Permettiti di essere felice

Non ci sono ricette segrete per raggiungere la felicità. Certe volte basta soltanto permettersi di essere felici

Burian impazza.
Ore 6:30 di sabato, la sveglia suona e il cellulare si premura di informarmi che fuori ci sono sette gradi sottozero.
Con gli occhi ancora chiusi, mi sfilo da sotto il piumone e vado in sala. Fuori una nuvola bassa circonda la casa, ma la nevicata di ieri sera, probabilmente grazie al calo di temperatura, ha lasciato solo un paio di centimetri di neve sulla strada.

Permettiti di essere felice.
Ho tanta voglia di tornare a letto, ma ho appuntamento con gli amici. Vado in bagno, indosso controvoglia gli abiti che ho preparato la sera prima. Calzo berretto e guanti, metto lo zaino, prendo gli scarponi e finalmente esco.

Non fa poi così freddo!
Gli sci sono già in auto, in modo che le pelli siano fredde.
L’appuntamento con William è alle 7:50 a Quart. Poi insieme raggiungeremo Denis e Benoit a Gignod per un altro caffè e alle 8:30 saremo al parcheggio per incrociare gli altri e finalmente partire. Il termometro dell’auto segna cinque sottozero, fuori il mondo è di ghiaccio. Un cielo coperto di nubi sembra smentire le previsioni meteo.

Permettiti di essere felice.
Abbiamo indossato scarponi e sci e abbiamo fatto il test dell’ARTVA. Adesso ci incamminiamo lungo lo stradino che porta all’attacco.
L’aria entra gelida nei polmoni, meglio respirare con il naso e risparmiare le parole.
In fila indiana entriamo nel bosco ed iniziamo a salire. Sembra di essere in una foresta del Nord America.
Finalmente le mie mani iniziano a scaldarsi e io a sudare. E’ giunto il momento di togliere uno strato. Approfittiamo di una sosta al limitare superiore del bosco, mentre le guide ci indicano la meta di oggi – Costa Serena – un crinale immacolato che si staglia contro l’azzurro, 7-800 metri più in alto.
Il cielo si è aperto. Le nuvole sembrano essersi impigliate tra le cime degli alberi.

Riprendiamo a salire.
Sono proprio dietro il Guru. Lui traccia e io lo seguo.
Ha un passo tranquillo e costante, proprio come piace a me. Non amo le corse. Preferisco salire di conserva, preoccupandomi della discesa.

Permettiti di essere felice.
I pensieri della settimana, gli impegni al lavoro, la solitudine che si fa sentire di più in questi giorni, le cose da terminare. Tutto il caotico turbinio dentro al mio cervello, un po’ alla volta, si sfuoca. Si stempera. Si cheta.
Un passo dopo l’altro stiamo salendo.

Facciamo un’altra sosta, per bere e mangiare qualcosa, sulla sommità di un panettone nevoso.
Le nuvole dal fondo valle ci hanno raggiunto e coperto. Siamo avvolti da una coltre bianca che nasconde il panorama.
Sembra di essere fuori dal Tempo e dallo Spazio.
Le guide ci stanno illustrando i vari tipi di neve che abbiamo incontrato, spiegandoci come si sono formate e le insidie che nascondono.
Poi alzano lo sguardo ed indicano, agitando il bastoncino nell’aria, la direzione che seguiremo.

Permettiti di essere felice.
Continuiamo a salire. Quando ci siamo rimessi in moto, mi sono trovato in mezzo al gruppo. Chiacchiero un po’ mentre davanti aprono la traccia.
Siamo al sole ora. E tutto cambia. La luce; i riflessi brillanti; l’energia che si sprigiona dalle persone attorno. Ed il mio umore.

In molti fotografano il panorama alle mie spalle. Mi giro e scopro il motivo: abbiamo lasciato le nuvole a fondo valle, e stiamo salendo verso un paradiso fatto di neve fresca, immacolata e mai calpestata.

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Salendo verso Costa Serena (@photo di Benoit Girod)

Permettiti di essere felice.
Come ad ogni uscita, temo di più la discesa che la salita.
Salire significa solo mettere un piede davanti all’altro. Sudare un po’. Gestire la fatica.
Scendere, date le mie scarse capacità, significa accettare di perdere il controllo. Accettare la possibilità di cadere. Di sprecare fatica in movimenti inutili e goffi.

Ma ad ogni uscita imparo qualcosa di più.
E la fatica della salita è un prezzo ben piccolo da pagare, per acquisire conoscenze ed esperienza.
Così, in un momento di illuminazione, decido di lasciare a fondovalle anche le mie preoccupazioni, i miei brutti pensieri della settimana, le mie ansie.
Decido semplicemente di godermi la giornata… di permettermi di essere felice.

Come è finito il nostro sabato?
Una sciata bellissima. Siamo scesi, divertendoci come bambini.
Poi, abbiamo recuperato le macchine e festeggiato l’ennesima uscita al foyer du fond con pasta, polenta, e birra.
Tornato a casa, fatta la doccia e sistemata l’attrezzatura, ho acceso il fuoco e, seduto sul divano mi sono goduto la partita dell’Armani.

A volte per essere felici, basta solo permettersi di esserlo.

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De-responsabilizzazione

La via della deresponsabilizzazione è un male endemico della nostra società, ma assumersi le proprie responsabilità migliora la vita

La mattina avevo letto un bell’articolo di Nicola Pech in cui parlava di sicurezza in montagna.
La sera sono uscito per una “pellata” con gli amici nel comprensorio di Pila.
E due cose, apparentemente non collegate, hanno fatto click e mi hanno aperto gli occhi su un tema di cui oggi vi voglio parlare.

Analizzando l’etimologia della parola responsabilità, scopriamo che viene dal termine latino respònsus, participio passato dal verbo respòndere che traduciamo in italiano con rispondere. Quindi la responsabilità è la qualità per cui siamo chiamati a rispondere delle nostre azioni.

Sempre in etimologia, il prefisso de (anch’esso derivante dalla particella latina) indica allontanamento.

Ed ecco la parola chiave, quella che mi aveva fatto sobbalzare leggendo l’articolo di Pech: de-responsabilizzazione. Cioè allontanare da sè la necessità di rispondere delle proprie azioni.

Nicola Pech racconta come gli incidenti in montagna hanno sempre portato con loro un’aura negativa e una vocazione dell’autorità pubblica a reagire a questi vietando la pratica “pericolosa”.

Dall’Ottocento (periodo in cui nasce l’alpinismo) fino a metà del secolo scorso, la tendenza era stata quella di considerare l’andar per monti un’attività elitaria. Chi lo faceva era orgoglioso di assumersene il rischio (lo considerava parte essenziale del guadagnarsi la libertà); le autorità erano felici di considerare quel manipolo di aspiranti suicidi come un male necessario.

Però, a partire dagli anni ’60/’70 del 1900, la montagna ha iniziato ad essere meta turistica. Non solo alpinisti e sciatori che, proprio perché parte di quell’elite autoreferente di cui sopra, consideravano fondamentale essere preparati ad affrontare la sfida dei monti, ma anche famiglie in gita e, di conseguenza, persone sprovvedute, non pronte all’ambiente alpino.

Parallelamente a questo incremento del flusso turistico è avvenuto uno spostamento della responsabilità dal turista al “custode” dei territori, cioè l’autorità che governa il demanio: sindaci e prefetti.

Non aggiungo altro, lascio che le conclusioni le traiate leggendo direttamente il bell’articolo di Nicola Pech (qui il link). Ma cito la frase che mi ha colpito: “La deresponsabilizzazione dell’individuo e la ricerca del colpevole non sono certo prerogative della montagna e dei suoi frequentatori ma sono ormai endemiche in società complesse e rigidamente organizzate come quelle in cui viviamo.”

uscita scialpinismo

La deresponsabilizzazione dell’individuo e la ricerca del colpevole.

I mali della nostra società.

Pensate a quante volte assistiamo allo scarica-barile (sinonimo meno elegante e più colorito di deresponsabilizzazione) nella nostra vita quotidiana.

Parliamo della scuola, ad esempio, la colpa è dei professori che pretendono troppo o non hanno voglia di far niente.

Un altro capro espiatorio per eccellenza è il Governo, preso di mira per qualsiasi cosa succeda: la pandemia, i treni in ritardo, la difficoltà a trovare lavoro.

I politici, proni a questa tendenza, fanno sfoggio retorico nel colpevolizzare il governo precedente, l’avversario politico, l’Europa, gli immigrati, la destra becera, la sinistra radical chic e via dicendo.

Ma l’unica cosa evidente è che tutti cercano di allontanare da sè la responsabilità. Hanno (abbiamo) timore di esser chiamati a rispondere delle nostre azioni.

Invece la soluzione è proprio quella.
Farsi carico in prima persona delle cose che non vanno.
Trovare soluzioni invece di lamentare problemi.

Ed arriviamo alla gita di sci alpinismo.

Frequento un gruppo di appassionati. Ci siamo conosciuti ad un corso ed abbiamo continuato a praticare assieme questa bellissima attività a contatto con la Natura.

Negli scorsi mesi abbiamo dovuto fare slalom (mi si perdoni il gioco di parole) tra divieti e regolamenti. Ma non abbiamo mollato.
Siamo usciti (quando era permesso), seguendo le regole, limitando il numero di persone, limitando gli obbiettivi.
Abbiamo coinvolto i nostri amici guide alpine per garantire una maggior sicurezza.

Abbiamo continuato a sciare.

Sia chiaro, non c’è nulla di eroico in tutto questo.
Lo abbiamo fatto per soddisfare la nostra egoistica voglia di andare per monti.

Però ci siamo presi la responsabilità di metterci del nostro: pagare qualcosa in più, viaggiare un po’ più lontano, accettare alcuni compromessi sulle mete.
E il risultato è stato un rinnovato interesse che ha ulteriormente cementato il gruppo.

Non è sfuggendo alle responsabilità che miglioreremo la nostra vita.
Anzi… è proprio accettando di rispondere per le nostre idee ed azioni che renderemo la nostra esistenza degna di essere vissuta.

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Convergenze

Scrivo meno e vivo di più. E’ strano perché di solito mi capita il contrario, la vita è una grande ispiratrice…

A partire dal primo giorno dell’anno ho iniziato ad essere molto meno presente sul mio blog.
Ovviamente qui scrivo per piacere e non per dovere, non ho appuntamenti fissi ne’ obblighi (e mai li avrei accettati per questo spazio) ma desidero condividere con voi qualche buona notizia.

In passato il principale motivo per cui rallentavo la mia presenza era legato ad un calo dell’ispirazione figlio, di solito, di un calo delle cose che faccio e che mi fanno venir voglia di raccontare.

Questa volta, invece, il motivo è il convergere di parecchie novità che mi hanno riempito la vita e, parallelamente, tolto il tempo per scrivere.

Come sapete ho iniziato questa splendida avventura del podcast Passaggi a Nord Ovest. Con Denis Falconieri stiamo sperimentando le possibilità di questo media. Nel frattempo abbiamo ricevuto tante manifestazioni di simpatia (e tante proposte di nuove idee da sviluppare) che quello che era iniziato come un passatempo sta ritagliandosi una presenza giornaliera nella nostra agenda.
Va bene così, da febbraio lanceremo un nuovo format e abbiamo alcuni progetti in cantiere che mi stanno entusiasmando.

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Questo romantico scatto durante la salita verso il col Serena lo ha postato il mio amico (e compagno di escursioni) Diego Milani

Un’altra bella novità è che, finite le feste, siamo tornati ad una “nuova” normalità: possiamo tornare a fare escursioni, seppure distanziati, seppure senza finire l’uscita in trattoria, seppure con le mascherine…

Sabato e domenica ho finalmente inforcato di nuovo gli sci e sono andato a fare due uscite.
La conseguenza diretta è che oggi ho la testa libera, il cuore gonfio di gioia e le gambe doloranti.

Infine, ma non per questo meno importante, sembra che il mondo abbia ripreso a girare. Ci sono nuovi progetti all’orizzonte, si torna a parlare di futuro e di pianificazione di eventi, e anche questo mi entusiasma e mi distrae dalla mia chiacchierata sul blog.

Quindi?

Se la convergenza di queste tre linee di novità mi ha tolto un po’ di fiato, la stessa cosa non è capitata per quella fonte inesauribile di idee e sogni che è la lettura.
Sto leggendo tanto e di argomenti molto diversi.

Ho quindi pensato (e qui lo preannuncio) che i miei prossimi post verteranno sulla recensione di alcuni libri.

La voglia di leggere non si spegne mai!
Al momento ho cinque volumi (ancora da cominciare) sul comodino, ma se a qualcuno venisse in mente un titolo che io non posso esimermi da leggere… beh aggiungete un commento qui sotto e iniziamo a parlarne.

Ascolta “Convergenze” su Spreaker.

Progredire

A prescindere da quale, il movimento all’aperto e in natura (outdoor) è sinonimo di progressione nella nostra crescita come esseri umani

Camminare. Correre. Finanche arrampicare o fare scialpinismo.
In montagna possono tutti essere sostituiti dalla parola progredire.
Ed è bello e significativo che progredire indichi anche il processo di miglioramento da uno stadio primitivo ad uno più evoluto.

In montagna progredire ha un senso.
Camminare o correre sono due movimenti diversi che servono lo stesso scopo. Raggiungere un luogo, compiere un periplo, attraversare due valli, salire una vetta.

Camminare è una profonda esperienza spirituale che coinvolge l’Uomo nella sua interezza.
Gambe e polmoni, piedi e cervello, cuore e braccia. Ogni parte svolge un suo ruolo in armonia con le altre.
Il ritmo atavico che emerge quando camminiamo riporta in contatto la nostra parte senziente con quella istintiva, il conscio e l’inconscio.
Ed in questa epifania di consapevolezza noi siamo vivi.

Correre accelera tutti i processi.
I muscoli delle gambe bruciano, i polmoni succhiano l’aria, il cuore batte ritmi forsennati.
E viviamo più intensamente negli attimi in cui siamo nel flusso vitale. Ci sembra di essere al di là del tempo e della fatica. Ci sembra di volare. Poi il sistema collassa, e rallentiamo.
L’allenamento allunga di uno zic quell’attimo perfetto.

scialpinismo

Arrampicarsi è gattonare in verticale.
[La definizione non è mia ma di Simone Moro, che sostiene che i bambini che si muovono a quattro zampe arrampicano naturalmente].
Quando serve per superare un ostacolo è uno straordinario sforzo coordinato tra potenza fisica e concentrazione mentale.
Quando è fatto senza scopi (penso al bouldering o all’arrampicata sportiva) è una danza verticale, una straordinaria manifestazione della bellezza del corpo umano.

Lo scialpinismo è libertà.
Quando la neve ci imprigiona nelle nostre case di fondovalle, indossare un paio di sci con le pelli ci permette di riguadagnare la possibilità di muoverci.
La salita è concentrazione, è tecnica, è fatica focalizzata su un obbiettivo.
La discesa è gioia, è ritmo, è danza.

Progredire è muoversi.
Muoversi è progredire verso una nostra crescita come esseri umani.