Bobo ed io

La storia di un’amicizia nata quasi per caso ma che mi ha aiutato a lavorare su un progetto che mi riempie di orgoglio, il podcast de Il ContaStorie.

Ci sono cose che succedono per un disegno superiore, chiamatelo karma (che è più di moda), chiamatelo dio (se avete la fortuna di crederci), chiamatelo destino (se non sapete che nome dargli).

In questi ultimi 15 anni, da quando frequento la Valle d’Aosta, prima come turista, poi come villeggiante e finalmente come residente, e la giro in lungo e in largo, sono stato colpito da alcuni quadri che mi coglievano sempre di sorpresa. Alle volte dalle pareti di un ristorante, altre esposte in un negozio, altre ancora usate come insegna. Lo stile era estremamente personale, un mix tra scultura e pittura, dei quadri a tre dimensioni e con tinte piatte e forti.

Quindi posso dire che ho imparato a riconoscere Bobo Pernettaz prima di conoscerlo.

Il mio amico Denis, che spesso mi ha fatto apprezzare angoli speciali della Valle (non a caso quelli della Lonely Planet gli hanno fatto scrivere la loro guida) aveva a casa un quadro di Bobo e così ho saputo che erano amici.

“Bene” – gli ho subito detto – “un giorno mi accompagni al suo laboratorio!” ma poi il tempo passava e non c’era mai l’occasione, io non ero ad Aosta o avevamo le giornate troppo piene.

Così è arrivato dicembre e Denis mi ha girato un vocale su WhatsApp: era un racconto che Bobo aveva registrato con il telefonino e parlava del natale di sua nonna Antoniette.

Ne sono rimasto stregato. Ho immediatamente compreso le potenzialità di quella storia; ho detto a Denis di contattare Bobo per farsela registrare meglio (nella prima versione si sentiva in sottofondo la lavatrice che girava!) e, dopo aver ottenuto il suo ok, ho creato un paesaggio sonoro scarno ed evocativo che valorizzava la voce caratteristica di Bobo, e lo abbiamo messo on line su Passaggi a Nord Ovest.

Bobo Pernettaz

È così che sono diventato amico di Bobo.

Mi ha telefonato e mi ha detto: “Senti Franz, ogni tanto mi chiamano e vado con degli amici a raccontare le mie storie, perché non vieni anche tu e fai il rumorista?”

Il rumorista!

Poi da cosa nasce cosa, e mentre facevo i suoni a corredo dei suoi racconti, è finito che ho imbracciato la chitarra e ho cantato qualcuna delle mie canzoni, e soprattutto nelle cene che seguivano gli spettacoli sono entrato in sintonia con un gruppo di nuovi amici.

Con Bobo c’è stata intesa immediata. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, ci accaloriamo per le stesse cose, abbiamo le stesse priorità nella vita, ci scambiamo consigli su libri, su canzoni, su trattorie tipiche.

Così è stato naturale provare a creare qualcosa insieme, ed è nato Il ContaStorie, un podcast che sono fiero di produrre.

Ogni mese, a partire dallo scorso novembre, esce un nuovo episodio.

Sono storie che partono da ricordi di Bobo o che, anche nel caso di quelle di pura fantasia, sono arricchite con i suoi ricordi. Essendo lui un pittore, si esprime per immagini, ogni suo racconto potrebbe diventare un quadro. Ma restituiscono in modo vivido uno spaccato della vita in Valle d’Aosta subito prima del boom economico degli anni ‘90.

Il mio lavoro è quello di essere il più invisibile possibile.

Nei testi metto appena le mani, tanto per garantire scorrevolezza o per inserire qualche particolare che Bobo mi aveva raccontato in una delle tante cene assieme. Il commento sonoro è ridotto all’essenziale per lasciar emergere tutto il colore della voce di Bobo.

È uno dei lavori di cui sono più orgoglioso.

Sono convinto che mettere on line le sue testimonianze sia un modo di preservare un certo tipo di cultura che è differente da quelle main stream. Più ruspante, forse. Di certo più autentica.

Le storie sono un potpourrì di voli pindarici, di iperboli romantiche, di esagerazioni poetiche. Ogni storia dura poco più di 15 minuti. Un quarto d’ora in cui verrete sottratti alla fretta e alla confusione del mondo.

Questo è il nostro contributo, mio e di Bobo, al vostro universo digitale.

Quindici minuti di fantasia, di storie di altri tempi, di pause lunghe e di scoppi di risate.

Post Scriptum: vi lascio il link alla serie Il ContaStorie, che comunque trovate su tutte le piattaforme di podcasting. Qui sotto, come al solito, la versione “ascoltabile” del mio post…

Ascolta “Bobo ed io” su Spreaker.

Voci che sono la mia

Una breve recensione all’ultimo libro di Matteo Caccia, un testo che svela attraverso le storie come lavori il celebre conduttore radiofonico

Ho l’abitudine di comperare i libri pubblicati dai miei amici.
Lo faccio a prescindere dal loro contenuto, un po’ perché mi fa piacere restare aggiornato su quello che combinano, un po’ perché scrivere un libro è una fatica ben maggiore che acquistarlo e leggerlo, e quindi mi sembra giusto tributare loro almeno questo semplice omaggio.
Poi ci sono quei casi, e questo è uno di quelli, in cui mi viene voglia di parlarne.

Per analizzare “Voci che sono la mia” è necessario spendere due parole su chi l’ha scritto.

Matteo Caccia è un’autore radiofonico ed un attore.
Ha scritto e condotto programmi come Amnèsia e Pascal (su Radio2) o Vendo Tutto e Linee d’Ombra (su Radio24), è autore di podcast che hanno avuto un grande successo come La piena o Oltre il confine, è l’ideatore del format Don’t tell my mum che allieta da anni le serate del Pinch, un locale di Milano. Insomma ha costruito una carriera di successo sulle storie e sulla voce.

L’ho conosciuto grazie alla corsa, nel 2017 siamo andati assieme a New York per correre la maratona, ma lo avevo apprezzato già prima, seguendo i suoi programmi radiofonici. Matteo è anche un insegnante della celebre scuola Holden di Torino. E quest’ultima informazione è preziosa per capire meglio il libro di cui vi voglio parlare oggi.

voci che non sono la mia

Mentre mi apprestavo a scrivere queste note mi sono chiesto come descriverlo: non è un romanzo, non è un saggio, non è una raccolta di storie vere.
Forse la cosa a cui si avvicina di più è l’autobiografia di un narratore umile, di un uomo che si è messo al servizio delle storie per dar loro una voce.

Attraverso una ventina di racconti, Matteo Caccia ci introduce nel suo mondo e nella sua professione (mi veniva quasi da scrivere la sua missione).
Da bravo studioso del suo campo, analizza cosa sia una storia, come si crei quel vincolo speciale tra chi racconta e chi ascolta, come ogni storia ci cambi la vita, sia quando ne siamo protagonisti sia quando, semplicemente, la ascoltiamo.

Matteo è uno scrittore ed un attore.
Se non fosse entrambe le cose, programmi come quelli che lo hanno reso celebre non esisterebbero. Impresta la sua voce alle storie degli altri (come fanno i bravi attori) ma è anche in grado di creare l’humus narrativo per lasciare ai protagonisti lo spazio per emergere.
Sembra tutto facile, ma c’è fatica e studio dietro ogni racconto. E questo testo alza un po’ il velo sull’oscuro lavoro svolto prima di andare in onda.

A mio giudizio, è un libro che non dovrebbe mancare nelle librerie di chiunque desideri scrivere e di chi è appassionato di linguaggi e scrittura. Ma è anche un appassionante spaccato di vita reale, una collezione di umanità varia, raccontata con garbo e un immenso rispetto.

In oltre 20 anni di carriera radiofonica, Matteo Caccia ha ascoltato migliaia di persone raccontare i loro ricordi, le loro storie, e quelle più interessanti sono finite in una cartella del computer di Matteo, in attesa di essere raccontate.
Il titolo, fulminante nella sua semplicità, descrive bene il libro.
Storie che sono la mia è un modo per Matteo Caccia di raccontarsi attraverso le pieghe delle storie altrui.

Voci che sono la mia
Come le storie ci cambiano la vita
di Matteo Caccia
Edito da Il Saggiatore
191 pp / 18,00 euro

Ascolta “Voci che sono la mia” su Spreaker.