Persone, prima di tutto

Donne e uomini sono uguali, sono le persone con le loro caratteristiche a dover essere prese in considerazione. E l’educazione può far tanto

Scrivo, pubblico sul blog, ricevo commenti e magari ci ripenso.
La settimana scorsa ho postato una riflessione (La caccia alle streghe) che parlava delle differenze di genere da un punto di vista della comunicazione.
Oggi, anche a seguito della polemica suscitata dalle affermazioni di Simone Pillon, senatore della Repubblica Italiana in quota Lega, vorrei provare a spiegare la mia posizione sul tema.

Pillon ha detto: “L’università di Bari spinge per far iscrivere ragazze a corsi di laurea tipicamente frequentati in prevalenza dai ragazzi. È naturale che i maschi siano più appassionati a discipline tecniche, tipo ingegneria mineraria per esempio, mentre le femmine abbiano una maggiore propensione per materie legate all’accudimento, come per esempio ostetricia.
Questo però non sta bene ai cultori del Gender, secondo i quali ci DEVONO essere il 50% di donne nelle miniere e il 50% di uomini a fare puericultura”
.

E non contento ha precisato: “ovviamente ognuno è libero, e ci sono le sacrosante eccezioni, ma è naturale che le ragazze siano portate verso alcune professioni e i ragazzi verso altre. Imporre ai maschi di pagare più delle femmine per orientare la libera scelta di un percorso universitario è un modo di fare ideologico, finalizzato a manipolare le persone e la società”.

Tralascio le polemiche che queste parole hanno suscitato e provo ad entrare nel merito.

Mi è capitato e mi capita spesso di coordinare gruppi di persone. Nell’azienda per cui lavoro, in attività di volontariato, o magari semplicemente nel tempo libero.

Coordinare delle persone significa provare ad assegnare ad ognuna un ruolo o dei compiti. Per farlo bene è necessario, in qualche modo, giudicare.

Ipotizziamo che abbia davanti un gruppo di persone che non conosco.

Se devo assegnare un compito di fatica, tenderò a scegliere un uomo piuttosto che una donna. A meno che la donna sia ben piazzata e/o l’uomo un mingherlino.

Se devo assegnare un compito di precisione, tenderò a scegliere una donna invece che un uomo. A meno che la donna sia trasandata e/o l’uomo estremamente curato.

Se devo trovare qualcuno che coordini il lavoro, tenderò a scegliere il più vecchio del gruppo. Se invece il compito ha a che fare con le nuove tecnologie, opterò per il più giovane.

Insomma, se devo scegliere in base alle apparenze e non ad una conoscenza diretta della persona, la scelta sarà basata sulle sensazioni che chi mi sta davanti genera in me.

Questo tipo di approccio presta il fianco a dei pregiudizi che provengono dalla cultura.

Se devo scegliere un compagno per la mia squadra di basket, sceglierò un americano piuttosto che un italiano e un americano nero piuttosto che un americano bianco.

Se ho davanti un clochard e un impiegato di banca, e devo scegliere chi dei due ha commesso un furto tenderò ad accusare il primo. Ma se si tratta di un crimine informatico, tenderò ad accusare il secondo.

Queste scelte dipendono dall’assunzione di certi modelli culturali che sono insiti nella nostra società.

Nazionale italiana calcio femminile

Ma le cose cambiano.

Le donne e gli uomini possono fare le stesse cose (a parte la gravidanza ed il parto che rimangono appannaggio del genere femminile).
Non c’è un’attività in cui l’uno non possa sostituire o essere sostituto dall’altra.

Ho sempre pensato che le donne fossero meno adatte degli uomini a giocare a calcio e a basket. A riprova di questo portavo il fatto che le partite femminili fossero meno avvincenti, tecnicamente noiose.
Ma il calcio femminile in questi ultimi anni ha fatto passi da gigante e, oggi, mi diverto (poco) nello stesso modo guardando la nazionale italiana maschile e quella femminile.

I preconcetti possono essere modificati. Attraverso la pratica, ogni persona può acquisire le capacità che ha un’altra persona.

E dal mondo dello sport, giunge un altro spunto di riflessione.

I corridori uomini vanno più veloci dei corridori donna.
Ma più si allunga la distanza e più diminuisce la differenza.

Il record mondiale in maratona maschile è di 2h01’39” mentre quello femminile è 2h14’04” (in pratica il 10,2% più lento).
Il record mondiale sui 100km maschile è di 6h09’14” mentre quello femminile è 6h33’11” (in pratica il 6,5% più lento).

Nella gare di ultratrail è già capitato che il primo assoluto fosse una donna. E le donne prime in classifica si piazzano sovente nei primi 10 posti della classifica maschile.

Significa forse che gli ultratrailer sono meno forti dei maratoneti?
No, semplicemente che in alcune discipline non conta solo la forza ma anche la capacità di resistere alla fatica e alla sofferenza, oltre alla capacità di restare concentrati sull’obbiettivo.

L’essere umano non è un robot specializzato.
Siamo fatti di tante componenti, fisiche, emotive, intellettive.
E siamo campioni del mondo in adattabilità.

Quando perdiamo la vista, gli altri sensi si acuiscono.
Quando ci fa male un piede, il resto del corpo sposta l’equilibrio per compensare il deficit.
Quando subiamo un incidente, l’adrenalina che entra in circolo ci permette di portarci fuori pericolo (anche con una gamba rotta o una ferita grave).

Alcune delle nostre doti di essere umano sono innate, patrimonio genetico o mutazione della specie.
Altre nostre doti sono sviluppate grazie all’apprendimento.

Ho fatto un lungo giro per arrivare finalmente a questa conclusione: di fronte alla vita, non ci sono maschi e femmine ma persone con le loro peculiarità.

La formazione delle caratteristiche di una persona dipendono in larga parte dall’educazione. A partire dalla famiglia e dalla scuola.

Il tipo di persona che diventeranno i nostri figli dipendono da noi. Quello che potranno e non potranno fare, dipende da come si sono formati.

Quindi è giusto garantire che ogni persona, sia un bimbo o una bimba, abbia a sua disposizione tutti gli strumenti necessari per sviluppare il suo potenziale.

Una donna astronauta o un uomo infermiere, una donna pilota di Formula Uno o un uomo che danza alla Scala.

Quando vado dal medico per un problema di salute non cerco un maschio o una femmina, cerco una persona preparata e capace di aver cura di me.

Perché non è lo stesso in tutti gli altri campi?

Ascolta “Persone prima di tutto” su Spreaker.

Convergenze

Scrivo meno e vivo di più. E’ strano perché di solito mi capita il contrario, la vita è una grande ispiratrice…

A partire dal primo giorno dell’anno ho iniziato ad essere molto meno presente sul mio blog.
Ovviamente qui scrivo per piacere e non per dovere, non ho appuntamenti fissi ne’ obblighi (e mai li avrei accettati per questo spazio) ma desidero condividere con voi qualche buona notizia.

In passato il principale motivo per cui rallentavo la mia presenza era legato ad un calo dell’ispirazione figlio, di solito, di un calo delle cose che faccio e che mi fanno venir voglia di raccontare.

Questa volta, invece, il motivo è il convergere di parecchie novità che mi hanno riempito la vita e, parallelamente, tolto il tempo per scrivere.

Come sapete ho iniziato questa splendida avventura del podcast Passaggi a Nord Ovest. Con Denis Falconieri stiamo sperimentando le possibilità di questo media. Nel frattempo abbiamo ricevuto tante manifestazioni di simpatia (e tante proposte di nuove idee da sviluppare) che quello che era iniziato come un passatempo sta ritagliandosi una presenza giornaliera nella nostra agenda.
Va bene così, da febbraio lanceremo un nuovo format e abbiamo alcuni progetti in cantiere che mi stanno entusiasmando.

skialp
Questo romantico scatto durante la salita verso il col Serena lo ha postato il mio amico (e compagno di escursioni) Diego Milani

Un’altra bella novità è che, finite le feste, siamo tornati ad una “nuova” normalità: possiamo tornare a fare escursioni, seppure distanziati, seppure senza finire l’uscita in trattoria, seppure con le mascherine…

Sabato e domenica ho finalmente inforcato di nuovo gli sci e sono andato a fare due uscite.
La conseguenza diretta è che oggi ho la testa libera, il cuore gonfio di gioia e le gambe doloranti.

Infine, ma non per questo meno importante, sembra che il mondo abbia ripreso a girare. Ci sono nuovi progetti all’orizzonte, si torna a parlare di futuro e di pianificazione di eventi, e anche questo mi entusiasma e mi distrae dalla mia chiacchierata sul blog.

Quindi?

Se la convergenza di queste tre linee di novità mi ha tolto un po’ di fiato, la stessa cosa non è capitata per quella fonte inesauribile di idee e sogni che è la lettura.
Sto leggendo tanto e di argomenti molto diversi.

Ho quindi pensato (e qui lo preannuncio) che i miei prossimi post verteranno sulla recensione di alcuni libri.

La voglia di leggere non si spegne mai!
Al momento ho cinque volumi (ancora da cominciare) sul comodino, ma se a qualcuno venisse in mente un titolo che io non posso esimermi da leggere… beh aggiungete un commento qui sotto e iniziamo a parlarne.

Ascolta “Convergenze” su Spreaker.

Ascoltare il respiro

Sono comodamente stravaccato sul divano e rifletto sul binomio sport e coronavirus. Non lo sport professionale ma quello amatoriale; quello che pratichiamo un po’ tutti, alcuni per diletto o per salute, altri in modo agonistico, cercando nella competizione una gratificazione extra al semplice star bene.

Il decreto del Presidente del Consiglio ha specificato che si può uscire di casa solo per comprovate necessità: lavoro, spesa, assistenza medica.
E lì è partita la girandola delle interpretazioni, tanto che in successive comunicazioni istituzionali si è dovuto specificare che non vi è il divieto assoluto di uscire, ma quello di creare assembramenti.

Ad un occhio oggettivo appare evidente che vietare ai bambini di frequentare la scuola e poi trovarsi tutti assieme sulle altalene del parco non aveva molto senso.
Altrettanto evidente la chiusura delle palestre e delle piscine non doveva essere rimpiazzata da allenamenti collettivi in giro per le strade del centro.

Sembra che questa cosa sia stata abbastanza capita. Ci martellano con #iorestoacasa e sembra funzionare.
Così qualcuno esce di corsa, evitando il contatto con altri, evitando di mettersi in pericolo (che senso avrebbe caricare il sistema sanitario di un deficiente che si è rotto una caviglia correndo su una pietraia?) ma scaricando la tensione della quarantena.

Eppure, proprio noi che amiamo lo sport e in particolare lo sport di resistenza, dovremmo facilmente gestire questo periodo.

In primis, sappiamo bene cosa significa fare un sacrificio temporaneo per ottenere un risultato a lungo termine.
Quando siamo infortunati restiamo a casa e non corriamo. Farlo significherebbe rischiare di non correre per mesi o per anni.
Con il covid19 se non teniamo botta adesso fino ai primi di aprile (almeno) dovremo fronteggiare crisi ben maggiori.

In secundis, sappiamo cosa vuol dire superare le difficoltà per arrivare al traguardo.
Qui in gioco c’è molto di più di una gara finita: parliamo della salute di tutto il mondo (noi italiani ne abbiamo la consapevolezza già oggi, il resto del mondo ci arriverà a breve).

Infine, noi conosciamo bene il nostro corpo. Siamo abituati ad ascoltarlo, ad interpretare i suoi segnali.
Sappiamo l’effetto del caldo, della sete, della mancanza di cibo, della mancanza del recupero.
Grazie all’esercizio continuo, abbiamo un rapporto con noi stessi molto più affinato rispetto alla popolazione sedentaria.
Il fiato corto per l’umidità dell’aria, o per i residui di una infreddatura, non ci spaventa. Sappiamo che passa…
Diamo ascolto al nostro respiro e preserviamolo. Anche a costo di rinunciare a correre per un po’.

masso innevato nel bosco

Io vivo tra i monti.
Esco a passeggiare nel bosco senza timore di incontrare miei simili.
Mi considero fortunato rispetto a chi vive in luoghi popolosi e non può uscire senza rischiare di incrociare altre persone.

Sono venuto qui proprio per quello.
Per la necessità che sentivo prioritaria di ripristinare il rapporto uomo natura, di vivere in un mondo reale invece che in uno artificiale.
Ho sempre sentito acuto il richiamo della montagna come palestra per il mio spirito.

Eppure, paradossalmente, adesso anche i cittadini hanno una grande opportunità.
La quarantena per il coronavirus ha rallentato i ritmi, ha riordinato le priorità, ci obbliga a viaggiare dentro noi stessi e non fuori.
Che è esattamente quello che cercavo quando ho abbandonato la città per la montagna.

Ovviamente sto cercando di trovare il lato positivo in una tragedia mondiale, ma pensateci un attimo.
Forse si può sfruttare questo momento per cambiare in meglio.

Il metronomo

Era quasi estate, le ultime faticose settimane di scuola, probabilmente in seconda o terza media.
Mia madre, a colloquio con il professore di matematica, ricevette uno strano invito a farci provare il canottaggio.
Fu così che il sabato successivo, mio fratello ed io ci recammo presso la Canottieri Nettuno a Trieste e io feci i primi passi nello sport.

Ero un simpatico ciccione (d’altronde esistono ciccioni antipatici?) che non sapeva nulla di attività fisica.
Me la cavavo a scuola, suonavo la chitarra ed avevo qualche amico. Ma sport zero.
Mi ricordo che l’allenatore mi osservò e, toccandomi prima la pancia e poi il petto, disse: “Franzile (un vezzeggiativo sloveno che suonerebbe Franceschino) sposteremo tutto quello che c’è qui sotto, qui sopra” e se ne andò.

Poi iniziò il percorso fatto di corse (che scopersi di amare a differenza degli altri canottieri) e di vasca voga, dove apprendevamo i rudimenti dell’arte rematoria.
C’ero portato. Tanto che, dopo aver spostato i chili dalla pancia al petto, sono entrato nella squadra e mi sono tolto parecchie soddisfazioni in gara.

Una delle prime lezioni che imparai fu di sentire il ritmo della barca.

Il canottaggio è uno sport di potenza. I remi piantati in acqua spingono in avanti lo scafo sottile. E quando il vogatore si precipita verso poppa per piantarli di nuovo in acqua il più avanti possibile, contrasta il moto dell’imbarcazione.
E’ tutta una questione di ritmo. Se ce l’hai la barca vola, se non ce l’hai la barca si pianta.

Ben presto scopersi che il ritmo è fondamentale in ogni cosa.
Nella corsa il ritmo è tutto. Imbriglia la potenza e la trasforma in armonia e poi in performance.
Nella musica, trasforma le note in melodia.
Nella vita, se riesci a imporre un ritmo, gli accadimenti si mettono in fila e le tue azioni producono risultati.

metronomo

Riflettendo su questo ho deciso che, come fatto già molte altre volte in passato, assegnerò alla corsa un ruolo di metronomo.

Le chiederò di essere la regola costante delle mie giornate.
Questa volta non per arrivare ad un risultato cronometrico o per partecipare ad una gara, ma per rimettermi in riga, per riportare la mia vita nel ritmo che io vorrei avesse.

Ho ripreso a correre.

Non guardo il cronometro (anche perché temo sia impietoso specchio della mia attuale forma) ma cerco di correre con costanza.
Alterno le corse e le camminate in montagna (altrettanto stimolanti per l’apparato muscolare e cardiocircolatorio ma meno logoranti per le articolazioni).
E l’uscita di corsa è diventata la cadenza attorno alla quale faccio girare i miei altri impegni: il lavoro, la scrittura, le passioni.

Un piccolo esempio concreto è questo blog.
Cercherò di aggiornarlo con cadenza settimanale, il lunedì, tanto per partire con il piede giusto.
E se il miracolo si rinnoverà, corsa dopo corsa, settimana dopo settimana, mi rimetterò alla pari con il resto della mia vita.