Il Magoo mascherato

Ritroviamo il vecchio Mr.Magoo e scopriamo le sue idiosincrasie da mascherina durante l’isolamento da Corona Virus

Forse ricorderete che avevo già parlato di Mr.Magoo quando avevo raccontato il suo difficile rapporto con il cibo ed il controllo del peso (altrimenti cliccate qui e trovate la storia), ma oggi voglio parlare di come l’adorabile vecchietto vive questo periodo di lockdown.

A marzo, la cosa che più infastidiva il buon Magoo era la mascherina.
Non la sopportava proprio!
Vivendo da solo in una casa isolata, non la indossava praticamente mai. Era costretto a mascherarsi solamente quando, una volta alla settimana, andava al supermercato per comperare le poche cose di cui abbisognava.
Anche in quel caso, però, parcheggiava vicino all’entrata, la indossava e poi si catapultava nel negozio, passava per tutte le corsie spingendo come un pazzo il carrello e raccattando generi alimentari e prodotti per la pulizia a caso, per poi frenare bruscamente alla prima cassa libera, pagare di tutta fretta e tornare in auto per potersi togliere l’odioso paramento.

Se incrociava un’altra macchina il cui conducente indossava la protezione, immediatamente scoppiava in una risata sgangherata e lo perculava dicendo “Ma guarda quell’imbecille: cosa te ne fai della mascherina se sei da solo? La indossi anche al gabinetto?” e felice di aver avuto la controprova della sua superiorità intellettiva, sgommava via seminando il panico tra i passerotti e i passanti.

Mr.Magoo sosteneva che la mascherina non gli permetteva di respirare. Aveva la netta sensazione che la gola si irritasse subito e così iniziava a tossire (attirando tra l’altro le occhiate malevole di chi gli stava attorno che lo considerava un untore).
Odiava a tal punto quell’oggetto di stoffa che tendeva a dimenticarlo dappertutto e aveva dovuto comperare un pacchetto da dieci pezzi per lasciarlo in automobile.

Magoo in auto

In questa seconda ondata, invece, l’amabile anzianotto ha invertito il senso di marcia.
Usa ancora la mascherina solo nei negozi o nei pochi metri di strada che deve fare per andare al bancomat o in libreria, però adesso la indossa felice.

“Signora, ma ha notato come tiene al caldo il viso?” dice ad un lampione che nella sua miopia ha scambiato per una passante.

Al supermarket, adesso, non corre più tra gli scaffali ma si dilunga nella scelta delle marmellate senza zucchero o dei cereali per la colazione.
Chiacchiera con le cassiere e ripone con calma la spesa nel bagagliaio.
Si è talmente abituato ad indossare la protezione che, anche salito in auto si dimentica di toglierla e, quando se ne rende conto magari dopo qualche chilometro, arrossisce, memore dei suoi sfottò primaverili, al pensiero che chi lo osserva da fuori lo prenderà per pazzo.

E un po’ pazzo, in questa seconda ondata, lo è diventato.
Gli manca la compagnia del nipote Waldo e così supplisce come può, parlando da solo, commentando ad alta voce le notizie del tiggì, ridendo alle battute trite e ritrite delle vecchie sitcom della tele o commuovendosi per le sdolcinate commedie romantiche di Hollywood.
Si è iscritto a tutti i seminari on line, a tutte le webzine, e sta meditando di comperarsi qualche attrezzo ginnico per rimettersi in forma prima della primavera.

Il nipote Waldo, che lo chiama di tanto in tanto per sincerarsi di come stia, pensa che il vecchio sopravviverà al CoronaVirus, ma non alla prossima maratona di Will & Grace su Mediaset.

La maschera

Indossare la mascherina per sconfiggere il Covid19. Tante discussioni, ma dobbiamo accettare che le nostre vite sono cambiate

Mi è tornato sotto gli occhi un post che avevo scritto nell’Ottobre 2019 (Tempus fugit) che resta attuale nei suoi contenuti.
Mentre lo rileggevo e notavo la curiosa coincidenza di date, ho iniziato a pensare a quante cose sono cambiate (e stanno ancora cambiando) tra il 22 Ottobre 2019 e oggi, 16 Ottobre 2020.

359 giorni, quasi una rivoluzione terrestre, e la vita non è più come prima.

Il Covid19 ha spinto sull’acceleratore dei cambiamenti. La pandemia, perché noi tendiamo a dimenticare il fatto che i problemi che ci sono nella nostra città sono gli stessi che stanno accadendo in tutte le città del mondo, dicevo la pandemia sta modificando le nostre vite.

Ricordate quando sorridevamo con sufficienza vedendo i turisti giapponesi attraversare la città con le mascherine sul volto per timore dell’inquinamento?

La mascherina è diventata un complemento d’abbigliamento esattamente come le scarpe o il cappotto d’inverno. La useremo per sempre? Non lo so, ma di certo nei prossimi anni si continuerà a portarla con se e ad indossarla nei momenti di “assembramento”.

gente che indossa la mascherina - coronavirus

Sento tante discussioni su cosa si dovrebbe fare… e per ogni ricetta c’è sempre pronto un capro espiatorio sul quale puntare il dito.

Il sindaco che non mette a disposizione mezzi pubblici a sufficienza, i ragazzi che bevono birra al parco senza mascherina, gli “altri” che non stanno attenti quando vanno in ferie, i dottori che non sono più come quelli di una volta.
E così via, in una litania inutile e qualunquista.

La verità è che non ci sono colpevoli.

Non è colpa del governo. Non è colpa dei nostri concittadini.
E’ colpa di una malattia invisibile e sconosciuta che ci ha travolti. Il mondo, la natura, muta. E noi dobbiamo adattarci per sopravvivere.

E’ così da sempre e sempre così sarà.

Ci sforziamo di modificare le leggi naturali, creiamo ambienti più confortevoli per noi, sconfiggiamo alcune malattie, creiamo protesi per organi non funzionanti, allunghiamo la vita. Ma non siamo onnipotenti.

La natura tiene il banco nel casinò della vita (funzionava anche senza accento finale in realtà). E il banco vince sempre.

Quindi cosa possiamo fare?

Bob Dylan ha ben rappresentato nella celebre Times they are a-changing l’inutile sforzo di ribellarsi all’impermanenza delle nostre esistenze.

In realtà lui si riferiva all’evoluzione della società, ai mutamenti interni, a come è inutile lottare per mantenere lo status quo. I cambiamenti sociali avvengono nonostante il Sistema.

Ma a maggior ragione, nulla può l’essere umano di fronte alle modifiche che ci impone il nostro ambiente.

Non dico che non bisogna lavorare sul vaccino e, nel tempo, sconfiggere il CoronaVirus come abbiamo già sconfitto la poliomielite, ma dobbiamo anche accettare che non siamo superiori alle leggi naturali e ad esse dobbiamo adeguarci.

La pandemia ci ha preso alle spalle.
Nessuno avrebbe potuto ipotizzare un effetto così ampio e così veloce.

Ha messo in ginocchio l’economia e ci ha trasformati.

L’ho visto succedere, su piccola scala, dopo i terremoti o lo tsunami o le eruzioni vulcaniche.

Dobbiamo accettare il cambiamento, ricostruire quanto è andato perso, e cominciare una nuova vita.
Non potremo tornare alla vecchia, dobbiamo trovare un nuovo equilibrio e ricominciare da capo.