Faccio davvero fatica a capire come si possa riempire il web di foto di sè stessi. I famigerati selfie che hanno già poco senso quando posti una tua foto in compagnia di un personaggio famoso ma che diventano una inutile manifestazione di vanità quando sono semplici autoscatti.
Non li capisco per gli uomini, che spesso postano immagini totalmente inutili: vado a fare un viaggio all’isola di Capri ed invece dei faraglioni faccio sfoggio del mio faccione.
Li capisco ancor meno per le donne, che giustamente pretendono di non essere considerate oggetti, di non essere ridotte ad un corpo senza cervello, e poi invece di postare un pensiero o un verso, sfoggiano decolté o l’ultimo bikini nel camerino del negozio.
Gli sportivi, tra cui annovero molti amici, sono una categoria a parte e dividono equamente il primo piano tra viso e cronometro.
Non mi soffermo su tutti quelli che si atteggiano, impostando una boccuccia a culo di gallina, una smorfietta che vorrebbe essere simpatica, uno sguardo beota che vorrebbe essere intenso…
Il selfie è spesso costruito: pancia in dentro, petto in fuori, maglietta sapientemente rimboccata a nascondere la ciccia, un braccio mollemente piegato per non far vedere troppo seno, in favore di luce, dal lato migliore…
L’apoteosi la raggiungono quelli che il selfie se lo fanno fare, mettendosi in posa, oppure piazzando lo smart phone in modo da scattare in sequenza delle immagini che poi saranno ritoccate, filtrate, accuratamente selezionate e finalmente pubblicate con una didascalia del tipo “semplicemente io”.
Ormai non posso più esimermi, ogni volta che vedo un faccione trionfante su instagram o facebook, di pensare al momento e al modo in cui è stato realizzato e tutta la simpatia crolla miseramente.
Il selfie è la punta dell’iceberg del malcostume imperante sui social.
So che dovrei semplicemente passar oltre, ma oggi, dopo aver visto l’ennesima sequenza di abbronzature, non sono riuscito a trattenermi.