What a show

Che spettacolo!
Vienna, ore 8:15, Eliud Kipchoge tenta di abbattere uno dei grandi muri dell’atletica: due ore in maratona.

Una macchina organizzativa perfetta.
Treni di 7 lepri che si alternano, cinque davanti e due dietro, nero vestiti, come pretoriani che scortano lui, vestito di bianco.
Una macchina elettrica che anticipa il drappello, con un raggio laser che disegna sull’asfalto una gabbia di linee che mantiene la velocità per battere il record.
Un percorso a bastone, un anello da ripetere enne volte con due giri di boa abbastanza stretti.
Gli allenatori che lo seguono in bicicletta con un computer montato sul manubrio.

20 mila persone che, nel parco del Prater, affollano le transenne e lo sostengono con un tifo da stadio per l’intera durata del tentativo.
Diretta televisiva su tutte le grandi reti, oltre che streaming su YouTube.

INEOS 159 challenge

E poi c’era lui.
Eliud Kipchoge, una macchina da corsa dalla meccanica perfetta, ma soprattutto una grande testa che lo sostiene e un cuore che lo ispira.
Detiene il record mondiale di maratona.
Ha già provato due anni fa ad abbattere il record (leggi qui).
Ed oggi corre in totale controllo.

Eliud Kipchoge

Per chi non comprendesse la dimensione dell’impresa: si tratta di viaggiare oltre i 21km/h (per noi appassionati di corsa 2’50″/km).
Come ha detto bene Giorgio Rondelli, grandissimo allenatore e commentatore capace di istruirci ecommuoverci, basta provare ad andare in pista e compiere un giro in 68 secondi.
Finirete senza fiato e lontani da quel tempo. Kipchoge deve mantenere quella velocità per 42km e 195 metri.

La sensazione che il record fosse alla sua portata c’era dal primo chilometro.
Una corsa controllata, un metronomo assoluto, negli ultimi 5 chilometri sorrideva sentendo le gambe che andavano a quel ritmo assurdo per chiunque altro apparentemente senza sforzo per lui, passato il cartello dell’ultimo chilometro ha superato le lepri e ha corso probabilmente il chilometro più veloce dell’intera maratona.

1 ora, 59 minuti e 40 secondi.

Oggi a Vienna, Eliud Kipchoge, ha fatto la Storia.

E’ stato un punto di svolta per lo sport, ma è stato anche un punto di svolta per l’atletica spettacolo.
C’erano i grandi sponsor INEOS in primis, ma anche Nike che era protagonista del primo tentativo.
C’era il grande pubblico (e mentre scrivo non so quante persone fossero collegate via televisione).

Ho scritto questo pezzo a caldo, e mi rendo conto che non ho citato il fatto che tra le lepri ci fossero i grandi nomi dell’atletica, campioni olimpici al servizio di un sogno.

Non ho citato che all’arrivo Kipchoge saltava come un grillo e correva senza sforzo, in barba al fatto che aveva appena abbattuto uno dei muri che si pensavano invalicabili.

Ma mi resta la certezza che i parchi di tutto il mondo oggi saranno pieni di persone che corrono con negli occhi quel piccolo uomo con la canotta bianca che ha affermato una volta in più che l’essere umano deve ancora scoprire i propri limiti.

Breaking to

Scrivo a caldo, dopo aver seguito in diretta un immenso Eliud Kipchoge correre 42.195 metri in 2 ore e 25 secondi.

Chi non corre non riesce a comprendere appieno la dimensione dell’impresa.
La maratona sotto le due ore è una cosa inconcepibile, quasi come il teletrasporto in Star Trek: teoricamente si può ma…

Nike ha messo su una sfida al muro delle due ore.
Ha assoldato i migliori professionisti, atleti, fisiologi, allenatori, ingegneri, e questa mattina alle 5:45 nell’autodromo di Monza la sfida ha avuto luogo.
Il muro non è stato abbattuto, ma (citando l’amico Felipe) un’immensa crepa è stata aperta.

Breaking2_Trailer

Ho snobbato questo tentativo di record.
Troppo artificiale, troppo marketing oriented.
Ma stamattina ho seguito LIVE l’evento e per gli ultimi interminabili 50 minuti ho spiato il sorriso di Eliud, il cambio perfetto delle lepri che si alternavano, l’incredibile macchina organizzativa che ha limato ogni dettaglio per rendere possibile il raggiungimento dell’obbiettivo.

L’ho snobbato, ma mi sono dovuto inchinare davanti all’evidenza della fatica.
Tenere un ritmo indiavolato (2’50″/km) per due ore è ai limiti della fisiologia umana.
Ma Eliud, come il calabrone che ignora le leggi della fisica che dicono che non può volare, l’ha fatto.

Ma Eliud, come il calabrone che ignora le leggi della fisica che dicono che non può volare, l’ha fatto.

Ha avuto fiducia nel suo team ed è partito in mondovisione a 2’50″/km, affidandosi ad un sogno.
Durante la prova era evidente come stesse cercando la pace dentro se stesso.
Era rilassato, spalle basse, passo rotondo, un sorriso che spuntava ogni tanto sul suo viso.
Un capolavoro della meccanica in movimento, ma anche la serenità di un monaco buddista.
Spirito e corpo.
Alla fine non si poteva non tifare per lui, per quel corpo nero fasciato da capi ipertecnici rossi, slanciato su scarpe avvenieristiche.
Per quel meraviglioso campione del genere umano.

2 ore e 25 secondi.
Quando è arrivato non ero ne’ contento ne’ deluso.
Quel record non mi apparteneva.
Ma sono stato felice di poter assistere ad una performance meravigliosa.

Il motivo per cui il muro non è stato abbattuto, secondo me, è semplice.
Non era una gara, non c’era competizione tra concorrenti.
Nell’ultimo chilometro gli altri atleti lo spronavano, ma Eliud non voleva batterli.
E’ mancata quella cattiveria agonistica che ti fa salire sulle spalle del tuo avversario e da lì spiccare il volo.

Il muro non è stato abbattuto, ma questo nulla toglie all’impresa e allo spettacolo.
Sono grato a Nike di aver messo in piedi (per ovvi e comprensibili fini pubblicitari) questo grandioso baraccone.

Non ho sbagliato il titolo di questo mio post.
Non è stato “Breaking Two” ma “Breaking to”
Una strada è stata aperta.
E adesso attendiamo curiosi cosa accadrà nel futuro prossimo.