Questioni di cuore

Un romanzo affascinante che, con il pretesto di narrare la vita di Ligabue, indaga sull’animo umano. Splendida prova di Novita Amedei

Sono le piccole storie che accadono ogni giorno a rendere preziosa la nostra vita.

Come nel caso di questo libro che non sarebbe mai finito nel mio radar se non avessi dato vita alla rassegna Saint-Vincent Livres, se al primo appuntamento di quest’anno non avessero partecipato per puro caso i genitori dell’autrice, se l’autrice stessa non fosse stata in vacanza in Valle d’Aosta, se Maria Teresa (la libraia di cui parlo sempre) non avesse l’occhio lungo e la mente allenata all’acchiappare libri.

Tanti “se”, tanti piccoli meccanismi che sono scattati nel momento giusto e mi hanno fatto trovare sul comodino questo romanzo.

Possiamo semplificare al massimo la storia e dire che si tratta della biografia romanzata di Antonio Ligabue, il grande pittore. Ma sarebbe davvero riduttivo.

Il cuore è una selva è un vero e proprio viaggio nella campagna emiliana della fine della Seconda Guerra, e ancora di più un viaggio nella micro società di un piccolo paese.

Tutti i personaggi, dall’oste al parroco, dal prefetto al medico, sono disegnati con amore da Novita Amedei e resi vividi nel racconto per la profondità dei caratteri.

E’ – a ben pensarci – un viaggio nei mille sentimenti dello spirito umano: amore, odio, simpatia, paura, vergogna, coraggio, codardia…

La storia scorre fluida, dall’arrivo del “matto” fino alla rivelazione delle sue doti artistiche. La vita di Ligabue (mai indicato per nome) si intreccia a quelle degli altri paesani e la storia del paese si intreccia con la Storia con la esse maiuscola che vede l’Italia in guerra.

Non voglio svelare di più di questa trama delicata ed intensa, lascio a voi il piacere di scoprire e gustare ogni intreccio.

Ma voglio ancora spendere due parole sulla scrittura di Novita Amedei.
E’ una voce estremamente personale e caratteristica. Nelle prime pagine mi ha colpito e – a tratti – persino respinto, obbligandomi a rallentare la lettura e tornare sui miei passi. Ma un po’ alla volta mi sono lasciato cullare dal suo ritmo e mi ha conquistato.

E’ un libro da leggere con calma, assaporando ogni pagina.

Il compagno ideale per questo periodo di vacanza.

Il cuore è una selva
Novita Amedei
Neri Pozza, Bloom
272 pagg. / 18,00 euro

La fine è nota

La fine è nota

Un romanzo che deve la sua fama a Leonardo Sciascia il quale, come faceva sempre, durante un viaggio in treno acquistò un paio di gialli per fargli compagnia. Tra essi questo La fine è nota di uno sconosciuto Geoffrey Holiday Hall.
L’aneddoto (riportato nella nota finale al libro) termina con uno Sciascia ammaliato dalla scrittura di Hall che ne cerca – invano – altre opere.
La signora Sellerio è più abile, e recupera anche “Qualcuno alla porta” (del 1952) che è pubblicato nella stessa collana.

E’ molto più di un giallo.
Inizia con il suicidio inspiegabile di un uomo che ha attraversato l’America per venire a morire in un lussuoso palazzo di New York.

Rimane da scoprire chi fosse quell’uomo e il motivo del suo gesto.

A questo si dedica Bayard Paulton, l’inquilino dell’appartamento da cui l’uomo si è gettato. E’ la voce narrante del libro ed il testimone di una storia che attraversa un’epoca e la provincia americana.

Capitolo dopo capitolo, i frammenti di vita di Roy Kearney si svelano, raccontando la storia di un uomo segnato, fin dalla nascita, dal destino della sua famiglia.

Hall è davvero bravo a rendere, come in un dipinto di Hopper, le immagini di quell’America e le vite dei personaggi che si alternano nel racconto. Personaggi tutti estremamente vividi e reali, tanto da mettere in crisi le certezze di Bayard Paulton, un uomo che ha raggiunto il successo: dirigente di un importante negozio, felicemente sposato con una donna perfetta (almeno per i party), con un appartamento lussuoso e finemente arredato.

Eppure anche Paulton, pagina dopo pagina, si trova coinvolto in questa storia, fino all’ultimo capitolo dove la storia giunge al suo – peraltro un po’ prevedibile – finale.

Ma perdono volentieri a Geoffrey Hall la mancanza di suspance.
In fondo, come ho detto fin dall’inizio, è un grande romanzo, non un giallo.

La fine è nota
Geoffrey Holiday Hall
Sellerio Editore
12,00 euro
4 stelle su 5

Ed è subito magia

C’entra poco con la corsa, se non fosse che ad invitarmi è stato un amico che avevo conosciuto quando correva.
Riccardo Taolin è stato una delle lepri più gettonate della maratona di Venezia e uno dei miei punti di riferimento in molti trail.
Veneziano come me, seguendo il cuore si è trasferito in Valle d’Aosta qualche anno fa, così capita sovente che ci frequentiamo.

La corsa, tra i tanti benefici permanenti che regala, ti fa conoscere persone speciali.

Il pretesto per vedersi, questa volta, era la presentazione di un libro.
Si tratta di Cadenze d’inganno, opera prima di Alessandro Sbrogiò.
E’ un appassionante giallo che si svolge nell’ambiente della musica.

L’appuntamento era fissato alle 20:30 al castello di Introd.
In lieve ritardo, ho lasciato la macchina nel parcheggio e seguendo una coppia mi sono incamminato nell’oscurità.
Ho capito ben presto che ero finito nel cimitero del paese, ho fatto marcia indietro ed ho preso un altro vialetto che mi ha portato all’ingresso del vecchio maniero (risale al XII secolo, qui maggiori dettagli).

Castello d'Introd
La sala del castello d’Introd (ph Franz Rossi)

All’interno mi attendeva una sala bellissima, affrescata con toni rossi, il soffitto in legno, un immenso caminetto che all’epoca scaldava le serate dei signori di Introd e che troneggiava alle spalle dei relatori.

Riccardo aveva invitato, oltre all’autore del libro, alcuni altri amici che fanno parte della Baroque Venice Orchestra (in effetti Alessandro Sbrogiò, Riccardo Taolin e i musicisti si erano conosciuti proprio mentre l’orchestra faceva i primi passi) così un quartetto d’archi si apprestava a far risuonare la sala della musica di Vivaldi.

Ed è stato subito magia.
Sono stato trasportato in un’altra epoca, quando invece della televisione, le famiglie si dilettavano a suonare delle partiture di musica. Antonio Vivaldi, Wolfgang Amadeus Mozart, Johann Sebastian Bach e via dicendo.

Così, mentre noi del pubblico venivamo introdotti allo splendido mondo della musica barocca, Alessandro Sbrogiò ci dava qualche piccola anticipazione del suo libro, a partire dal titolo.
Le cadenze, spiegava Sborgiò, sono le frasi musicali che chiudono un brano. Possono essere “perfette” e dare un senso di compimento o “d’inganno” e lasciare la porta aperta ad un nuovo brano.

Lui, musicista classico, aveva mutuato le tecniche musicali per la scrittura e nel romanzo, una serie di cadenze d’inganno strizzano l’occhio al lettore suggerendogli possibili finali (e colpevoli) e lo sorprendendono poi con sviluppi diversi.

La storia è ambientata nella Venezia dei nostri giorni, e più precisamente nel mondo della musica antica. Il lavoro filologico del musicista lo porta a cercare le partiture originali scritte dagli autori (e tutti i trattati di musica dell’epoca) allo scopo di ricostruire il più fedelmente possible il brano musicale.
A volte capita di trovare dei manoscritti originali che aiutano in quest’opera di ricostruzione. A volte capita persino di trovare dei manoscritti di autori sconosciuti.
Ed è questo che accade ad un direttore d’orchestra che, proprio mentre si appresta a far conoscere al mondo un antico musicista sconosciuto, perde in circostanze drammatiche il secondo violoncellista e a Sauro Parisi, protagonista del giallo, toccherà sostituirlo.

Di più non svelo, ma il romanzo (e la serata di presentazione) è l’occasione per essere introdotti in questo mondo nuovo, fatto di musicisti, di concerti e, ovviamente, di tutte le umane passioni.

Un bel libro, che scorre veloce e che ti tiene avvinto fino all’ultima pagina.
Un’opera prima che ha vinto il Premio Lorenzo Da Ponte 2017 e che grazie a questa vittoria è stata pubblicata da Diastema Editrice.

La mia serata si è conclusa nella brasserie ai piedi del Castello, chiacchierando fino a notte inoltrata con i musicisti e con l’autore, confrontando ricordi veneziani e tradizioni valdostane, e mescolando grappe e liquori.
Come dicevo, non c’entra molto con la corsa o con lo sport, ma ho scoperto che il terzo tempo del trail e del rugby è stato adottato anche dai mucisti barocchi.