In questi giorni, per vicende personali, ho molto riflettuto sui distacchi.
Sia su quelli drammatici, come quando qualcuno muore, sia quelli meno definitivi ma pur sempre dolorosi, come una partenza o un “distanziamento sociale” imposto da una pandemia.
Quando muore una persona, il nostro pensiero corre subito a chi resta.
La compagna o il compagno, i figli, i genitori, gli amici. Persone che soffriranno molto più di chi se n’è andato.
Il dolore è provocato dall’impossibilità di avere accanto la persona che ti è cara. Da non poter ridere con lei, da non poter condividere emozioni e pensieri, da non poterle parlare, stringere, o anche solo osservare.
Questa sensazione è descritta dalla frase “quando muore qualcuno che ami, un po’ muori anche tu”.
![gente che saluta](https://franzrossi.com/wp-content/uploads/2020/12/fazzoletti.jpg)
Facendo le dovute proporzioni, un dolore dello stesso tipo lo si prova quando una persona parte per un viaggio per un luogo lontano o per trasferirsi in una città diversa.
Certamente è mitigato dal fatto che non è per sempre, e – ovviamente – dalle meraviglie tecnologiche che ci permettono di fare videochiamate e scambiare messaggi continuamente.
Ma il senso di vuoto che lascia la distanza da una persona che si ama è lo stesso.
Stiamo per affrontare il natale più strano (e più triste) della storia dell’Uomo.
Tradizionalmente durante queste festività le famiglie si riuniscono (“Natale con i tuoi, pasqua con chi vuoi”), la gioia dello scambio dei doni o anche solo le chiacchiere con una fetta di panettone in mano in cui si rivivono vecchi ricordi o ci si aggiorna su quella zia che vive in Brasile e di cui non si hanno notizie dal natale precedente.
Ecco, questo 25 dicembre sarà orfano di tutto ciò.
Sarà più freddo e più triste.
Allora penso al coraggio delle madri che piangono i figli morti, delle mogli i cui mariti sono emigrati dall’Africa alla ricca Europa, alle coppie divise dalle esigenze di lavoro, ai fratelli separati.
E mi dico che se ce l’hanno fatta loro, possiamo farcela anche noi.
Che il lockdown non durerà per sempre.
E faccio una proposta: scegliamo (uno per famiglia) una nuova data in cui festeggiare il natale.
Potrebbe essere il compleanno della nonna a febbraio, l’equinozio di primavera, o la ricorrenza del trasloco nella casa nuova.
Il natale quest’anno è solo rimandato.