La mia prima volta è stata a Barcellona.
Ero andato lì per lavoro, stavo collaborando con uno studio grafico spagnolo, e loro mi avevano prenotato una stanza in un albergo molto alla moda, molto all’avanguardia, una parete della stanza era completamente di vetro, la doccia era un cilindro trasparente e c’era una pulsantiera che ti permetteva di cambiare il colore delle luci e la musica di sottofondo in base al tuo umore. Insomma un posto davvero cool, così cool che non ero riuscito a spegnere la musica e accendere la televisione…
Comunque. La mattina sono sceso a fare colazione e c’era un po’ di tutto.
Come al mio solito, ho chiesto un tè e mi hanno portato una scelta di tipi diversi in piccole piramidi di garza (sì, lo so che adesso si trovano anche al supermercato, ma negli anni 90 erano stravaganti il giusto).
Ho scelto un gusto a caso – gli amanti del té si scandalizzeranno – e sono stato travolto da un profumo intenso, leggermente affumicato, molto deciso.
E’ stato amore al primo sorso, tanto che dopo ho rincorso la cameriera per chiedere che tè fosse e la ragazza mi ha fatto vedere una confenzione piena di piramidi di garza con sopra il nome Pu-Erh.
Tornato a casa, finito l’Earl Gray della Twinings (all’epoca andavano di moda quelle scatole di latta lì), andai in negozio e cercai a lungo e senza successo quel tipo di tè che mi aveva stregato.
La ricerca continuò nelle settimane e mesi seguenti, ma sempre con zero successo. E il mio entusiasmo calò.
Più di dieci anni dopo, avevo invitato un’amica a dormire da me e lei si era portato un tè che, a suo dire, aveva effetti benefici sull’apparato gastrointestinale (anche se lei lo beveva soprattutto perché le piaceva).
Pensando si trattasse di qualche strana miscela new age, io usai il mio solito darjeeling, ma appena l’acqua calda toccò le foglie secche nella tazza della mia amica, un inconfondibile profumo si sparse per la cucina.
Lo avevo ritrovato.
Mi feci dare l’indirizzo del negozio e diventai un assiduo cliente.
Da quella volta il Pu-Erh non è più mancato a casa mia.
Quando sono andato in Cina per la maratona sulla Grande Muraglia, ho visitato anche la Città Proibita a Bejing (Pechino) e ho assistito ad una lezione sull’arte del preparare il tè e sulle diverse fragranze.
L’insegnante, ad un certo punto, ha detto che c’è un tè nero molto pregiato che solo gli imperatori potevano bere.
Era celebrato per le doti terapeutiche ed era conservato in larghi pani circolari di foglie compresse e secche.
Non serve che vi dica che si trattava del Pu-Erh.
Tutto felice ne comperai un po’ da riportare alla mia amica in Italia.
Questo lungo preambolo solo per dire che, in tempi di Covid e di confinamento nelle regioni, ero preoccupato – quasi come un drogato cui manca la dose – del livello di Pu-Erh che scendeva a vista d’occhio nel vaso a tenuta stagna in cui lo conservo. Avevo iniziato a razionare le dosi, diminuendo i grammi di tè con cui mi facevo la bevanda mattutina.
Il mio pusher, pardon, il mio negozio di fiducia si trova in Lombardia, così nell’impossibilità di recarmici ho provato a fare un ordine on line (era il venerdì di pasqua) e ieri mattina ho ricevuto il pacchetto con mia grande soddisfazione.
Quante parole per un evento così piccolo.
Eppure, sono le piccole cose che rendono piacevole la vita.
PS ecco il link di Wikipedia per scoprire di più sul Pu-Erh.
Ed un grazie speciale a Lisa & Paola della Teteria di Rho, che anche stavolta hanno salvato il mio equililbrio.