Funziona così: per certi autori compro a prescindere.
Vedo che è uscito un loro nuovo romanzo e lo prendo, senza neppure guardare la terza di copertina per valutare la trama. Spesso non ricordo neppure il titolo, ma so che devo leggerlo.
Succede soprattutto con gli autori di gialli, ma non solo…
Quando sabato sono entrato in libreria per la mia solita “visita settimanale” tra gli altri libri ho anche ritirato l’ultima fatica di Antonio Manzini che ho imparato ad apprezzare seguendo le vicende del commissario (pardon, vice-questore) Rocco Schiavone.
L’ho messo sul comodino e l’ho lasciato lì preferendo iniziare con un altro testo, ma poi ieri sera mi è scivolato in mano e ne sono rimasto letteralmente stregato.
Gli ultimi giorni di quiete non è un giallo.
Ha i ritmi serrati del thriller e tratta di un assassino e di morte. Non sai dove va a parare, ti immagini dei possibili epiloghi ma alla fine cedi e ti lasci guidare dall’autore.
La storia è presto detta. Una donna, mentre torna a casa in treno, riconosce tra i passeggeri l’uomo che ha ucciso suo figlio. E la sua vita cambia.
L’idea è semplice ma l’abilità di Manzini nello scavare dentro i personaggi crea un vero e proprio universo. Nora (la protagonista) e il marito Pasquale sono entrambi schiavi del dolore provocato dalla perdita di Corrado, il loro unico figlio, ma reagiscono in modo molto diverso.
Manzini, che avevo apprezzato anche in “Sull’orlo del precipizio” dove il giallo scompare ed emerge più l’analisi della nostra società, usa la trama del noir per farci riflettere. Ci offre la possibilità di immedesimarci in tutti i protagonisti e verificare cosa avremmo fatto al loro posto.
La scoperta finale è che non ci sono vincitori o sconfitti, e persino il confine tra Bene e Male tende a scomparire, quando il dramma di un assassinio marchia le nostre esistenze.
Un gran bel libro. Da leggere e su cui riflettere.
Gli ultimi giorni di quiete
Antonio Manzini
Sellerio Editore, La Memoria
231 pagg. / 14,00 euro