Il rush di endorfine

Come tutti i bravi drogati, anche noi runner abbiamo bisogno di ricevere, con una certa regolarità, la nostra dose.

Siamo dipendenti dalle endorfine, una sostanza prodotta dal nostro corpo in condizioni particolari (ad esempio al termine di uno sforzo fisico intenso o durante l’orgasmo).

Per dirla con parole povere, le endorfine (che regalano una sensazione di stanco appagamento) sono il premio che la Natura ha previsto quando facciamo qualcosa in linea con i suoi progetti su di noi (nel caso del sesso, Madre Natura pensa alla riproduzione della specie; nel caso della fatica, ci premia perché abbiamo messo fine ad uno stress fisico per l’organismo).

Noi runner viviamo alla perenne ricerca della dose di endorfine.
Anche quelli più lenti, quelli che dicono “io corro solo per poter mangiare la pasta senza sensi di colpa”, vi confermeranno che la sensazione di appagamento durante la doccia è il primo premio per aver fatto il loro dovere… la dose di endorfine è arrivata!

gruppo allenamento
Il gruppo di allenamento D41! di almosthere, la mia società sportiva

Ieri avevo un allenamento bello intenso.

Solito riscaldamento lungo, poi un 3000 tirato a ritmo da 10K, 5 x 300 a tutta (per riempire le gambe di acido lattico), un 2000 più veloce del 3000 (per simulare la stanchezza di fine gara).
Alla fine ero molto soddisfatto, le ripetute in pista erano venute regolari e piuttosto veloci, e nel 2000 finale ero riuscito a tenere una velocità maggiore di quanto previsto.

Le endorfine scorrevano a fiumi, non solo sotto la doccia ma anche dopo, quando seduto sul divano mi guardavo un episodio della nuova stagione di Vikings.

Una volta a letto, mi giravo e rigiravo, cercando un po’ di pace per le mie gambe inquiete ed anche stamattina, appena svegliato, avevo quella sensazione di indolenzimento post allenamento tirato che noi tutti conosciamo bene.

E mi sono reso conto che anche questa è una sensazione che bramo, della quale sono dipendente.
Non c’entra la fisiologia o la chimica del corpo umano.
E’ pura psicologia.

Sentire le gambe stanche mi premia perché mi conferma che sto facendo il mio dovere.
Che sto inerpicandomi lungo la scala degli allenamenti verso l’agognata meta.
Che anche ieri ho fatto un passo avanti verso la maratona.

Quando ci poniamo un obbiettivo così sfidante, riusciamo a focalizzarci, a rendere piacevole non solo l’arrivo al traguardo ma anche ogni tappa del viaggio.

Perché New York e tutto il progetto “26 weeks for 26 miles” è un triplice viaggio:
– il viaggio delle 26 settimane di allenamento
– il viaggio a New York
– il viaggio di 42.195 metri tra il Verrazzano Bridge e il Central Park

Ho le gambe pesanti ed il cuore leggero.

E mi piace l’idea di condividere con voi questa sensazione!

Il mondo in 400

Ieri sera la tabella di allenamento prevedeva un bel 6 x 1000, quindi dopo il canonico riscaldamento intorno alla Montagnetta sono entrato al Campo XXV Aprile.

La pista è un mondo a sè.
Autoreferente, sganciato dal resto mondo.
Il GPS non serve più, basta il vecchio cronometro.
Perfino il concetto stesso di correre si modifica: fuori significa viaggiare velocemente (a volte il più velocemente possibile) da un posto all’altro, dentro si perde il senso del viaggio, dell’esplorazione.
E resta la corsa nel suo senso più puro.

Non è un caso che in pista vedi i veri atleti, ragazzi e ragazze il cui corpo è stato modellato dalla fatica e dal vento.
Non corrono, scivolano leggeri, volano sfiorando il tartan.
Sono movimento che diventa danza, potenza che nella bellezza del gesto si fa poesia.

E poi ci siamo noi, i tapascioni che arrancano a metà della loro velocità.
Noi corriamo pesanti, le caviglie bloccate, le ginocchia rigide, senza sollevare i piedi da terra.
Eppure anche noi, in quel tempio della velocità, ci sentiamo un po’ più atleti, dimentichiamo di contare i chilometri e pensiamo ai giri di pista.

Un’altra cosa che affascina del campo sportivo, infatti, è che è universale.
Un giro di pista è lungo 400 metri. Che tu sia a Pechino, a San Pietroburgo, a Milano o a Formia, fuori il mondo cambia, dentro è lo stesso.
I segni lungo il cordolo che indicano le partenze delle varie gare, 200, 4×100, 1500, 5000.
Numeri che hanno un potere magico per gli appassionati di atletica.
Numeri che si trasformano in minuti e secondi nell’epopea condivisa da tutti e in quella personale.
“Mi ricordo i 19″72 di Mennea” “La prima volta che Bannister andò sotto i 4 minuti sul miglio” “Ai Giochi della Gioventù avevo un 12″5 secco sui 100, poi ho dovuto smettere”.

Franz al XXV aprile
Al campo XXV Aprile, esausto dopo il 6 x 1000 (ph Gianluca Moreschi)

Anche i gesti della pista sono simili a tutte le latitudini.
Il riscaldamento lento dei velocisti, coperti con la tuta, con quei movimenti pigri che ricordano quelli dei felini.
I movimenti caricaturizzati e buffi delle andature, il pinocchietto, lo skip, la corsa calciata…
La rincorsa a passetti brevi dei saltatori, che formano un mondo a parte e che si scambiano non si sa quali segreti intorno al materasso del salto in alto mentre i velocisti si muovono tutti assieme come un branco nel rettilineo dei 100 metri.
Persino le specialità sono facili da riconoscere basandosi sui fisici: la mole imponente dei lanciatori, la grazia dinoccolata dei saltatori in alto, i glutei possenti dei velocisti e le fibre lunghe dei mezzofondisti.

A tutto questo pensavo, mentre giravo alternando un mille e un 400 di recupero.
Il caldo la faceva ancora da padrone e il crono segnava impietoso un decadimento delle mie prestazioni tra una ripetuta e l’altra.
Eppure io combattevo la mia personale battaglia.
Contro il caldo.
Contro l’acido lattico che mandava segnali di resa al cervello.
Contro la mia testa che mi diceva di smettere.

Giravo sulla prima corsia e guardavo i ragazzi che volavano.
Mi chiedevo cosa ci facessi lì, quasi fosse un sacrilegio, un’offesa agli dei della velocità.
Ma c’è spazio per tutti in quei 400 metri.
Un mondo intero, con tutte le sue diversità.
Un popolo accomunato, non dal ceto o dal censo, non dalla razza o dall’ideologia, ma dalla passione pura per questo meraviglioso sport.