La lettera

Ma che ne sapevo io?
Come avrei potuto immaginare che le cose si sarebbero complicate così?

La prima volta che ti ho visto mi eri sembrato uno interessante.
Non so, forse perché non parlavi molto ma sembravi avere tanto da dire.
Forse perché sono attratta dalle persone che hanno una storia dietro.

Quella sera sono rimasta al tuo fianco, ed invece di ascoltare quello che gli altri dicevano, sorbivo ogni tuo più piccolo commento.
Come se avessi potuto ricostruire il tuo pensiero attraverso le cose che non dicevi.

D’altronde io sono così, invece che vivere la vita mi sforzo di scriverne il romanzo.

Ilaria, lasciò cadere la penna sul tavolo.
Fuori il vento scuoteva i vecchi scuri. Si strinse nel maglione colorato e prese tra le mani la tazza con la tisana. Una volta in più si rese conto di come la sua vita a volte somigliasse ad una pubblicità.

E il pensiero, invece di farle rabbia, in qualche modo le comunicò una profonda tristezza.

Scrivere una lettera
Un disegno di Ramon Casas che rappresenta una donna che scrive una lettera (1892) tratto dal Museo Nazionale d’Arte di Catalogna

I primi mesi mi era sembrato un sogno.
Non era una storia normale, era fatta di carezze furtive, di baci radi come il cielo azzurro a Milano.
Non mi illudevo. Ero certa che si trattasse di una storia sbagliata.

Tu dicevi che non c’erano donne nella tua vita, e io credevo che avessi aspettato me. Invece adesso so che tutto il tuo spazio vitale è riempito solo da te…
La prima volta che abbiamo fatto l’amore ti ho sentito così vicino.
Ma in fondo ogni uomo ha i suoi punti deboli.
Ad onor del vero ho dovuto insistere perché ci fosse una seconda volta.
Maledetta la mia mania di voler far succedere le cose!

Diede un’occhiata all’orologio sopra il tavolino dello studio, erano passate le due di notte. Avrebbe dovuto andare a dormire se il giorno seguente voleva trovarsi con gli altri per correre all’alba.

Se i suoi amici avessero saputo!
Qualcuno magari le sarebbe stato vicino, qualcun’altro avrebbe subito criticato. O magari l’avrebbe solo presa in giro con aria di sufficienza…
Ma si potevano davvero definire amici? O erano solo persone che il caso aveva messo insieme? Una somma di solitudini?

Mi fai una rabbia a volte…
Vederti elargire a piene mani agli altri quei momenti che io vorrei fossero solo nostri.
Leggere su FaceBook i tuoi stati e costruirci intorno un mondo ipotetico che in qualche modo mi comprenda.

Invece no.
Tu lì nella tua aura di poeta irraggiungibile, io qui sveglia di notte a tormentarmi.
E più cerco di creare occasioni per vederci più tu sembri sfuggirmi.

I messaggi che ci scambiavamo erano tutti interessanti.
Le infinite chiacchierate al telefono non mi bastavano mai.
Dov’è finito adesso tutto questo?

Rilesse le ultime righe e provò un moto di stizza.
Avrebbe dovuto tagliare. Troncare di netto quella “non-storia”.
Che senso aveva prolungare quella relazione se non le dava gioia?

Mi chiedo che senso abbia continuare tutto questo se per me è fonte di tensione e sofferenza e non di felicità?

Con un rapido tratto di matita cancellò quell’ultima parola e la sostituì con “serenità”.
Ma era giusto non aspirare alla felicità assoluta?

Va bene, adesso vado a letto.
Rispetto i patti e non rileggo quello che ho scritto.
Alla luce del mattino tutto sembrerebbe più incerto, più pericoloso.
Protetta dalla notte mi sono aperta e ho scritto cose che non avrei il coraggio di dirti in faccia…

Io sono qui, tu dove sei?
Ilaria

Meglio farlo subito, togliersi il pensiero.
Piegò il foglio di carta, cercò una busta e la sigillò dopo aver frettolosamente fatto scivolare dentro lo sfogo di quella notte.
L’avrebbe imbucata questa notte stessa, mentre accompagnava il vecchio Fritz nell’ultima passeggiata della giornata.

Mise il francobollo, prese la penna e vergò l’indirizzo con la calligrafia tonda e decisa di cui era così fiera:

Gentile Signora
Ilaria Schiavon
via Belfiore, 13
20145 – Milano (MI)

Il portinaio le sorrideva con aria complice da quando aveva cominciato a ricevere quelle lettere con una certa regolarità.
Chissà se aveva intuito qualcosa? Chissà se era solo curioso?
Prese la borsa, il guinzaglio di Fritz e uscì sulle scale.

Doveva decidersi ad andare a dormire prima…

[NdA] Questo pezzo fa parte del progetto Frammenti urbani