Un autunno asintomatico

La seconda ondata mi ha messo in crisi, ho paura di non saper fronteggiare un nuovo lockdown. Ma la risposta è nella nostra umanità

Vigliacca.
Questa seconda ondata mi ha preso alle spalle.
Sì, lo so che se n’era parlato. Ma io sono un ottimista e pensavo, dopo un’estate serena, che ci saremmo avviati verso un autunno controllato ma altrettanto sereno. Un autunno asintomatico.

Mi sono svegliato con un nodo allo stomaco.

Non mi pesa il fatto di fare smart working; intorno a casa ho un sacco di bei posti dove perdermi in compagnia dei miei pensieri. Certo, mi mancheranno le pizze e gli aperitivi, ma anche a questi posso rinunciare.

Però dover nuovamente passare del tempo senza la libertà di vedere chi voglio, di andare a trovare o farmi venire a trovare, mi spaventa.

Rileggo quanto ho scritto e mi rendo conto che sono parole dettate dall’egoismo.

Forse uno dei sintomi del CoronaVirus è proprio questo abbassamento del nostro livello di umanità.

Come faccio a pensare al poco a cui devo rinunciare io, quando ci sono persone che vedono venir meno l’unica fonte di guadagno?

Ho amici ristoratori, ho amici baristi, ho amici che lavorano a teatro, ho amici che gestiscono centri sportivi, ho amici albergatori, ho amici che lavorano sulle piste da sci…

Sfoglio i giornali, faccio zapping tra i canali della tivu, scorro le pagine di FaceBook e Twitter, e trovo solo livore. Commenti sguaiati e incazzature insensate.
E riconosco lo stesso nodo allo stomaco che mi ha accompagnato in questa mattinata.

Ognuno di noi guarda il proprio orticello.
E’ naturale, ma non è umano.

E’ una reazione naturale, perché risponde alla paura. Vediamo il virus come un nemico invisibile e imbattibile. Quindi attacchiamo. Non potendo combattere la malattia ce la prendiamo con chi governa, con chi non è toccato come noi, con chi sembra non capire…

Ma non è una reazione umana.
L’Uomo ha saputo sopravvivere ed impadronirsi del mondo grazie al controllo delle reazioni “naturali”. Ha saputo lavorare come tribù prima e come comunità poi. E’ riuscito a guardare al di là del proprio interesse personale e immaginare un bene comune, superiore al bene del singolo.

Questa foto l’ho scattata sabato, durante una passeggiata.
Questo è l’autunno. Non una stanza in cui devo restare chiuso, ma una valle che devo percorrere.

C’è la salita e poi c’è il premio del colle.
Come è sempre stato e come sempre sarà.

Una società al ribasso

Oggi non parlo di corsa, ma di umanità.

Viviamo tempi strani.
Tempi in cui in politica gli slogan funzionano meglio delle idee.
In cui sui social paga di più apparire che essere.

E’ un processo di disumanizzazione oppure, se si vuole essere più pessimisti, un processo di impoverimento della nostra umanità.

Stamattina ho letto un articolo sul sito di Repubblica.
Si racconta di un uomo che viene licenziato.
E’ una persona di 61 anni ed è privo di una mano.
Fino ad oggi lavorava in una fabbrica di taniche vicino a Milano. Il suo ruolo era quello di piazzare un tappo provvisorio prima della verniciatura. Tappo che viene poi rimosso e sostituito da quello finale.

Un lavoro noioso nella sua semplicità, ma che dava all’uomo la dignità di potersi definire un lavoratore.
Un lavoro che faceva la differenza tra essere utile ed essere un peso per la propria famiglia.

La fabbrica ha messo una macchina a fare quel lavoro.
Li capisco: più veloce, più precisa, meno rischio per l’uomo, meno costosa.

Ma come fa una persona di 61 anni a trovare un lavoro oggi?
Senza una mano, senza una qualifica particolare, come fa a rendersi utile?

Non voglio condannare la fabbrica perché non conosco i fatti. Non so cosa li abbia spinti a questa scelta.
Da uomo abituato a lavorare in azienda so che a volte bisogna sacrificare una persona per salvare il lavoro delle altre.

Ma siamo arrivati a questo perché abbiamo accettato di usare il profitto come unico metro del valore delle cose.

Viviamo in un sistema in cui è normale andare in un negozio e farsi spiegare tutto su un prodotto e poi comperarlo su internet perchè costa 10 euro di meno.

La nostra società vive al ribasso.
Vince chi abbatte il costo invece di chi incrementa la qualità.

E’ necessario ripensare il sistema, se vogliamo che i nostri figli siano ancora degli esseri umani e non dei robot.

E’ necessario reintrodurre il piacere di fare cose inutili (come andare a correre), di perseguire il bello nelle piccole cose.

E’ necessario rialzare l’asticella e smettere di guardare alle persone come risorse e vederle nella loro interezza.

In bocca al lupo all’amico senza una mano e oggi senza lavoro.
Sarà una strada in salita, spero solo che la forza che lo ha portato ad accettare di lavorare 8 ore a infilare tappi lo aiuti anche ad andare oltre a questo fase.