Eccomi qui, di nuovo, a riempire questo spazio.
Mi ero ripromesso di regalarmi una pausa di un mese prima di una fine anno densa di novità.
Il mese di agosto non è ancora finito, ma meglio iniziare a scaldarsi un po’ i muscoli prima della ripresa, così voglio raccontarvi dell’ultima gita delle vacanze…
Avevo sentito spesso parlare di Chemp in questi ultimi anni.
Si tratta di un borgo situato nel comune di Perloz (la località dove è ambientato il gran finale di Una seducente sospensione del buon senso) che risale alla fine del 1600 e che oggi è quasi completamente disabitata.
Abbarbicato a quota 850 mt sulla destra orografica del fiume Lys (quello della valle di Gressoney, per capirsi) gode di una fantastica esposizione a sud e di una vista sulla bassa valle che da sola vale la visita.
In passato, come tutti i paesi, era completamente autonomo, aveva la sua scuola, la sua chiesa, campi e vigne, e soprattutto gente. Ma con il passare del tempo le persone hanno (comprensibilmente) scelto di scendere a valle e di seguire le opportunità e comodità che le città potevano offrire.
Chemp è diventato così un paese fantasma. Ad abitarlo solo la signora Mirella e Pino Bettoni con la moglie.
Pino è uno scultore. Trent’anni fa ha visto Chemp e se n’è innamorato. Ha acquistato una porzione di casa e se l’è sistemata, dedicando una parte importante della sua vita al progetto di abitare in questo luogo.
Quasi a voler ridare vita alla frazione, Pino ha iniziato a popolarla di statue, creando dal legno i nuovi abitanti di Chemp ed inserendoli in una cornice naturale magica.
La voce si è sparsa, ed altri scultori sono saliti a Chemp per scolpire delle opere e lasciarle alla collettività. Altri hanno deciso semplicemente di accompagnare a Chemp alcune delle loro creature e lasciarle lì.
Così oggi, percorrendo le vie del paese, si incontrano personaggi fiabeschi: dalla bambina con l’aquilone alla ballerina, dalla piccola fiammiferaia ad una versione ferrosa del cane Slinky di Toy Story.
Persino la signora Mirella, che recentemente è morta e ha lasciato Pino e la moglie come unici abitanti del paese, rivive nelle sculture. E la troviamo intenta a dar da mangiare alle galline, osservata a distanza da un fiero gallo e da una volpe affamata, oppure a portare sul capo un carico di fieno… epigone della dura vita dei campi e imperitura memoria di un passato che sembra remoto.
Chemp ha una storia che andrebbe raccontata.
C’è una fontana diversa dalle solite fonti valdostane, a gettare l’acqua è il becco severo di un’aquila circondato da una data, il 1946, inciso sulla pietra. E’ il dono che i partigiani hanno fatto alla cittadinanza, ringraziandoli per il supporto: durante la Seconda Guerra Mondiale una delle più importanti basi operative partigiane era situata proprio sopra il paese.
C’è la vecchia scuola, una stanzona singola, all’ingresso del villaggio. Oggi sembra strano che un paese di poche anime abbia una propria scuola, ma in passato i bambini erano numerosi: le famiglie ne mettevano al mondo tanti e riempivano l’aria di risate e grida, anche quando l’unico divertimento era rincorrersi prima di aiutare i genitori nelle faccende domestiche o nei mille lavori della campagna.
Oggi non abbiamo più figli.
Non voglio fare il nostalgico e dire che sarebbe bello tornare ad una volta, troppo è cambiato nella nostra società. Però credo sia importante essere consci di questi cambiamenti che sono in atto e non accettare tutto come qualcosa di giusto ed ineluttabile.
Ma lasciatemi tornare a Chemp.
Ieri passeggiavo per le vie della cittadina e osservavo questo luogo magico a cui è difficile arrivare in auto (sono 25 minuti dall’uscita dell’autostrada a Pont St Martin) ed è più “logico” arrivare a piedi, traversando da Perloz o salendo da Lillianes.
Un gruppo di volonterosi ha deciso di aiutare Pino Bettoni nell’impresa “matta e disperata” di far rivivere il borgo di Chemp. Hanno creato l’Associazione Amici di Chemp e promosso un progetto di crow funding che è diventato un libro fotografico dal titolo “Chemp, un sogno portato dal vento” con splendide immagini di Enrico Romanzi, testi di Danilo Marco, Sergio Enrico e Umberto Druschovic e la prefazione di Paolo Cognetti.
Si raccolgono fondi vendendo il libro e con la speranza di creare altri progetti per non lasciar morire del tutto una delle più incantevoli e sconosciute gemme della Valle d’Aosta.
Ieri era un giorno di grande festa, con tanti visitatori e una guida a raccontare la storia di Chemp. Con i bambini che correvano tra le vie e facevano risuonare la campana della chiesetta, mentre Pino accoglieva la sua famiglia e gli amici intorno al tavolo nel suo giardino.
Oggi il paese è tornato alla sua silenziosa quiete, insensibile al passaggio del Tempo, un po’ come le travi di larice del rascard (la costruzione più antica del villaggio) che dal 1600 resistono alle intemperie, in attesa che l’estate diventi autunno e poi inverno e poi primavera e poi di nuovo estate.
Mi sono ripromesso di ritornare, da solo, almeno una volta a stagione, per apprezzare fino in fondo la compagnia delle statue lignee di Pino. Sedermi lì per qualche ora ad ascoltare le loro storie, nei colori rossi dell’Autunno o dopo la prima neve.
Segnatevi il nome e magari acquistate il libro, contribuendo ad alimentare il sogno di Pino (link).
Ma soprattutto, organizzatevi per fare una visita a Chemp.
Tornerete a valle con una modificata percezione dello scorrere del Tempo.