Pane al pane

Da ormai quasi tre anni, mi occupo professionalmente di podcast per conto di Borioula Media Company.
Li scrivo, li interpreto, li produco, ma soprattutto li ascolto.

Ciò non deve stupire: così come lo scrittore di libri dev’essere anche un vorace lettore, parimenti chi scrive e produce podcast dovrebbe ascoltare, ascoltare, ascoltare

Forte di questa premessa, mi aggiungo alla massa di chi si sente titolato per criticare e segnalo quello che, a mio giudizio, è un macroscopico difetto in cui incorrono moltissimi produttori.

I podcast sono fatti per essere ascoltati.

È una cosa evidente, è nella natura stessa del podcast, eppure ci sono moltissimi esempi di scarsa attenzione per chi ascolta.

pocasting

La madre di tutti gli errori sono le registrazioni dei programmi radiofonici: inviti a telefonare o commentare in diretta, riferimenti ad altri programmi che seguono e che ovviamente non ci sono, riferimenti temporali assoluti (“stamattina i giornali sono pieni…”).

Poi ci sono le registrazioni in diretta di eventi live: una conferenza, un monologo a teatro, un dibattito. Nel 90% dei casi non si sentono le domande del pubblico, il protagonista del monologo, essendo un attore, affida parte del suo messaggio alla gestualità che, ovviamente, va persa nel podcast, nei dibattiti le persone intervengono senza dire chi sono e dopo un po’ non ti raccapezzi più.

Ma la cosa che più mi infastidisce sono i videocast, pensati per essere messi su youtube e poi convertiti in tracce audio. Danno per scontato che le persone li stiano guardando, indicano le cose sul tavolo e non le specificano, fanno espressioni buffe e smorfie per sottolineare dei concetti invece di argomentare, mandano “in onda” dei filmati per cui al loro audio si aggiunge un altro audio e la confusione è massima.

Lo so che “del maiale non si butta niente” e la tentazione di convertire un evento, un programma radiofonico o un video in podcast è tanta.

Ma l’ascoltatore finale subisce questa faciloneria e, di conseguenza, il mondo dei podcast viene, almeno parzialmente, squalificato.

La soluzione è aggiungere un commento audio che spieghi quello che succede.

È lavoro in più, ma non poi così tanto. E gli ascoltatori sapranno apprezzarlo.

Post Scriptum come già scritto in altri post, non riesco a pubblicare la versione acoltabile del mio blog a causa del trasloco in corso… ci sentiamo dopo l’estate

Sogni e social

I social sono diventati parte del nostro mondo. Dobbiamo quindi impegnarci a renderli meno inquinati di polemiche sterili e pretestuose

In questi ultimi mesi ho notato che FaceBook (insieme ad Instagram, visto che sono entrambi di proprietà della stessa società) ma anche Twitter, recentemente acquistato da Elon Musk, hanno alzato il volume del rumore di fondo.

Se prima vedevo i post delle persone che seguivo e ogni tanto un annuncio pubblicitario (anche quello personalizzato, nel senso che parla di cose che ho cercato precedentemente su web), adesso vedo un numero maggiore di annunci e un numero spropositato di post facenti parti di gruppi che sono vicini agli argomenti di mio interesse (nel mio caso montagna, scrittura, libri, corsa ecc.)

Credo sia dovuto al calo di interazioni operate dalle persone.

Prima c’erano, ad esempio, sette/otto post originali di persone, due/tre rilanci di notizie da giornali o altri siti, un post di pubblicità e si ricominciava. Adesso le persone “normali” non postano quasi nulla, se non auguri di compleanno e panorami di vecchie gite; i giornali postano praticamente tutte le loro notizie (salvo poi chiederti di abbonarti se ci clicchi sopra), generando tra l’altro un sacco di rilanci con o senza commento da parte di persone normali; la pubblicità targhettizzata (sì lo so, qualcuno lo scrive senza h) è presente in modo massivo, ben superiore agli altri post.

E poi si lamentano se nessuno va più sui social… un po’ come la tv privata, un po’ di pubblicità va bene, ma poi preferisci pagare un canone a Netflix, Sky, Prime, EuroSport ecc e guardare solo quello che ti interessa. Ma questo è un altro discorso.

Bene, in questo rumore di sottofondo, gli unici post che continuano imperterriti ad arrivare sulla mia bacheca sono quelli polemici.

influencer

Mi piace la montagna?
È più probabile che veda un post cretino che paragona gli influencer di oggi a Messner e Bonatti che una notizia vera di qualche scalata.
È più probabile che di Alessandro Filippini, storico dell’alpinismo, esperto di Terre Alte e giornalista della Gazzetta dello Sport, mi arrivi la polemica contro le bandiere di Zani di Linea Bianca piantate su un 4000 che la segnalazione di un successo o di un fallimento himalayano.

Un problema dell’algoritmo? Decisamente no.
Il software mi propone le notizie che sono state più cliccate dalle persone che fanno parte della mia community (amici, altri membri di gruppi simili, persone con gli stessi interessi). FaceBook non sbaglia, è una cartina tornasole del livello dei frequentatori di FaceBook.

Quindi il vero problema sono le persone?

Qui spezzo una lancia per l’umanità: non siamo tutti cretini. O per lo meno, non lo siamo tutto il tempo. Quando navighiamo i social tendiamo a regredire verso l’uomo primitivo. Un po’ come succede quando sei in coda nel traffico. Oppure quando fai il tifo allo stadio.

Che senso ha pubblicare un post che si scaglia con ferocia contro una cosa che tutti sappiamo essere negativa?

“Basta con l’abbandono dei cani in autostrada!”

Lo pubblichi perché pensi di convincere chi sta per lasciare il vecchio Fido legato al guardrail o solo perché hai bisogno del coro di consensi che ti fa sentire un piccolo leader? (o magari meno solo?)

Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti che lanciarsi in campagne su temi largamente condivisi, riaffermare i luoghi comuni, allinearsi al pensiero main stream senza contribuire in qualche modo, è inutile, se non persino dannoso quando eleva il livello della polemica, della rabbia.

È un po’ come quando, alzandoci la mattina, ci troviamo in testa i residui emotivi della notte. Possiamo essere spaventati, addolorati, rabbiosi perché qualcuno in un sogno ci ha minacciati, ci ha lasciati, ci ha trattati male. E ci resta una traccia di emozione contro quella persona.

Ma siamo stati noi stessi a creare il sogno. Non l’altro.
E siamo quindi noi a doverci liberare del sogno, dell’emozione residua, a svegliarci del tutto insomma.

Ecco quindi il mio pensiero mattutino: quando navighiamo i social, proviamo a svegliarci un po’. Impariamo a riconoscere le polemiche sterili dai problemi concreti. E soprattutto i fatti dalle rumorose esternazioni da essi provocati.

È un esercizio di ecologia sociale.

Un po’ come quando buttiamo la carta nel cestino e non per terra.
I social sono parte dell’ambiente in cui viviamo.

Facciamolo per noi stessi, quindi, per restare saldamente al comando delle nostre idee. Ma facciamolo anche per i social, per riportarli a quel livello iniziale che li ha resi parte integrante delle nostre vite. Un luogo di cazzeggio e spensieratezza, un luogo di ritrovo in attesa di trovarsi al bar, in palestra, al lavoro.

Ascolta “Sogni & Social” su Spreaker.

Guardare dentro

Con il corona virus è partita la polemica contro i runners, ma un po’ di colpa l’abbiamo anche noi…

Stamattina ho visto un tweet di Fiorella Mannoia che esprimeva in toto il mio pensiero

Mi sono spesso chiesto in questi giorni quale sia il motivo per cui c’è un livore così forte nei confronti di runners e ciclisti.

Sgombro subito il campo da polemiche.

La corsa per noi è un divertimento e come tale viene dopo, nella lista delle priorità, a tutte le altre attività (lavoro, cibo, salute). Non moriamo se non corriamo o corriamo di meno.
Ciò detto, se decidiamo di correre, dobbiamo chiederci se ci sono le condizioni minime di sicurezza, che oggi significa due cose.
UNO: bisogna correre da soli. Non ad un metro o a due metri da altri, correre proprio da soli; su percorsi dove non ci sono altre persone (altri runners, gente che passeggia con il cane, persone con bambini). In città è difficile, ma siate creativi. Scoprite angoli di campagna che non conoscevate, correte nel cortile come criceti, fate ripetute da 27 metri, insomma adattatevi.
DUE: bisogna evitare di esporsi a rischi di infortunio. E’ ovvio: non possiamo chiedere ai medici di sistemare una caviglia rotta o curare un malanno perché abbiamo preso freddo. Siate molto più prudenti del solito. Non correte su strade trafficate (anche se il traffico è molto calato), non correte su percorsi accidentati. Insomma fate attenzione.

Se posso, mi permetto di aggiungere un ulteriore consiglio.
Non mettetevi a fare polemica.
Siete usciti a correre.
Lo avete fatto con prudenza, cercando di rilassarvi e non di allenarvi, per il puro piacere di farlo, per sfogarvi dopo una giornata di tensioni.
Bene, basta così. Perché pubblicare sui social post trionfalistici con i crono o con la foto del lungomare deserto? Perché fare polemica con frasi “Correre è un mio diritto!” oppure “Anche la legge dice che posso correre” o il classico “Perché possono andare a comperare le sigarette ed io non posso correre?”
Abbassiamo i toni.

fiorella mannoia

E torno al bel tweet di Fiorella Mannoia: io sto provando a limitarmi l’accesso alle notizie, guardo qualche sito d’informazione e un tg al giorno, ho drasticamente diminuito il tempo passato a leggere i social. Mi occupo piuttosto di osservare me stesso, a riflettere su come questa situazione mi sta cambiando.

Insomma, provo a non guardare tanto fuori ma più dentro di me….