C’è un’arma segreta per i corridori di lungo corso (intendo quelli che sono anni che corrono).
Nei giorni in cui la voglia cala puoi usare gli amici come stimolo, oppure – ed è quello che ho fatto io ieri sera – affidarti alla routine.
Il martedì sera, quando sono a Milano, tendo ad unirmi al TricoTracoTeam che è il nome in codice del solito gruppetto di amici.
Si corre al Parco Sempione (ne avevo già scritto qui), di solito un paio di giri esterni ed un paio di giri dell’Arena Civica.
Ieri sera, dunque, mi sono unito a loro, pur sapendo che lo stato di forma mi avrebbe messo in crisi.
Ma la scusa era buona per rivedere gli amici e poi, dentro di me, contavo sul Buzz e sul suo passo (“lento ed inesorabile”).
Purtroppo il Buzz ha dovuto dare forfait, privando il gruppo delle sue battute surreali e, soprattutto, privando me di una buona scusa per rallentare.
Primo giro, complice il riscaldamento, passa tranquillo.
Salutiamo un po’ di amici che incrociamo (non finisco mai di stupirmi della quantità di persone che corrono al Sempione, ormai ce ne sono più lì che alla Montagnetta), chiacchieriamo del più e del meno, loro mi aggiornano sulle ultime vicende personali e io faccio lo stesso con le novità dal fronte occidentale.
Alla fine del primo giro loro scalpitano per accelerare, io ansimo per la velocità, così decido di mollarli al loro destino e di anticiparli verso la doccia.
Ho corso poco più di tre chilometri e così subentra un leggero senso di colpa.
“Per tre chilometri potevi anche fare a meno di cambiarti” dico tra me e me.
Ma la voglia è poca… bisogna inventarsi qualcosa.
Ed ecco che entra in gioco la routine.
Se pensate alla routine come il monotono susseguirsi dei fatti della vita, allora ha un’accezione negativa.
Ma se invece considerate la routine come una serie di movimenti che si ripetono per ottenere un risultato, allora cambia.
Avete presente i grandi meeting di atletica e le routine ossessive di alcune star?
I velocisti ai blocchi di partenza, oppure i saltatori mentre cercano la concentrazione…
Ecco, la routine è una confortevole coperta di Linus nella quale rifugiarsi.
E io ieri ho fatto così.
Ho staccato il cervello (o meglio mi sono messo a pensare ad altro) e ho lasciato che le gambe facessero il loro lavoro.
Ho continuato a girare intorno all’Arena, variando il ritmo, cercando di aumentare in prossimità dei due rettilinei e recuperare in curva, cercando la spinta corretta dei piedi e sforzandomi di evitare strappi.
Già da subito la tentazione di mollare e fermarmi se n’era andata.
Dopo qualche giro sono uscito verso la strada ed ho atteso il resto del gruppo per tornare con loro verso casa (e la doccia e la pizza).
Ed ho scoperto che, alla fine, avevo corso quasi la loro stessa distanza (una differenza inferiore ai 500 metri).
Non dimenticatevi la routine, dunque.
Qualche volta salva un allenamento!