare che il romanzo è ambientato intorno al Monte Bianco, si parla di montagna con una proprietà ed una conoscenza davvero rara (e non potevo aspettarmi nulla di diverso da uno scrittore/alpinista come Camanni) ma soprattutto che non si parla di sola montagna.
C’è molta vita in questo “Una coperta di neve”. La storia di Settembrini e il suo passato che torna prepotentemente alla luce. I suoi problemi di uomo divorziato con due figlie molto diverse.
A ben pensarci è un libro tutto al femminile: due figlie, una ex moglie ed una compagna, una madre, un’alpinista vittima dell’incidente, una psichiatra che lo aiuta, un’infermiera burbera che svela il suo lato più umano.
Sembra che Camanni si sia avventurato in esplorazione di una nuova via: quella dell’universo delle donne.
Leggetelo e mi saprete dire…
Una coperta di neve Enrico Camanni Mondadori, I gialli 293 pagg. / 16,00 euro
7 thriller disseminati di piccoli pezzi di un’unica storia. Da leggere assolutamente nell’ordine…
Oggi vorrei raccontarvi di un autore che ho conosciuto tramite il mio amico Geo che spesso mi consiglia dei libri (e non solo). Si tratta di Lars Kepler, svedese, giallista, decisamente di successo. La prima anomalia è che non è un autore, ma una coppia di autori (trovate qualche notizia in più qui su Wikipedia). La seconda cosa che mi ha affascinato è che nei sette libri finora scritti, tutti con lo stesso cast, le idee si sviluppano non solo dal primo capitolo all’ultimo ma anche, almeno parzialmente, da un libro all’altro. A ben vedere si tratta di un progetto unico che racconta dell’investigatore finlandese Joona Linna e di tutto il mondo che ruota intorno a lui. Anche per questo è fondamentale leggerli nell’ordine.
Come dicevo ci sono sette libri.
L’Ipnotista (2009), un uomo viene trovato morto in una palestra. Quando i poliziotti vanno a casa sua per comunicare la notizia ai familiari scoprono che la moglie e i due figli sono stati barbaramente aggrediti. Solo il ragazzo più grande è ancora in vita, seppure in gravi condizioni. Per interrogarlo chiamano un ipnotista…
L’esecutore (2010), un assassino spietato e infallibile miete delle vittime apparentemente a caso. Sarà Joona Linna a comprendere, pezzo per pezzo, la trama dietro alle esecuzioni fino a risalire ad un uomo in grado di trasformare i tuoi peggiori incubi in realtà.
La testimone del fuoco (2011), una storia davvero angosciante. Un duplice omicidio in una casa di recupero per ragazze con problemi mentali. Una delle pazienti è in fuga e rapisce un ragazzino. La polizia si concentra su di essa, ma Linna intravede delle discrepanze nella storia. Persino una medium si mette in contatto con lui…
L’uomo della sabbia (2012), per la prima volta le tracce disseminate nei precedenti libri, i flashback dell’ispettore Linna, diventano protagonisti. La storia inizia con un giovane trovato a passeggiare su una linea ferroviaria. Pronuncia frasi disconesse e viene direttamente dal passato del detective, un passato da cui ha disperatamente cercato di fuggire pagando un prezzo elevatissimo.
Nella mente dell’ipnotista (2014), un serial killer invia alla polizia un video delle donne che sta per uccidere. Il marito di una di esse, l’unico che potrebbe dare dei dati utili per individuare l’assassino è sotto shock. Per interrogarlo viene chiamato dalla polizia il dottor Bark, l’ipnotista coinvolto nel primo romanzo della saga. La storia si sviluppa ed inviluppa fino ad un imprevedibile finale.
Il cacciatore silenzioso (2016), l’omicidio del ministro degli esteri svedese è messo a tacere per non dare adito a sospetti di terrorismo, ma la polizia segreta indaga. L’affascinante ispettrice Saga, che avevamo conosciuto negli altri romanzi, è in prima linea. Il suo buon amico Linna, coinvolto quasi per caso, le darà una mano a scoprire che sotto c’è qualcosa di diverso. Intanto i morti continuano ad aumentare.
Lazarus (2018), è il romanzo che chiude la saga. Quando Joona Linna crede finalmente di aver fatto pace con il passato, scopre che il passato può ritornare. In una rocambolesca avventura contro un assassino spietato ed apparentemente invincibile, si rinnova l’epica sfida tra il bene e il male.
Un gran bel viaggio. Tutti i romanzi sono thriller inquietanti ed angosciosi. Sono tutti ambientati nei paesi nordici (Svezia e Finlandia) e risentono della cultura di quelle zone. Per nulla scontati, ti tengono con il fiato sospeso fino all’ultima improvvisa svolta nelle indagini.
Ben scritti e scorrevolissimi, mi hanno aiutato a passare qualche settimana di isolamento da Corona Virus.
Torna in libreria Gianrico Carofiglio con il suo personaggio più amato, l’avvocato Guido Guerrieri con tutti i suoi dubbi, le sue divagazioni, le sue preziose imperfezioni che ce lo fanno sentire vicino ed umano.
La storia è semplice: un ragazzo è stato condannato per un omicidio. A coinvolgere Guerrieri è la madre del condannato, vecchia fiamma dell’avvocato barese, che dovrà quindi difenderlo in appello provando ad instillare nei giudici il celeberrimo ragionevole dubbio.
Per Carofiglio è l’occasione per affrontare in parallelo due temi che lo appassionano.
Il primo, che è anche il motivo del titolo, è il Tempo e il suo scorrere. Nelle parole di Guerrieri si riconosce anche la voce dell’autore che si interroga sull’invecchiare.
Il Tempo sembra eterno quando si è giovani ed è invece un’unità ben definita e veloce via via che si invecchia. La formula per ingannare il Tempo è continuare a cambiare, uscire dalla routine, ma così facendo si tendono ad anestetizzare le emozioni…
Il secondo tema è il rapporto tra la giustizia (intesa come insieme di apparato giuridico e apparato legislativo) e l’etica. Carofiglio esplora ripetutamente questo tema, prima attraverso una lectio magistralis che fa pronunciare a Guerrieri di fronte ad aspiranti magistrati (un capitolo che da solo vale il libro) e poi spiegando fin nei dettagli come funziona il sistema giudiziario italiano (senza mai diventare professorale o noioso).
A contorno di questi temi scorre la storia e i soliti personaggi estremamente ben caratterizzati, dalla collega/amante di turno al gestore di un’improbabile libreria aperta solo di notte.
Gianrico Carofiglio è davvero bravo. La sua prosa chiara ed avvincente evidenzia la lucidità del pensiero e la passione per l’approfondimento filosofico (in parte trattato esplicitamente attraverso il professore che cura la mente con la filosofia).
Peccato duri poco… avrei voluto ci fossero almeno altre dieci capitoli…
La misura del tempo Gianrico Carofiglio Einaudi, Stile Libero 288 pagg. / 18,00 euro
Un romanzo che deve la sua fama a Leonardo Sciascia il quale, come faceva sempre, durante un viaggio in treno acquistò un paio di gialli per fargli compagnia. Tra essi questo La fine è nota di uno sconosciuto Geoffrey Holiday Hall. L’aneddoto (riportato nella nota finale al libro) termina con uno Sciascia ammaliato dalla scrittura di Hall che ne cerca – invano – altre opere. La signora Sellerio è più abile, e recupera anche “Qualcuno alla porta” (del 1952) che è pubblicato nella stessa collana.
E’ molto più di un giallo. Inizia con il suicidio inspiegabile di un uomo che ha attraversato l’America per venire a morire in un lussuoso palazzo di New York.
Rimane da scoprire chi fosse quell’uomo e il motivo del suo gesto.
A questo si dedica Bayard Paulton, l’inquilino dell’appartamento da cui l’uomo si è gettato. E’ la voce narrante del libro ed il testimone di una storia che attraversa un’epoca e la provincia americana.
Capitolo dopo capitolo, i frammenti di vita di Roy Kearney si svelano, raccontando la storia di un uomo segnato, fin dalla nascita, dal destino della sua famiglia.
Hall è davvero bravo a rendere, come in un dipinto di Hopper, le immagini di quell’America e le vite dei personaggi che si alternano nel racconto. Personaggi tutti estremamente vividi e reali, tanto da mettere in crisi le certezze di Bayard Paulton, un uomo che ha raggiunto il successo: dirigente di un importante negozio, felicemente sposato con una donna perfetta (almeno per i party), con un appartamento lussuoso e finemente arredato.
Eppure anche Paulton, pagina dopo pagina, si trova coinvolto in questa storia, fino all’ultimo capitolo dove la storia giunge al suo – peraltro un po’ prevedibile – finale.
Ma perdono volentieri a Geoffrey Hall la mancanza di suspance. In fondo, come ho detto fin dall’inizio, è un grande romanzo, non un giallo.
La fine è nota Geoffrey Holiday Hall Sellerio Editore 12,00 euro 4 stelle su 5
Ed eccomi arrivato al primo dei libri tradotti in Italiano da Mulatero Editore, scritti da Carr e che hanno come protagonista Abercrombie Lewker. Potete leggere le altre due recensioni ai seguenti link: Assassinio sul Cervino e Un cadavere al campo due.
Questa volta Abercrombie Lewker, che non sa ancora di essere un detective seppur dilettante, finita la stagione teatrale si prende qualche giorno di vacanza da passare tra le sue amate montagne. E sceglie come meta il Galles e, in particolare, il monte Tryfan.
Da un passaggio ad una ragazza e si trova coinvolto nelle escursioni di un gruppo variegato di personaggi guidato da un pastore. Le vicessitudini personali si intrecciano e all’occhio attento di Lewker non sfuggono le dinamiche e le tensioni. Così quando uno dei più esperti componenti del gruppo ha un incidente durante una semplice scalata, scatta il sospetto.
Per non coinvolgere da subito la polizia e non generare scandalo, il buon Abercrombie si mette in proprio e, con l’aiuto di Hillary l’autostoppista che lo aveva introdotto nel gruppo, inizia ad investigare.
330 pagine che si leggono senza stancarsi, un ambiente, quello delle falesie gallesi, descritto benissimo e con toni a tratto magici che fanno venir voglia di visitare il paese.
Una soluzione non prevedibile che lascia anche i giallisti soddisfatti.
Glyn Carr è lo pseudonimo di Frank Showell Styles (qui il link alla pagina inglese di Wikipedia) un alpinista e scrittore inglese molto prolifico, portato in Italia da Mulatero Editore che ha inaugurato con lui la sua collana Brividi. E’ nato nel 1908 (morirà quasi centenario) e il suo stile è influenzato sia dall’epoca che dagli studi al college. Si sentono gli influssi dei giallisti più noti dell’epoca. Sarei curioso di leggere qualcuno dei suoi libri umoristici.
MORTE DIETRO LA CRESTA Glyn Carr Mulatero Editore, collana Brividi 19 euro 4 stelle su 5
Sul mio comodino, reduce da Umbria Libri, ho appena finito il secondo Glyn Carr
Nella mia lettura in senso contrario – ho iniziato con l’ultimo pubblicato e sto tornando indietro – eccomi a recensire Assassinio sul Cervino, Glyn Carr, Mulatero Editore, 19 euro
Il detective dilettante (che nel finale diventa Detective Dilettante con le maiuscole nella sua sfida con il Capo Commissario svizzero) Abercrombie Lewker si trova, in questo romanzo, alle prese con un incidente alpinistico che presto svela tinte fosche.
Glyn Carr mi ha abituato al suo stile pomposo e all’ambientazione british (un po’ stile Agatha Christie, un po’ Signora in giallo) che nel primo romanzo che avevo letto (qui la recensione) mi aveva spiazzato un tantinello.
In Assassinio sul Cervino, la vera protagonista è lei, la Gran Becca, vista dal lato svizzero (l’intera vicenda si svolge a Zermatt) ma non per questo meno affascinante.
A Carr va dato il merito di saper rendere molto bene l’ambientazione alpina (è evidente il suo background alpinistico e la sua passione per la montagna) tanto che mi è rimasta la voglia di fare una capatina sul versante che non conosco, magari partendo da Cervinia e facendo la traversata del versante italiano che anche l’investigatore si concede come premio per la sua indagine.
In breve la storia. Una vecchia conoscenza di Lewker, un francese esponente della Resistenza, decide di scendere in politica e si attira numerosi nemici. In più il carattere ruvido e la passione per le donne, gli attirano parecchie antipatie. Un numeroso gruppo di sospettati tra i quali il nostro investigatore dilettante dovrà individuare il vero colpevole.
Un vero giallo, da leggere senza patemi d’animo e senza l’angoscia dei thriller, un’ottima compagnia per un paio di serate in poltrona.
Glyn Carr è lo pseudonimo di Frank Showell Styles (qui il link alla pagina inglese di Wikipedia) un alpinista e scrittore inglese molto prolifico, portato in Italia da Mulatero Editore che ha inaugurato con lui la sua collana Brividi. E’ nato nel 1908 (morirà quasi centenario) e il suo stile è influenzato sia dall’epoca che dagli studi al college. Si sentono gli influssi dei giallisti più noti dell’epoca. Sarei curioso di leggere qualcuno dei suoi libri umoristici.
ASSASSINIO SUL CERVINO Glyn Carr Mulatero Editore, collana Brividi 19 euro 4 stelle su 5
Due sono i motivi che mi hanno spinto a scegliere questo libro in libreria. Il primo è che Mulatero Editore (specializzato in pubblicazioni di montagna, dalle riviste Skialper e la splendida alvento dell’amico Emilio Previtali, ai libri – questo il link) ha da poco inaugurato una collana di romanzi gialli dal titolo Brividi. Il secondo è che l’autore del libro è un alpinista appassionato oltre che un prolifico autore.
Glyn Carr è lo pseudonimo di Frank Showell Styles (qui il link alla pagina inglese di Wikipedia) un alpinista e scrittore inglese molto prolifico, portato in Italia da Mulatero Editore che ha inaugurato con lui la sua collana Brividi. E’ nato nel 1908 (morirà quasi centenario) e il suo stile è influenzato sia dall’epoca che dagli studi al college. Si sentono gli influssi dei giallisti più noti dell’epoca. Sarei curioso di leggere qualcuno dei suoi libri umoristici.
Ma veniamo al libro.
Il protagonista è un detective dilettante, Abercrombie Lewker, attore shakespeariano con il debole per la citazione e per i colpi di teatro. Dietro ad un aspetto pingue e bonario si nasconde un cervello acuto ed una memoria ferrea che lo hanno aiutato nel suo passato nei servii segreti di Sua Maestà (di cui credo si parli nel primo libro della serie).
Lewker ha una grande passione per l’alpinismo che lo hanno portato ad alcune esplorazioni nel mondo e che fanno sì che, per un capriccio della fortuna, venga coinvolto in una spedizione himalaiana che ha come obbiettivo la prima salita di un settemila.
Compagni di viaggio estremamente caratteristici (qui viene fuori il Carr umorista) che aspirano tutti alla vetta, ma solo un ristretto numero di essi potrà coronare il sogno.
Intanto al campo base avanzato si consuma un delitto. E al nostro detective dilettante spetterà l’arduo compito di indagare.
Lettura piacevole, dai toni classici. Alcuni colpi di scena rendono difficile da individuare il colpevole fino alle ultime pagine.
UN CADAVERE AL CAMPO DUE Glyn Carr Mulatero Editore, collana Brividi 19 euro 3 stelle su 5