Qualche sera fa me ne sono andato a letto con una triste considerazione che continuava a far capolino tra i miei pensieri.
Se proviamo ad astrarci dalla nostra vita, se guardiamo la società in cui viviamo da una certa distanza, allora ci appare evidente il pattern comune delle nostre vite.
Per pattern si intende quell’insieme di elementi che si ripetono. Nella trama di un tessuto forma il disegno, nella geometria frattale è lo schema che si ripete all’infinito, nella musica è il tema portante che ritroviamo in tutta l’opera.
Se guardiamo l’insieme delle vite degli uomini troviamo che una serie di eventi si ripetono con disarmante frequenza.
Nascite, morti, amori, tradimenti, malattie, colpi di fortuna, e l’elenco potrebbe continuare.
La cosa ancora più interessante è che anche le reazioni umane agli eventi sono fondamentalmente uguali. A stimolo uguale corrisponde reazione uguale.
Insomma il pattern è facilmente riconoscibile.
E quindi che ne è del libero arbitrio?
Siamo delle marionette inconsapevoli nelle mani della nostra risposta genetica? O per dirla in modo più fatalistico, del destino?
Così mi sono addormentato con in mente la domanda delle domande:
Che senso ha tutto questo nostro darsi da fare se poi i risultati alla lunga sono sempre gli stessi?
Non ho dormito bene la notte.
Tanti pensieri, alcuni problemi e un dolore sordo in mezzo al petto.
Ho riacceso la luce e ho cercato di distrarre la mente con qualche pagina di un libro.
Sto leggendo, peraltro con parecchio piacere, Shantaram. E ho trovato la risposta (o almeno la chiave per dare una risposta) alla domanda con la quale mi ero addormentato.
Ogni singolo evento che ci accade e ogni reazione ad esso, per quanto scontato e noiosamente ripetitivo possa essere, è la vita.
La nostra vita, insomma non è nell’insieme di ciò che ci accade, ma è in ogni singolo momento.
Il dolore è vita.
La fatica è vita.
La felicità è vita.
Vivere è agire in risposta a tutti gli stimoli che riceviamo.
Maggiore è il numero di stimoli, maggiori sono le nostre risposte e più intensa è la vita.
E già che ci sono mi tolgo un sassolino dalla scarpa (da running).
Ho le palle piene di quelli che mi dicono che la corsa è la metafora della vita.
La vita non ammette metafore.
Correre, una storia, un film.
La fatica, il dolore, le delusioni d’amore e le ubriacature.
Il senso di gioia al mattino presto o quel senso di impotenza al termine delle giornate storte.
Le incazzature. La fame. Il primo sorso di birra. Un verso di una poesia.
Una ragazza che ti sorride senza motivo.
Una colpa che ti addossano.
La parola giusta che chiude una frase, una cena tra amici intelligenti, una foto, una battuta in un film.
Tutto questo è vita.
Vivere è fare il pieno di tutto quello che ti capita.
Fino in fondo, fino alla fine del gioco.