Il coraggio di chi resta

Il natale 2020 sarà molto più triste, funestato dalla lontananza dalle persone che amiamo, ci aiuterà la tecnologia e un pizzico di speranza

In questi giorni, per vicende personali, ho molto riflettuto sui distacchi.
Sia su quelli drammatici, come quando qualcuno muore, sia quelli meno definitivi ma pur sempre dolorosi, come una partenza o un “distanziamento sociale” imposto da una pandemia.

Quando muore una persona, il nostro pensiero corre subito a chi resta.
La compagna o il compagno, i figli, i genitori, gli amici. Persone che soffriranno molto più di chi se n’è andato.

Il dolore è provocato dall’impossibilità di avere accanto la persona che ti è cara. Da non poter ridere con lei, da non poter condividere emozioni e pensieri, da non poterle parlare, stringere, o anche solo osservare.

Questa sensazione è descritta dalla frase “quando muore qualcuno che ami, un po’ muori anche tu”.

gente che saluta

Facendo le dovute proporzioni, un dolore dello stesso tipo lo si prova quando una persona parte per un viaggio per un luogo lontano o per trasferirsi in una città diversa.
Certamente è mitigato dal fatto che non è per sempre, e – ovviamente – dalle meraviglie tecnologiche che ci permettono di fare videochiamate e scambiare messaggi continuamente.

Ma il senso di vuoto che lascia la distanza da una persona che si ama è lo stesso.

Stiamo per affrontare il natale più strano (e più triste) della storia dell’Uomo.

Tradizionalmente durante queste festività le famiglie si riuniscono (“Natale con i tuoi, pasqua con chi vuoi”), la gioia dello scambio dei doni o anche solo le chiacchiere con una fetta di panettone in mano in cui si rivivono vecchi ricordi o ci si aggiorna su quella zia che vive in Brasile e di cui non si hanno notizie dal natale precedente.

Ecco, questo 25 dicembre sarà orfano di tutto ciò.
Sarà più freddo e più triste.

Allora penso al coraggio delle madri che piangono i figli morti, delle mogli i cui mariti sono emigrati dall’Africa alla ricca Europa, alle coppie divise dalle esigenze di lavoro, ai fratelli separati.

E mi dico che se ce l’hanno fatta loro, possiamo farcela anche noi.
Che il lockdown non durerà per sempre.

E faccio una proposta: scegliamo (uno per famiglia) una nuova data in cui festeggiare il natale.
Potrebbe essere il compleanno della nonna a febbraio, l’equinozio di primavera, o la ricorrenza del trasloco nella casa nuova.

Il natale quest’anno è solo rimandato.

La neve

C’è un silenzio speciale quando nevica.
Non solo la Natura tace, ma è come se le onde sonore non riuscissero a viaggiare tra i fiocchi di neve.

Eppure, in questo silenzio speciale, riesci a sentire il leggero crepitio causato dal posarsi di ogni fiocco sul manto che ormai copre il giardino.

C’è una luce speciale quando nevica.
Di giorno una specie di lucore diffuso, quasi giallo, preannuncia la neve. Poi quando i fiocchi iniziano a scendere, l’aria si fa tersa.

Emarese con la neve

E dopo la nevicata, tutto brilla.
Di giorno le montagne si stagliano candide contro il cielo che per contrasto appare di un azzurro sfacciato.
Di notte, la luce è amplificata dal candore del mantello nevoso. Ed è strana, perché viene dal basso invece che dall’alto, e modifica tutte le prospettive.

La neve altera tutti i nostri sensi.
L’aria sottile ti entra nelle narici e le rende più sensibili agli odori, come se risaltassero dallo sfondo.
Il freddo indirizzisce i tuoi polpastrelli e la neve farinosa sfugge alla tua presa. Oppure ti inganna, apparendo solida in superficie, ma appena appoggi il piede, la crosta ghiacciata si rompe e tu sprofondi.

La neve cambia anche le nostre emozioni.

Il Tempo sembra rallentare e tu acquisisci una calma speciale, quasi un distacco dalle cose che ti angustiano gli altri giorni.

La neve è la coltre sotto cui dorme la Natura.

Sotto la neve ho sepolto il mio cuore,
se tutto andrà bene a Primavera germoglierà.