Il diritto di non correre

Mentre scrivevamo Niente panico si continua a correre, Giovanni ed io abbiamo inserito anche un decalogo del podista. Volevamo raccogliere alcuni consigli imparati dall’esperienza e proporli con un po’ di umorismo come se fossero delle regole.

Alla fine è uno dei capitoli più citato del nostro libro e questo ci fa piacere.

L’idea era venuta a me, sulla falsariga di quanto fatto da Daniel Pennac in un’opera che considero una pietra d’angolo per gli amanti della lettura, parlo di Come un romanzo, dove citava il decalogo dei diritti del lettore. 
E il primo diritto è quello di non leggere.

podista stanco

E Pennac mi è venuto in mente durante questo ultimo weekend.
Avevo lavorato molto tra giovedì e venerdì, sabato sono dovuto andare a Bergamo (250 km ad andare ed altrettanti a tornare) e domenica pioveva che dio la mandava… insomma – per dirla tutta – non avevo proprio voglia di correre. E così ho fatto.

Dallo scorso anno ho deciso di non gareggiare più, di correre solo per piacere e per mantenere vivo quel rapporto con il mio corpo che è un vantaggio collaterale di correre regolarmente.

Il bello di questo approccio è che mi permette di liberarmi di quel fastidioso senso di colpa dell’uscita mancata (che è tipico del runner che prepara una gara).

E c’è ancora un altro vantaggio.
Dopo aver saltato un’uscita programmata, di solito, torni con più voglia di correre.

Nel mio caso ho corso venerdì, il sabato era previsto riposo, così domenica dovevo correre ma sono rimasto a casa.
Pigramente, sul divano, davanti alla stufa. Dividendomi tra libri e televisione.
Sono uscito sotto l’acqua solo per eliminare alcuni rami che l’ultima nevicata aveva abbattuto, ma niente di più.

Oggi non vedo l’ora di indossare le scarpette e di uscire (magari in pausa pranzo) a fare un’oretta allegra, togliendo la ruggine dalle gambe e riempiendomi i polmoni dell’aria frizzante dei miei boschi.

Tanto domani vado a correre

Per me le parole sono importanti.
Ne ho fatto un tratto caratteristico della mia vita: di parole campo.

Fatico ad avere una relazione con chi non usa le parole.
Con chi le usa a casaccio o con quelli che le usano come un’arma.

Allora capirete che, da amante delle parole, mi sento in colpa per gli ampi spazi vuoti che lascio su questo blog.

Non sono sparito, vivo la mia vita e mi capitano un sacco di cose da raccontare.

Però non sto correndo.

Ecco, l’ho detto e già sto meglio.
Ho confessato di essere reo della massima colpa per un runner… non correre.

In inverno tendo sempre a rallentare.
Ma quest’anno non riesco ad uscire neppure una volta a settimana.

Ogni volta c’è un buon motivo per non farlo: un impegno di lavoro, la sveglia spenta perché la sera prima avevo tirato tardi, il fatto che quando sono a Milano devo lavare la roba a mano in albergo…

E poi la regina di tutte le bugie: “Oggi salto, così domani corro con X…” oppure “Non esco oggi che ho poco tempo, meglio domani che è sabato e ho la giornata intera a disposizione…”

Procrastinare è diventato il mio sport preferito, altro che correre.

annibale

Quinto Fabio Massimo si era guadagnato l’appellativo di cunctator (il Temporeggiatore) quando, nella guerra contro Annibale, invece di attaccar battaglia adduceva mille ragioni diplomatiche per parlare. E così facendo evitava delle solenni batoste che il condottiero africano infliggeva ai suoi colleghi.

La strategia di Fabio Massimo era vincente.
La mia, temo, si rivelerà piuttosto debole quando, tra meno di un mese, parteciperò con  una staffetta alla Milano Marathon per EMERGENCY.

Sto prendendo una forma tanto imbarazzante quanto tondeggiante.
Dovrei mangiare di meno, però mi dico “Tanto domani vado a correre!”

Mi viene il fiatone sulla salitella di casa e rinuncio sempre a correre dietro al bus.
Basterebbe fare un po’ di ginnastica a casa, o andare in palestra con i colleghi, però mi dico “Tanto domani vado a correre!”

Non ho più camice che non mi tirino sul petto, o maglie che non evidenzino le forme.
Dovrei passare al negozio ed accettare la nuova taglia, però mi dico “Tanto domani vado a correre!”

[ . . . ]

“Il primo passo verso la risoluzione è ammettere di avere un problema”

E questo l’ho fatto.

Adesso vedremo se dopo il primo passo, segue il secondo e poi il terzo e così via… di corsa preferibilmente!