I nuovi bulli

Siamo circondati dai nuovi bulli, persone che detengono il potere e lo usano per avere ragione a prescindere dal merito della questione

Trump, l’ex presidente degli USA, ha licenziato Christopher Krebs che era il direttore della CISA, l’agenzia per la sicurezza informatica e delle infrastrutture.
Il motivo? Krebs aveva definito le elezioni appena concluse come “le più sicure della storia americana”. E ovviamente ciò non poteva andar bene al tycoon che, ancor oggi, non ammette la sconfitta e parla di frodi.

Chissenefrega?
Magari sì. Ma è un ottimo spunto per trarre qualche riflessione più generale.

Il metodico zittimento delle voci contrarie tramite rimozione dagli incarichi o attacco sul piano personale (gogna mediatica) di chi ha idee diverse, è una strategia estremamente diffusa.
Sei contrario ad un mio progetto? Invece di discutere nel merito delle tue idee, attacco la tua persona per sminuirti o distruggerti.

donald trump

Lo facevano i bulli quando andavo a scuola e lo fanno i potenti oggi.
Non solo esponenti politici, ma anche imprenditori o personaggi famosi.

Forti del loro potere e di un meccanismo perverso che rende i media degli amplificatori privi di discernimento, i nuovi bulli spadroneggiano in rete.
E data l’equazione (totalmente priva di fondamento) “Più è virale, più è reale” raccolgono consensi ben al di là di quanto si meritino.

Esiste una soluzione a questo problema? O meglio, è davvero un problema?

Negli anni abbiamo accettato di barattare la libertà con la comodità.

Avviene in tutti i campi e a tutti i livelli.

Gli smartphone non richiedono un utente altrettanto “smart”.
La super specializzazione fin dai primi anni di scuola superiore ti trasforma in un esperto in un campo e un ignorante in tutti gli altri.
La comodità di acquistare on line e di avere i negozi aperti nei weekend (addirittura 24 ore) si paga con la perdita di posti di lavoro e lo sfruttamento delle persone.

Lo stesso meccanismo lo ritroviamo per le notizie.

Una volta ci informavano, adesso siamo informati.
Sembra un gioco di parole, ma è un fenomeno grave.
Abbiamo accettato un ruolo passivo nel processo di acquisizione delle informazioni.
Abbiamo delegato ad altri il discernimento tra ciò che è vero e ciò che è verosimile. Anzi, ormai anche ciò che è palesemente insensato, con la dovuta forza, può essere trasformato in reale.

Qualcuno dirà: “Ma chissenefrega di essere informati, io vivo bene nel mio piccolo mondo, a casa mia, nel mio quartiere…”
Questa nostra pigrizia nell’informarsi sul quadro generale si riflette tragicamente nel nostro vissuto quotidiano.

Non sapere cosa sia il MES o fregarsene di Lampedusa e degli sbarchi di persone in fuga o ancora, più recentemente, trascurare la pandemia (“la mascherina? io?”) e le conseguenze economiche (“‘sto governo di incapaci non riesce neppure a distribuire il fondo per le bici…”) sono tutte scelte che ci si ritorcono contro nel giorno in cui andremo a votare.
Allora non sceglieremo chi ha ragione (secondo noi) ma ci faremo influenzare da chi grida più forte.

Invece dovremmo cercare il confronto su un piano intellettuale, discutere sulle idee, ascoltare chi non è d’accordo senza prevaricarlo.
Smettere di seguire sui social chi la pensa come noi e provare ad ascoltare, invece, delle campane diverse.

In una parola, allargare la nostra visione.

Quando andavo a scuola, i bulli erano limitati e resi inoffensivi dal valore della cultura, dal rispetto per l’autorità che l’insegnante rappresentava e, non da ultimo, dalla forza del gruppo.
In quest’era di disimpegno, di ricerca di scorciatoie, di attenzione solo al proprio ombelico, i bulli la fanno da padroni.

E noi pagheremo il conto.