Vivere di montagna

Trasferirsi a vivere in montagna è stato un passaggio importante nella ricerca di un equilibrio che questa fase della mia vita richiedeva

Odio le mode.
Sono una di quelle persone che sceglie ostinatamente di allontanarsi dal pensiero comune (il mainstream come dicono gli inglesi); uno di quelli che cerca la propria strada, che evita i best seller, che non compera l’abito alla moda, non ascolta le hit.

Eppure mi trovo coinvolto in questa tendenza che sta diventanto moda.
Nel 2018, dopo che per anni ho fatto il pendolare – settimana a Milano, weekend in montagna – mi sono trasferito in Valle d’Aosta.

A dirlo così sembra un colpo di testa, invece era un progetto a lungo cullato.
Ho cercato ed acquistato una casa; mentre aspettavo che i miei figli abbandonassero il nido ho sistemato la casa, trasformandola da alloggio vacanza in abitazione; e finalmente ho compiuto il grande passo e spostato il mio baricentro nelle Terre Alte.

Sono due le domande che mi vengono poste più frequentemente: perché lo hai fatto? E adesso lo rifaresti?

scialpinismo

Partiamo dalla seconda. Lo rifarei? Adesso sì.
Milano è una città che ho amato e amo ancora. E’ viva, è energizzante, ricca di opportunità e stimoli, culturalmente all’avanguardia. Ci ho vissuto per quasi vent’anni e mi ha dato tantissimo. Professionalmente certo, ma anche umanamente.

Il passaggio dalla metropoli al paese di poche decine di abitanti, paradossalmente non è stato un trauma. Forse perché non è stato un abbandono ma un allontanamento.
Oggi so che Milano è là. Ci torno sovente per lavoro e per amicizia, ma sto bene qui.

Ogni vita ha le sue fasi e, nella mia esperienza personale, ogni fase ha un suo luogo.
Milano è stato quello dell’agire. Emarése, il paese dove vivo, è quello del riflettere.

Arriviamo così alla prima domanda: perché?

Credo che sia tutta una questione di equilibrio.
Avevo bisogno di ritrovare un contatto onesto con la Natura, con il mondo, con la materia da cui veniamo.
Volevo recuperare quella semplicità delle cose essenziali, dei gesti minimi.

Sia chiaro, non dipende dagli altri o dal luogo dove abiti. Il processo di semplificazione (il downsampling per usare un altro termine inglese) dipende esclusivamente da noi, dalla nostra mente.
Ma per me significava molto allontanarmi fisicamente dal mondo artificiale e complesso della grande metropoli.

Oggi sono sereno.
Vivo in montagna. Vivo di montagna.
Non tanto per il sostentamento economico, ma per l’orientamento esistenziale.

Andar per monti ti insegna uno stile che poi applichi naturalmente anche nel sentiero della vita.

Contare sulle tue forze; accettare la fatica; tenere il passo; appoggiare bene un piede prima di muovere l’altro; confrontarti con i tuoi limiti. Ed ancora, continuare ad esplorare; accettare le condizioni metereologiche su cui non hai controllo; adattarti alle stagioni.

E’ uno stile di vita che diventa parte della tua natura.
E’ quello che cercavo quando mi sono trasferito.
E’ quello che intendo quando dico che vivo di montagna.

Ascolta “Vivere di montagna” su Spreaker.

Geloso io?

Sto scoprendo che sono sempre più geloso.
Ma non per amore.
Sono geloso dei miei spazi.
Dei luoghi e del Tempo che dedico alla riflessione.

Una volta accendevo la radio appena salito in macchina; spesso, anzi, la lasciavo accesa così che bastasse girare la chiave per sentire quelle chiacchiere di sottofondo.
Adesso la accendo solo quando c’è un programma che mi interessa e la spengo appena è finito.

Una volta non perdevo occasione per uscire in compagnia.
Adesso esco con qualcuno solo quando penso che ne valga la pena.

Sono cresciuto nella logica del fare più cose possibili, magari allo stesso tempo.
Ho raggiunto il culmine quando mi sono trasferito a Milano, la città che non si ferma mai.
Mi sono ubriacato dell’adrenalina che viene dall’essere sempre sotto pressione: nuove scadenze, nuovi obbiettivi, di più, di più, di più.

Anche correre, per me, aveva quel significato.
Allenarsi per migliorare il proprio crono, oppure per andare più lontano (la maratona, la 100k, la 100 miglia e ancora e ancora).

Ora non più.
Adesso rallento per godermi il paesaggio.
Faccio silenzio, per lasciar spazio ai pensieri.
Sto da solo, perché la mia compagnia non mi pesa.
Cancello gli impegni, invece di accumularli.

E corro per il piacere di farlo.
(Oltre che per dimagrire, per non avere il fiatone in salita, per non perdere tutti i benefici fisici che derivano dalla corsa).
Corro perché è un momento solo mio.

La contemplazione, che una volta era sinonimo di tempo buttato, è diventata una componente fondamentale della mia giornata.

Non sto parlando di esercizi mistici o di elevazione spirituale.
Mi limito ad assaporare i minuti; a rendermi conto di quello che faccio e perché.

Alla fine di ogni pausa di riflessione, mi sento più completo.
Alla fine di ogni corsa, ho le gambe pesanti ed il cuore leggero.

Come dicevo, da quando mi sono reso conto di questo mio modificato atteggiamento, sono diventato molto più geloso di questi spazi personali e li condivido sempre meno ed esclusivamente con alcune persone.

So che una mia amica mi prenderà in giro, dicendo che da sempre sa che sono uno snob.

Forse è vero.
Ma a prescindere da quello che dicono gli altri, credo che importi come mi sento io.

Ho intrapreso un viaggio verso la serenità.
E ho scoperto che da soli si viaggia più leggeri.