L’obbiettivo sportivo del ’22

Sto per ritornare a gareggiare, ma dopo quasi 5 anni dall’ultima gara trail devo essere prudente e partire dalle basi

Non posso dire di certo che sono un sedentario. Mi piace vivere all’aria aperta e mi piace vivere la montagna a 360 gradi e in tutte le sue stagioni. Così d’inverno pratico lo sci (soprattutto lo scialpinismo, ma non disdegno le altre discipline) mentre in estate percorro la montagna spaziando dall’escursionismo alle vie più tecniche. Ma così facendo ho trascurato il mio primo amore: la corsa.

In realtà cerco di praticarla ancora e con continuità, ma appena il sentiero aumenta di pendenza, il passo rallenta e opto per una più efficace camminata.

scarpe appese al chiodo

Va anche detto che, come molti runner, dentro di me conservo la convinzione di poter ricominciare in qualsiasi momento. Tra me e me ragiono dicendo “correre è la cosa più naturale del mondo. Un atto spontaneo e facile, che in tanti anni si è impresso nella memoria muscolare del mio corpo. Quindi basta perdere un paio di chiletti, fissarmi un obbiettivo, recuperare un po’ di fiato… ed il gioco è fatto”.

Mai pensata idiozia peggiore.

Ti riallacci le scarpette, rivivi la sensazione di spingere a 4’/km senza fatica, ti lasci trasportare dall’entusiasmo (complice anche la partenza su strada in discesa) e senti la passione far risuonare il cuore in petto.

Ma dopo poche centinaia di metri, capisci che non è l’emozione ad accelerare il tuo battito, ma il fiatone. Ti sforzi, tieni duro, spingi bene con gli avampiedi e ti sembra di volare alle vecchie velocità. Poi butti un occhio al gps e scopri che stai andando a 6’40″/km…

Demoralizzato, ti giri e torni a casa camminando.

Lo sappiamo tutti: ricominciare è così difficile che l’unica via semplice è non smettere mai.

E non vogliamo parlare un po’ del Covid? È la scusa perfetta per qualsiasi problema. Ho preso 15kg in due anni? Colpa del Covid… Ho il fiatone anche a salire una rampa di scale? Virus maledetto… Non riesco a ritagliarmi la solita ora di allenamento? Depressione da lockdown…

Insomma, sto qui aviluppato nel mio bozzolo di autocommiserazione per negare l’evidenza che son pigro.

Per fortuna ci sono gli amici. Così, un paio di settimane fa, mi ha telefonato il Giova per dirmi che eravamo stati invitati a parlare dei nostri libri e del nostro rapporto con le attività outdoor alla 6 ore trail di Maser, una corsa atipica che si corre sulle colline asolane, in provincia di Treviso. Un anello di 6 chilometri e 300 metri di dislivello positivo da percorrere quante più volte si riesce nell’arco di sei ore.
Come dire di no?

Ho accettato. Ho messo giù il telefono e sono uscito a correre (con il risultato che ho descritto qualche istante fa). Ma ormai il dado era tratto e così ho fissato l’obbiettivo sportivo per questo 2022: superare la visita sportivo agonistica.

Ridete? Ma questa è la realtà, devo ripartire dalle basi.
Ieri ho superato la visita e oggi già guardo al prossimo ostacolo: il 26 marzo indossare un pettorale e girare per sei ore sulle colline della mia terra natia.

So già che non sarà la montagna cui sono abituato, so già che correrò per alcune decine di minuti e poi passerò alla marcia, so già che mi entusiasmerò per l’ambiente del trail che mi piace e per la nostalgia del passato.

Spero solo di portare a casa la pelle.

Ci vediamo a Maser tra un paio di settimane…

Ascolta “L’obbiettivo sportivo del ’22” su Spreaker.

Dica trentratrè

Dovevo farla e l’ho fatta.
Come ogni anno, puntuale come la dichiarazione dei redditi, è arrivata la scadenza della visita medico-agonistica.

Ecco, già il nome.
Noi l’abbreviamo, ma la versione completa recita Visita medica per il rilascio della certificazione per l’idoneità alla pratica sportiva agonistica.
La nostra versione, visita medico-agonistica, indica molto meglio la sua vera natura: è una gara!

Riflettiamoci bene.
Bisogna iscriversi per tempo e per farlo hai bisogno della richiesta rilasciata (in originale) dalla tua società sportiva.
Ti presenti e sei già teso, molto più che alla partenza di una competizione, sai che lì la faccenda non si riduce ad arrivare prima o dopo i tuoi compagni di squadra, se vai male non potrai praticare l’amato sport.

Nel mio caso devo compilare un questionario con l’anamnesi personale e familiare secondo solo, per dettagli richiesti, agli interrogatori del KGB e al modulo della donazione del sangue (ma su questo tornerò un’altra volta).
Mentre sei lì che rifletti cercando di ricordare se il povero nonno è morto per problemi di cuore o per l’enfisema polmonare dovuto al pacchetto di Nazionali che fumava ogni giorno, la gentile segretaria ti invita a raccogliere il campione di urine.

E mai una volta che mi scappi
quando sono dal medico!

Va beh, dopo aver strizzato le ultime gocce, scopro che il cardiologo mi attende per sottopormi alla prova da sforzo.
In pantaloncini e a petto nudo, mi accomodo (sempre che di comodità si possa parlare) sulla cyclette mentre il medico sistema gli elettrodi.
Quindi, con un sorriso mellifluo, mi chiede “possiamo partire?”

Le prime pedalate sono facili, tanto per scaldarsi.
Sorrido e chiacchiero con il medico, che risponde a monosillabi ed intanto aumenta la pendenza.
Inizio a sudare, smetto di parlare e mi concentro sul mio giochino preferito: tenere bassi i battiti.
Il dottore dà un giro alla sua manopola, il cuore si impenna, io sbuffo e cerco di abbassarlo.
E così via, fino a quando, con un ultimo giro di manopola, spiando il mio volto sudato e il respiro affannoso, il medico sardonico mi chiede “ce la fa ancora?”

CHIOD_ECG-sotto-sforzo
L’ElettroCardioGramma sotto sforzo secondo Chiod

Non faccio a tempo a rivestirmi che passo sotto le grinfie del secondo medico.
A lui spetta impormi la più difficile delle prove: la spirometria.

Non so chi l’abbia inventata, ma è una di quelle cose che davvero mi fanno sentire impotente.
Nella mia testa la paragono alle battaglie contro i mulini a vento di Don Chisciotte.
Un tubo in bocca del diametro di tre centimetri e i polmoni che si svuotano in un nanosecondo.
Spesso il medico mi guarda, scuote la testa e dice “è nei parametri, ma potrebbe fare di meglio!”

E poi l’ordinaria amministrazione: vista, test colori, auscultazione, domande di rito, che medicine prendi, che gare corri, un sorriso e la frase di chiusura “Tutto bene, ci vediamo il prossimo anno”.

Io l’ho buttata in ridere, ma davvero noi runners abbiamo un rapporto anomalo con i medici.
In spogliatoio ci lamentiamo di ogni cosa, quasi che fossimo la dimostrazione ambulante di un trattato di medicina.
Ma poi con il medico sportivo minimizziamo tutto: “Problemi particolari? No, nessuno” “Ho la pressione un po’ alta? E’ che ho appena bevuto il caffé” e via dicendo.

Invece questo passaggio sotto le forche caudine della visita medica che ci impone la federazione andrebbe visto come una grande opportunità.
Facciamo fare il tagliando alla macchina, la revisione alla caldaia, il giro di antivirus al computer, ma trascuriamo il nostro corpo?

La visita medica dobbiamo farla per poter correre, cerchiamo di trasformarla in un momento di check up.

PS per tutti: non preoccupatevi se non avete capito questo era un post “for addicted only”!
PS per i RUNNERS: Ed anche quest’anno è andata!

[Un grazie speciale all’amico Chiod per aver reinterpretato la mia esperienza. Scoprite “Il maratoneta principiante” e molto di più sulla sua pagina FaceBook NdA]