Raccontare la vita

Essere uno scrittore significa aver bisogno di raccontare la vita (propria ed altrui) per comprenderla fino in fondo

Scrittore è chi ha bisogno di raccontare la vita su carta allo scopo di comprenderla meglio.

C’è un legame indissolubile che lega quello che facciamo e quello che raccontiamo. Anche quando scegliamo di trasformare le cose di cui siamo testimoni in una storia di fantasia.

E questo assioma spiega alcuni aspetti che solo apparentemente sono in contraddizione.

Lo scrittore ha bisogno di vivere tanto ed intensamente.
Non parlo, ovviamente, della lunghezza della sua vita, ma della profondità di ogni minuto della sua esistenza.

Deve muoversi, deve incontrare persone, deve fare esperienze, deve farsi raccontare storie, deve riempirsi gli occhi di panorami.

Non solo cose belle.
Sono allo stesso modo importanti le esperienze magiche e quelle scioccanti. La noia come l’eccitazione. La paura come la gioia. L’odio e la cattiveria, l’altruismo e l’amore.

Lo scrittore ha bisogno di silenzio e solitudine.
Non si può riempire di parole un foglio già scritto.

Quindi c’è bisogno di vuoto per creare. Di solitudine per raccogliere le idee, far maturare i ricordi, dare un senso alle esperienze. Di silenzio per far parlare le storie.

E poi si devono smussare gli angoli e affilare le frasi.
Ascoltare le pause delle voci e tacitare i rumori di sottofondo.
Mettere in sintonia parole ed emozioni.

The Writer, olio su alluminio, di Kevin Richard

Lo scrittore è un ladro. Ed un truffatore.
Si impossessa delle vite altrui e le fa proprie.
Copia lo stile di altri scrittori per imparare a trovare il proprio.
Taglia e cuce i ricordi delle persone, mette in bella i chiaroscuri delle esistenze di chi incontra, vende come propri i pensieri di altri e propina come altrui le sue proprie riflessioni.

Gioca con i sentimenti.
Si insinua nei tuoi segreti.
Racconta con parole sue quello che tu provi.

Ma non c’è maestria o malizia in questo processo.

Lo scrittore scrive perché non può farne a meno.
Se vuole capire chi è, se vuole comprendere la sua vita, se vuole esorcizzare dolore e paura.

C’è chi scappa e chi combatte.
Lo scrittore può solo scrivere.

Seguendo il Sentiero

Il Sentiero Italia CAI è un incredibile viaggio di oltre settemila chilometri tra le montagne della nostra penisola

La vita è fatta di occasioni. A volte siamo noi a crearle; a volte è il caso a mettere sulla nostra strada delle opportunità.
Ma è sempre nostra la responsabilità di coglierle.

Un paio di settimane fa mi è stato proposto di collaborare alla stesura delle guide CAI del Sentiero Italia. Uno degli autori aveva avuto un intoppo e mi è stato chiesto se volessi sostituirlo.

Il Sentiero Italia CAI mette insieme decine di sentieri esistenti (o disegnati all’uopo) e collega l’intera penisola. Parte dalla Sardegna ed arriva al golfo di Trieste. Sono oltre 7000 chilometri di montagna.

E’ un sogno iniziato negli anni ’80, perseguito con determinazione fino a trasformarlo in un progetto che ha visto la luce alla fine del secolo scorso. Ora siamo nelle fasi finali, ed un gruppo di autori lo sta percorrendo per verificarne i singoli tratti e per descriverlo minuziosamente in modo da renderlo fruibile al grande pubblico.

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L’Italia è famosa nel mondo per il mare (siamo un popolo di santi, navigatori e poeti, ricordate?), per le sue splendide coste e per le acque trasparenti. Ma pochi si ricordano che il nostro territorio è al 23% pianeggiante, 41% collinare e il restante 36% è montagnoso. Nelle nostre Alpi ci sono le vette più alte d’Europa e, certamente, le più celebri.

Il Sentiero Italia CAI si propone di offrire agli appassionati (italiani e stranieri) il più lungo (e più bello, aggiungerei io) cammino a tappe del mondo.

E’ un’opera colossale centinaia di punti d’accoglienza da coordinare, migliaia di chilometri di sentiero da censire prima e tenere puliti poi, informazioni puntuali e sempre aggiornate per un territorio che, per sua stessa natura, è fragile e mutevole (si pensi solo alle molte frane di cui sono piene le cronache).

Ma è anche un’esperienza incredibile per chi compie quel viaggio. Una sorta di Cammino di Santiago laico, dove si esalta la spiritualità dell’incontro con la Natura.

Mi sono dilungato anche troppo, ma sono davvero entusiasta di questo progetto. Molte informazioni le trovate sul sito CAI che è in continua evoluzione, però lasciatemi aggiungere un quid di esperienza personale.

Lo scorso fine settimana ho iniziato il mio primo tratto (non aggiungo particolari geografici, ma via via che metterò insieme le tappe aggiornerò anche questo mio blog, perciò seguitemi) ed è stata un’esperienza unica.

Ho conosciuto persone che hanno ancora dentro i valori più puri dell’andar per monti. Non solo i gestori dei rifugi (santi subito!) ma anche le associazioni che promuovono e difendono il territorio, le famiglie che percorrono i sentieri (nonno e nipote, genitore e figlio, giovani coppie ecc) animati da una passione pura e disinteressata.

Un popolo intero di persone che condividono il rispetto per la montagna e per chi ci vive o la pratica.

Gente di città, che sale in montagna a respirare (in tutti i sensi). Ma anche vecchi che resistono e non vogliono scendere oppure, ancor più eroici, giovani che vogliono tornare alla montagna.

Ho conosciuto Celestino, un vecchio pastore di capre orgoglioso della foto che lo ritraeva con il suo caprone Michael (un fuoriclasse come Platini da cui ha ereditato il nome) e che, ancor oggi che non riesce più a muoversi bene, si dà da fare preparando la polenta per chi arriva da valle.

Oppure una giovane famiglia, padre madre e due bambini di 3 e 1 anno, che sale in alpeggio con 700 pecore e vive facendo il formaggio. Hanno scelto una vita dura e sicuramente non retribuita abbastanza. Hanno scelto una via semplice e dura perseguendo la loro idea di felicità.

Ecco cos’è per me percorrere con occhi curiosi il Sentiero Italia Cai: l’occasione per incontrare persone speciali, bella gente che rinnovi in me la speranza per un’umanità migliore.

La scrittura

Quasi una giustificazione per il mio prolungato silenzio. Ma scrivere, per me, è un atto naturale: se mi sforzo di farlo diventa rigido, formale, imbalsamato

Io scrivo poco di fantasia, preferisco raccontare la cronaca della mia umanità.
Le piccole cose che faccio e in cui gli altri si specchiano e si riconoscono.

pagina bianca

Allora in questi momenti faticosi di isolamento, quando i giorni passano uguali come i grani di un rosario, mi è difficile pubblicare qualcosa.

Mi aiuta leggere, dove inseguo i voli di altri scrittori.
Mi aiuta guardare le vecchie foto e rinverdire i ricordi.
Mi aiuta pizzicare le corde della chitarra e ritrovare i suoni amici.

E poi mi affido all’abbraccio della natura, mi perdo nei suoi ritmi.
Curo le piante, ridisegno il giardino, spio l’orto.

Mi dedico alla manutenzione delle relazioni.
Telefono e scrivo, ritrovando amici lontani ed esperienze passate.

Spero di caricare le batterie per essere pronto a ripartire.
Perché l’energia emotiva non si ricicla: la si brucia e la si ricrea.