Lunedì, al termine della giornata lavorativa, ho deciso di andare a fare una corsetta rigenerante.
Il percorso è quello che chiamo “Basso nel Bosco”.
Un anello che parte da casa e che amo particolarmente (non fosse altro perché è breve!)
Si parte con un tratto in discesa attraverso il paese fino ad imboccare una lunga sterrata in leggera salita.
Sono circa 4 chilometri, perfetti per scaldarsi bene.
Poi si lascia la strada e si imbocca il sentiero che con un continuo susseguirsi di salite e discese si inoltra nel bosco di abeti.
Si passano alcuni punti caratteristici, tra cui una pietraia gigantesca, fino a sfiorare un’altra frazione prima di rituffarsi in discesa e, attraverso un castagneto, rientrare a casa.
Se vogliamo dare i numeri:
Poco più di sette chilometri, poco meno di 400 mt di dislivello positivo, poco meno di un’ora per chiudere l’anello.
La magia della corsa ha iniziato a manifestarsi mentre attraversavo il primo bosco.
Ho lasciato alle mie spalle i problemi del giorno e ho iniziato a pensare ad altro.
Sulla pietraia stavo fantasticando su una possibile variante del percorso.
L’aria era tiepida e gonfia di umidità (aveva piovuto tutto il giorno).
Il sole giocava a nascondino tra le nuvole sui monti che chiudono la valle.
Ero circondato dai suoni della natura: il cinguettio degli uccelli tra i rami, il placido scampanio delle vacche al pascolo, persino il rintocco del campanile sembrava naturale.
Ho imboccato la discesa finale, la mente stava già pregustando la doccia.
Ho lasciato che la forza di gravità mi facesse accelerare.
Ho attraversato un pratone, saltato una poderale e sono piombato sul sentiero che taglia il castagneto.
Il fatto è che proprio quel bosco era stato scelto da una mandria di vacche e manzetti che stavano apprezzando il gusto pieno di quelle erbe montane.
Non so chi fosse più sorpreso, se io che non le avevo mai incontrate in quel tratto o loro che si sono viste precipitare addosso una macchia colorata, fulminea e silenziosa.
L’effetto è stato un fuggi fuggi generale.
Non potete immaginare quanto veloci si muovano quei quadrupedi.
Siamo abituati a pensarli placidi e ruminanti, ma se messi alle strette filano veloci come cavalli.
E non potete immaginare che strepito hanno fatto attraversando di corsa il bosco: era tutto uno schiocco di rami spezzati, un frastuono di massi rotolanti e un clangore di campane.
Superato il primo attimo di sbigottimento ho sorriso e proseguito la mia corsa, regalando un ultimo brivido a tre vitelli che non avevano fatto a tempo a seguire le madri attraverso il bosco.
Sono gli incontri che rendono così piacevole correre da queste parti.
A volte è il frullo d’ala di un falco che si alza in volo, a volte un lampo bianco della coda di un capriolo.
A volte una mandria di vacche in fuga…
Qui non ci si annoia mai!