Come alberi caduti

Una riflessione sulla caducità della vita e sul senso della morte. Niente male per una corsetta all’ora di pranzo…

Ieri durante la solita corsa, sono passato per un sentiero dopo parecchie settimane che non lo percorrevo.
E’ uno di quegli anelli che ormai mi è entrato dentro: lo ripeto ad occhi chiusi o, come dicono con una bella espressione gli inglesi, by heart.
Così, dopo aver girato intorno alla croce del colle, ho iniziato il ritorno verso casa.

All’inizio del bosco non ho notato grandi differenze, solo un sacco di foglie e ricci di castagne a terra. Ma appena dopo una salitella che ti porta nel suo cuore, ho trovato un grosso pino di traverso sul sentiero. L’ho aggirato e ho proseguito, solo per dovermi fermare di nuovo dopo pochissimi metri.
Un temporale, probabilmente uno di quelli che ad ottobre hanno colpito duramente tutto il Nord-Ovest, ha compiuto una vera e propria strage di alberi.

alberi caduti

Pini giganteschi erano crollati a terra, trascinando con loro alberi più giovani.
Alzando lo sguardo più in là, allontanandosi dal sentiero, come in un gigantesco gioco dello shangai, decine e decine di tronchi giacevano incastrati tra loro.

Un campo di battaglia coperto di caduti.
Uno spettacolo che stringeva il cuore.

Dopo aver perso quasi mezz’ora per percorrere, come un novello Barone Rampante, poche centinaia di metri, tutto è tornato normale.
Il sentiero muschioso, gli alberi svettanti, le rocce calde per il sole del pomeriggio.

Riprendendo a correre, ho iniziato a pensare a quanti anni ci sarebbero voluti per tornare alla situazione precedente.
– un mese di lavoro per gli operai forestali della Regione (quel sentiero è un tratto del Cammino Balteo).
– un anno perché le fronde si trasformino in compost.
– un lustro perché delle giovani piante sfruttino il nuovo spazio creato dalla tempesta.
– un decennio perché in quella porzione il bosco torni ad essere fitto come il resto.
– un quarto di secolo perché le nuove piante diventino alte come quelle cadute.

Eppure sono tutti eventi naturali.
Accaduti chissà quante volte in passato e che accadranno di nuovo.

Questo pensiero mi ha rasserenato.

Vedere tutti quegli alberi a terra mi aveva fatto pensare alla morte.

Un albero rigoglioso muore così, spazzato da una tromba d’aria.
Niente di crudele, solo un giro della ruota della vita.
E della sua morte beneficiano decine di altre piante, che trovano lo spazio e la luce per crescere, che trovano nutrimento dal suo corpo in decomposizione.

A ben pensarci, la morte di un albero diventa meno tremenda…

Allora mi è venuto in mente Maradona che proprio ieri se n’è andato.
Lui e i tanti che sono morti e hanno lasciato in me un segno.
Penso a Fabrizio De André, a Gianni Brera, a Giorgio Gaber tanto per citare alcuni nomi che conoscono tutti.
Ma c’è anche una lista di nomi meno noti al grande pubblico, ma per me altrettanto importanti.
Persone che mi hanno ispirato, o semplicemente mi hanno mostrato una via.

Nessuno di loro era perfetto.
Ma ognuno era importante.

Ecco, loro come gli alberi, morendo hanno creato lo spazio perché noi crescessimo prendendo forza dai loro esempi.

Se viviamo una vita degna di essere vissuta, anche la nostra morte avrà un significato.