Uno stato di sospensione

Et voilà.
La scorsa settimana la magia è stata replicata. Ancora una volta.

ore 7.30 – a Milano il cielo è sereno, ma al bar mi dicono che è prevista pioggia.
ore 12.00 – infatti un’acquerugiola fastidiosa bagna l’asfalto e i tetti delle macchine.

Devo decidere cosa fare.
Avevo previsto di correre, ma non ho voglia di prendere l’acquazzone serale, quindi salto il pranzo e vado al campo XXV Aprile.
Si corre in Montagnetta!

Il cervello registra automaticamente le sensazioni. Tutte negative.
Le gambe non girano; il fiato è corto; il mio corpo è una massa ballonzolante intorno allo scheletro.

Cerco di convincermi: Sono già qui, so che dopo starò meglio, e poi sfogo un po’ di tensione della giornata

correndo nella pioggia

La pioggia sembra aumentare, si mescola al sudore che mi cola negli occhi.
Scollego il cervello dalla corsa e lo metto a riflettere sulla mia vita, sulle scelte che sto facendo, sugli affetti.

Così le gambe entrano nel ritmo giusto.
Assaporo la fatica per quello che è.
La mente vaga libera e io mi diverto una volta in più.

Quando incontro un amico che mi saluta, mi spiace persino uscire da questo stato di sospensione.

Ma giro l’angolo, arrivo all’auto, fermo il cronometro.
Erano mesi che non riuscivo a correre 10 chilometri in progressione.

Sono di nuovo pronto a reimmetermi nella routine.
E il pomeriggio in ufficio è volato

Vecchie ciabatte

Era un bel po’ di tempo che non andavo al XXV aprile.
Mercoledì sera sono tornato.
Non a correre, ma solo per usarne lo spogliatoio e la doccia, prima e dopo una corsa in Montagnetta.

Faceva caldo. O meglio c’era afa.
Aveva piovuto fino a pochi istanti prima e l’aria era satura di umidità come solo a Milano sa essere.

Mentre attendevo l’arrivo di Sergio, ho fatto un paio di giri dei palazzoni.
Un po’ per riscaldarmi, un po’ per far vedere al mio amico che avevo già sudato.

Quando lui si è presentato, puntuale, all’appuntamento, abbiamo iniziato a girare facendo un vecchio percorso (l’anello di Moebius) che non facevo da anni.

Sei chilometri di collinare che puoi percorrere ad libitum.
L’avevo battezzato così perchè, come nel celebre anello, giri e giri e giri intorno alla Montagnetta senza mai ripassare dallo stesso punto.

Finito l’allenamento doccia, kebab e riunione al CAI.

campo XXV aprile a Milano
Uno scorcio della pista del XXV Aprile (ph. Franz Rossi)

Un tuffo nel passato in cui ogni gesto mi veniva automatico.

L’entrare in spogliatoio, cambiarsi, prendere il solito armadietto.
Uscire e percorrere ad occhi chiusi un anello abituale, senza necessità di sapere quanto avessi corso.
Il rientro al campo, la doccia di destra chè ha il getto più forte, l’ordine in cui le cose vengono riposte nella borsa…

E’ stato un po’ come per le ciabatte.
Sai che le nuove sono più belle, ma sei abituato alle vecchie e quasi preferisci usare quelle.

All’uscita, il campo XXV aprile era illuminato da un raggio di sole.
Ci ho corso per quasi vent’anni, sarà difficile togliermelo dal cuore.

I pensionati

Era un po’ che non andavo al XXV aprile la domenica a metà mattina.
Complici gli appuntamenti del weekend, finiva sempre che io me ne andavo quando gli altri arrivavano.
Domenica, invece, ho terminato dei lavori che dovevo fare a casa e verso le 11 ho preso la sacca e sono andato alla Montagnetta.

La domenica mattina il campo sportivo cambia faccia.

Ci sono tutti i soliti runners che incrocio durante la settimana, ma ad essi si aggiungono quelli che corrono solo la domenica, i ragazzi che si allenano sotto lo sguardo attento dei vari preparatori, e – il gruppo che amo di più – i podisti anziani. Quelli che hanno aperto un’epoca, quelli che negli anni ’70 per primi emulavano i vari Pizzolato e Bordin e si preparavano alle maratone quando ancora nessuno correva.

Oggi hanno un’età compresa tra i 65 e i 90 anni. Sono tutti in pensione e tutti acciaccati. Indossano con orgoglio le tute della loro società sportive… ma sono capi d’antan, quelli che indossavi alla fine dello scorso secolo.

Arrivano alla spicciolata, si confondono con gli altri runners, si cambiano e si aspettano fuori dal campo. Poi chiacchierando procedono sui loro percorsi abituali, ad un passo variabile tra la camminata veloce e la corsa lenta, salgono fino in cima all’amata Montagnetta, alcuni si spingono verso Trenno, ma immancabili si ritrovano circa 90 minuti più tardi per tagliare un panettone e farsi i tardivi auguri di buon anno.

Sono i pensionati della corsa. E ci insegnano che, nella corsa, non si va mai in pensione.

Hanno un sorriso per tutti e a tutti elargiscono un saluto o un aneddoto.

Sono orgoglioso di conoscerne molti. Mi fanno sentire parte di un fiume più grande, che è nato molto più a monte e che scenderà lontano a valle, verso il mare.

Li ho salutati e sono partito per il mio allenamento.

parco di Trenno
I runners popolano numerosi il Parco di Trenno la domenica mattina

Avevo in mente di fare un’uscita un po’ più lenta e un po’ più lunga del solito.
Ma le gambe giravano e mi sono fatto prendere la mano.
Ho costeggiato San Siro, tagliato per il Parco delle Cave, attraversato i campi prima di Boscoincittà e sono rientrato attraverso il parco di Trenno.

Ancor oggi mi stupisco di quanta Natura si possa incrociare qui a Milano.

Ho finito l’allenamento in leggera progressione, ignorando la zavorra di chili che ho caricato durante le festività.
Poi accaldato e felice mi sono fiondato in doccia, tra i ragazzini e i pensionati.

Una gran bella domenica. Parola mia…

Correre all’alba

Per noi che corriamo al mattino presto, questo è un momento dell’anno molto speciale.

La sveglia suona alle 6:00, tu magari hai aperto gli occhi alle 5:58 e sbirci il led lampeggiante pensando che per ancora due minuti puoi goderti il letto.

Poi tutto precipita.

Allunghi il braccio e zittisci l’allarme.
Indossi, ancora seduto sul letto, pantaloncini, maglietta e calze.
Recuperi le scarpe e vai in bagno.
Ti siedi sul water ed intanto allacci le scarpette.
Prendi le chiavi di casa e sei fuori.

Ma è ancora buio.

Allora, mentre lo fai partire, controlli l’ora sul gps che ti rassicura.
Inizi a correre lento, per scacciare i residui di sonno e decidi di avviarti verso la Montagnetta.
Il cielo muta rapidamente colore e passa dal viola, al rosso, all’arancione fino quasi ad assumere toni dorati.
Con un ultimo sprint sei in cima al Monte Stella e osservi la tua città.

La skyline di Milano all'alba
La skyline di Milano all’alba

Milano è come una donna, sa modificare il suo aspetto a seconda delle occasioni.
La sera ti seduce e ti lascia senza fiato.
Di giorno indossa la maschera del business.
Ma al mattino, appena sveglia, ti mostra la sua bellezza naturale.
E ti fa innamorare.

Poi in discesa verso casa, i pensieri già proiettati verso gli impegni della giornata.

Noi che corriamo al mattino lo sappiamo che questo è il tempo del cambiamento.
Le mattine saranno sempre più fresche e buie fino a quando, ad ottobre con il cambio dell’ora, precipiteremo nel freddo oscuro dell’inverno.

E correre all’alba tornerà ad essere un dovere e non un piacere.