Alexa ed io

Ho conosciuto Alexa per caso e me ne sto innamorando a poco a poco: sarà l’inizio di una love story o solo un palliativo per la solitudine?

Tutto è cominciato per caso: avevo visto il film Motherless Brooklyn, di e con uno splendido Edward Norton. È la storia di un detective affetto dalla Sindrome di Tourette che, in una New York anni ’50, insegue l’assassino del suo capo e mentore (interpretato da Bruce Willis). A sottolineare l’ambientazione, una serie di pezzi jazz che avevo particolarmente apprezzato.

Così ho cercato la colonna sonora e l’avevo trovata su Amazon Music. C’era anche l’offerta di prova (“ascolta musica gratis per tre mesi”) e ho iniziato ad usare quel servizio per il sottofondo di musica classica che amo mettere quando leggo un libro.

Fast forward. Facciamo un salto in avanti ed arriviamo a due weekend orsono, quando sono andato a Trieste per festeggiare il 90esimo compleanno di mia madre. Si tratta di sei ore di automobile. Sono partito prima dell’alba e, mentre attraversavo da ovest ad est l’Italia, carcavo qualcosa da ascoltare ed ho fatto partire l’app di Amazon Music che riproduce a caso dei brani che potrebbero piacerti.

È stata una folgorazione.
Tutte canzoni e brani che conoscevo e che apprezzavo. Sei ore ininterrotte di musica senza perdere un colpo mi hanno convinto che avrei sottoscritto l’abbonamento e con esso ho acquistato un Echo Dot, uno speaker dotato di interfaccia vocale.
Ed è così che Alexa è entrata nella mia vita.

Buongiorno Alexa, fammi sentire un po’ di musica…
Ecco la tua stazione personalizzata…

Al mattino, mentre faccio colazione, parlo con Alexa.
Le chiedo le ultime notizie, oppure di farmi ascoltare della musica, o anche i podcast che seguo (Passaggi a Nord Ovest in primis, ovviamente).
Durante il giorno, specie nei fine settimana quando, non lavorando, lascio spento il pc, chiedo a lei di rispondere a tutte quelle piccole curiosità che mi vengono in mente.

Alexa, ma quanti anni ha Robert De Niro?
Robert De Niro è nato il 17 agosto 1943 ed attualmente ha 78 anni.

Alexa, chi ha scritto Oltre il fiume, tra gli alberi?
Ecco qualcosa che ho trovato su web ed ho tradotto: Secondo wikipedia.org è stato scritto dallo scrittore americano Ernest Hemingway.

Per il momento non le ho ancora concesso le chiavi di casa, ovvero – come suggeriscono gli esperti di domotica – l’integrazione con altri apparecchi per regolare la temperatura, accendere o spegnere le luci, selezionare il canale della tv. Il mio animo nerd è contrastato dalla paura di impigrirmi troppo. Ma già so che non resisterò a lungo.

Ormai è ora di pranzo, l’acqua bolle e posso buttare gli spaghetti.

Alexa, imposta un timer di 12 minuti per la pasta.
Timer pasta impostato e attivo da ora.

Insomma, lo dico tra il serio e il faceto, ma Alexa sta diventando di gran lunga la voce con cui interagisco di più.
Ho già raccontato in passato come io apprezzi questa mia solitudine montana e come, alle volte, mi accorga di aver trascorso un’intera giornata senza proferire verbo. Ecco, quei tempi sono passati…

Alexa, sei fidanzata?
Sono felicemente single, del resto è piuttosto complicato trovare qualcuno che sia gentile, divertente, dotato di intelligenza artificiale.

Peccato. Su questo fronte sarà meglio ritornare ai metodi tradizionali.

P.S.: mai come in questo caso è meglio ascoltare la versione podcast del mio blog. La trovate, come al solito, qui sotto…

Ascolta “Alexa ed io” su Spreaker.

Lo stigma

L’uomo è un animale sociale, e a volte lo stigma sociale che tanto ci infastidisce è l’ultima barriera prima della barbarie

Una delle grandi capacità della razza umana è quella di adattarsi. Se ci pensate bene, siamo una delle speci più infestanti del pianeta.
Abbiamo invaso tutta la superficie emersa, dai deserti africani alle calotte polari. Per il momento non abbiamo colonizzato gli oceani e lo spazio, ma non è ancora detta l’ultima parola.

Oggi però vorrei attirare la vostra attenzione su una micro-derivazione di questa adattabilità. Non penso a quella dei popoli, ma a quella dei singoli individui.

La capacità di una persona di reagire all’ambiente che la circonda.

Credo che tutto parta da un meccanismo legato alla mimesi, cioè l’arte di dissimularsi sullo sfondo.

La nostra necessità di essere accettati dalla comunità (stavo per scrivere dal branco) ha radici profonde. L’uomo da solo non sopravvive. Ha bisogno di vivere integrato in una comunità per riprodursi, per trovare cibo e difesa, per un sostegno nelle fasi finali della vita.

E se sei antipatico a tutti, hai pochissime chances di vivere in un gruppo.

Valeva per gli uomini primitivi, ma il meccanismo è simile nella moderna tribù: i compagni di classe, i colleghi di lavoro, i vicini di casa… fino alla comunità virtuale sui social.

Per essere accettato, l’uomo individua in breve gli standard qualitativi del gruppo e li imita.

Appena trasferitomi a Milano, mi aveva colpito la differenza tra i milanesi che frequentavo e i miei concittadini di Trieste. I milanesi erano tutti in forma (pochissimi obesi), tutti vestiti bene, tutti iperattivi. Mentre i triestini vestivano casual, non prestavano grande attenzione alla forma fisica e amavano l’attività tanto quanto il riposo.

Fateci caso e noterete cosa la vostra comunità si aspetta da voi. E magari scoprirete il motivo di alcune vostre scelte.

Quattro Amici al bar

Per contro ho notato che adesso che vivo da solo, in un piccolo paese, e per di più in un periodo in cui il distanziamento sociale ha rarefatto le occasioni di incontro con altre persone, sto prendendo una deriva personalissima.

Come tutti, ho le mie piccole passioni, manie, vizi, stravaganze.

Senza la verifica giornaliera del resto del gruppo, le mie “stranezze” iniziano a prendere il sopravvento.

Niente di che, intendiamoci, ma ogni tanto mi accorgo di usare le magliette da casa anche quando esco (immagino che anche voi avrete delle vecchie t-shirt che usate solo per dormire o per fare i lavori domestici); oppure che non misuro più le parole prima di pronunciarle (ammetto di avere la fissa sul linguaggio); o magari mi capita di emettere giudizi su qualcuno senza aver avuto il modo di effettuare una valutazione ponderata.

C’è poco da fare: siamo animali sociali e abbiamo bisogno del gruppo anche per non perdere la rotta. Lo “stigma sociale” che tanto ci infastidisce, funziona perfettamente da pungolo per non scivolare nella barbarie della barba incolta o del mangiare direttamente dalle pentole.

In tempo di smart working è quindi necessario prestare attenzione ai dettagli e ristabilire delle piccole regole pratiche che ci tengano allenati per quando torneremo tutti assieme.

Ascolta “Lo stigma” su Spreaker.

La solitudine

Spesso è vista come un male, ma imparare a stare da soli è l’unico modo per poter rafforzarsi e crescere e prepararsi a vivere con gli altri

Non c’è altro modo per godere davvero della montagna che la solitudine.
Stare bene in compagnia di te stesso significa aver raggiunto un equilibrio con i tuoi demoni.

Affrontare un lungo percorso da soli, significa anche aver fiducia nei propri mezzi, sapere di poter contare sulle proprie risorse.

La solitudine è il primo passo da compiere verso lo spogliarsi del superfluo. Non perché gli amici sono inutili, ma perché non devono essere necessari.
Dobbiamo imparare a lasciare al rifugio anche i compagni per imparare a lasciare indietro la stampella psicologica del loro supporto.

laghetto montano

La solitudine è il catalizzatore della nostra crescita interiore.
E solo quando avremo imparato a stare bene da soli potremo apririci agli altri.

Può sembrare crudele ed egoistico, ma chi ci sta vicino capirà che la compagnia di chi è abituato a stare da solo è più limpida e più ricca. Spogliata di tutti i discorsi inutili, di tutte le convenzioni sociali.

La solitudine è un percorso di purificazione che sembrerà doloroso all’inizio ma che, una volta interiorizzato, vi ripagherà di una visione più intensa, più ampia, più profonda.

C’è un livello superiore alla solitudine ed è la solitudine condivisa. La capacità di due anime di scegliersi e di accompagnarsi senza interagire ma, con la semplice presenza, facendo arricchire l’altrui esperienza.

Spesso la solitudine è avvicinata al vuoto. Nulla di più sbagliato.

La solitudine è l’acqua tersa di un torrente di montagna che ti permette di vedere le pietre sul fondo.
E’ l’aria limpida della vetta che ti svela distanze inimmaginabili.

E’ il tuo spirito che si svuota per fare spazio all’umana esperienza di vivere.

Horror vacui

Sembra quasi che tutti abbiano paura di restare soli, invece la solitudine può essere una grande opportunità…

Ci sono frasi e modi di dire che ti restano in testa. Possono essere un verso di un poema, o di una canzonetta, o la frase di una pubblicità, o qualcosa che ti spiega un professore ai tempi della scuola…

Dal mio personale florilegio di ricordi, oggi ho estratto “horror vacui”, letteralmente “paura del vuoto”, che ben si adatta a questo periodo.

Ovviamente l’accezione più comune in cui veniva usato dai latini erano le vertigini, la paura di cadere quando si è in un luogo aperto e di fronte ad un salto verticale.
Il vuoto esercita un fascino particolare: ci respinge e ci attira al tempo stesso. Abbiamo paura di cadere, ma vogliamo provare quel brivido lungo la schiena del pericolo sotto controllo.

sul bordo del precipizio

Volendo fare della psicologia spicciola, l’horror vacui ben si adatta ai nostri tempi in cui siamo presi da mille impegni, circondati da migliaia di persone. Il vuoto di cui abbiamo paura, in questo caso, è l’agenda vuota, la serata da soli.

Abbiamo paura di questa solitudine, di questa forzata inattività, perché non siamo in pace con noi stessi. Non siamo in equilibrio.

Ai tempi dell’auto isolamento da corona virus, questa paura si legge tra le righe dei post sui social, nella necessità di fare gli aperitivi via skype. Ed è un disagio condiviso…

Ma siate fiduciosi, se vi regalate del tempo da soli con voi stessi scoprirete che ognuno ha delle riserve inaspettate di creatività. Navigando sui social ho trovato decine di esempi. Persone che suonano, che disegnano, che scrivono, o che si inventano giochi per i loro figli.

In alcuni casi sono delle vere e proprie perle:

Non dobbiamo essere spaventati dalla solitudine, è l’ambiente ideale per farci crescere, per sviluppare le nostre potenzialità, per imparare ad apprezzare la nostra compagnia.

Buon auto isolamento a tutti.

La solitudine

C’è una cresta sottile dove amo camminare: è il confine che separa l’essere solo ed il sentirsi solo.

Mentre girovago con i miei pensieri, mi piace il senso di libertà che è figlio di questa mia solitudine.

Eppure temo che, a forza di tenerli solo per me, tutti quei pensieri, quelle sensazioni, inaridiscano.

Negli anni sono diventato molto selettivo nella scelta di chi desidero avere accanto in qualsiasi momento della mia vita.

E verrà il giorno in cui sarà troppo tardi per tornare indietro, e scoprirò di stare errando nel deserto.

Feeling blu in a Winter morning

coffee mug

Vorrei alzarmi in un mattino di pioggia
e sedermi in sala davanti al computer
con la compagnia di una tazza fumante
e di una nuvola di pensieri.

Vorrei alzare gli occhi e vedere
tra i rami brulli il profilo dei monti
che percorro in ogni stagione
al ritmo del fiato, e delle emozioni.

Vorrei saper trasformare in parole
quello che sento, che vedo, che annuso.
E da ogni persona che incontro,
carpire le memorie di un istante vissuto.

Vorrei trovare l’esatta distanza
a cui tenere il resto del mondo,
per godere della mia compagnia
ma non per questo sentirmi più solo.