Non è facile racchiudere in due righe il senso di un articolo. E lo è ancor di più quando il tuo social manager fa pressione per titoli che attirino l’attenzione (clickbaiting) del distratto lettore del web.
Ma si rischia grosso.
E’ capitato a Repubblica (e a molti altri giornali) a proposito della sentenza della Cassazione relativa al caso dello stupro di una donna alterata dall’alcol.
Il senso della sentenza (come spesso accade se a parlare sono i giudici) è non solo corretto ma anche eticamente condivisibile: hanno confermato che nei casi di abusi sessuali, se gli stupratori si avvalgono di armi o violenza fisica o sostanze (tra cui l’alcol) per riuscire più facilmente a forzare una donna bisogna applicare un’aggravante della pena.
Ma se la donna ha bevuto volontariamente e quindi non è in grado di difendersi, vale in toto l’accusa di violenza sessuale per cui gli stupratori saranno condannati, ma non si può applicare l’aggravante dell’alcol.
Si parla dell’uso dell’alcol come strumento per stuprare (che è inapplicabile) e non dell’aggravante dovuta all’essersi approfittati di una persona momentaneamente non presente a se stessa.
In quest’epoca in cui basta poco a scatenare gli istinti, c’è subito stato un coro unanime e bipartisan di biasimo per la sentenza.
Io vorrei che ci fosse un’altrettanto violenta reazione per ogni caso di stupro. Ancora oggi non c’è abbastanza attenzione alle violenze (verbali e fisiche) di cui le donne sono oggetto.
Incolpevolmente. Sempre e comunque.
Ho visto un bel grafico che indicava la principali cause di stupro: abiti provocanti, atteggiamenti disinibiti, alcol… ma erano tutte a percentuale zero. Il 100% delle ragioni di uno stupro sono gli stupratori.
E la sentenza della Cassazione non ha detto nulla di diverso da questo.
PS di seguito i link dell’articolo intero da cui (faticosamente) si evince il senso che ho testé raccontato.