La ricetta della felicità

Cosa serve per essere felici? Come trasformare un sogno in realtà? Ecco una semplice ricetta, adatta proprio a tutti

Per prima cosa bisogna sognare un Sogno.

Poi, appena svegli, è necessario riporlo in un cassetto del cuore per farlo maturare.

Quando il Sogno è lievitato e preme per uscire, bisogna estrarlo, meglio se di sera e con la luna piena, per poi massaggiarlo dolcemente per spremerne tutto il succo di Desiderio, che riporrete in una fiala a parte, e finalmente portare alla luce l’Idea.

Attenzione! Non lasciare l’Idea esposta troppo a lungo all’aria e agli agenti atmosferici, potrebbe seccarsi e quindi deteriorarsi irreparabilmente.
Se, per qualche ragione ineluttabile vi trovate obbligati a far trascorrere del Tempo tra la maturazione dell’Idea e la sua realizzazione, è necessario avvolgerla in un tessuto caldo il cui ordito intrecci fili di Pazienza e fili di Speranza.

L’Idea deve essere trattata con molta cura, attenzione e delicatezza. Attraverso un processo naturale di maturazione tenderà a prendere corpo e a trasformarsi in un Progetto.

Questo è il momento più importante, il momento chiave dell’intera ricetta. Bisogna agire subito; spogliarsi di ogni dubbio e ripensamento ed iniziare a lavorare alacremente al Progetto.

la ricetta della felicità

Il Tempo è una variabile ma la Dedizione è una costante.

Mantenete sempre l’attenzione sull’obbiettivo finale, ove necessario bevete a piccoli sorsi dalla fiala del Desiderio per mantenere alta la Motivazione.
Non fatevi distrarre da sensi di colpa o, peggio ancora, da nuovi progetti. Il multitasking è una chimera di questi tempi malati.

Lavorate. Lavorate. Lavorate.
Più gocce di sudore verserete, maggiore sarà la soddisfazione ultima.

Ci siamo, il Progetto sta per essere realizzato. Il Tempo e il Lavoro lo hanno trasformato e ciò che era Sogno adesso è Realtà.

Godete del vostro successo, ma tenete a mente che ci sono due piccoli accorgimenti che permettono di fare un salto di qualità, dalla Gioia alla Felicità.

Il primo è “condividete il vostro successo” e così facendo godrete anche dell’altrui Gioia.

Il secondo, forse più importante, è “condividete con chi amate il vostro progetto”, perché la Felicità è tutta nel viaggio, non nella meta.

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Dal sogno alla scena

Al Teatro Carcano di Milano per seguire una piece di Daniel Pennac che mette in scena un suo sogno e lo trasforma in realtà

Lunedì sera sono tornato a teatro.
Non so più da quando tempo non frequentavo una sala e riprovavo il gusto antico di attendere l’affievolirsi delle luci. Di certo da prima della pandemia.
Comunque lunedì sono andato a Milano, al Teatro Carcano, a vedere “Dal sogno alla scena”, di e con Daniel Pennac. Sì proprio lui, l’autore del saggio Come un romanzo, della fortunata saga del Signor Malussene e di tanti altri capolavori. In realtà il testo è stato realizzato a tre mani: Daniel Pennac appunto, Clara Bauer (che firma anche la regia) e Pako Ioffredo che, assieme a Demi Licata divide la scena con Pennac.

Erano tante le curiosità prima dell’inizio.
Avrebbe parlato in francese? Sarei riuscito a seguire il testo?
Cosa spinge uno scrittore di successo a calcare le scene? Sarebbe stato Pennac che impersona Pennac o avrebbe recitato un ruolo?

Dal sogno alla scena

Al nostro ingresso in sala, il sipario era già aperto e la scena si presentava spoglia. Due sedie, uno di quei bauli da attrezzi di scena con sopra un portatile. Poi, puntuali, le luci si sono abbassate e Pennac, da dietro le quinte, ha iniziato a parlare in un italiano stentato, quasi computerizzato, rispondendo alle mie domande.

“Che ci faccio qui? Che ci sto a fare dietro le quinte di questo teatro, dietro a questa porta che sta per aprirsi sul palcoscenico?
Io! Su un palcoscenico! Che mi ha preso? Io che non ho mai voluto fare l’attore!
Tra poco la porta si aprirà e io mi precipiterò in scena.
Perché? Perché io? In che cosa mi sono andato a cacciare? Ma che cosa ho nella testa?”

Lo spettacolo dura poco più di un’ora ed è una lunga riflessione sul rapporto tra sogno e realtà, che vengono mediati dal racconto.

Per uno come me, che del raccontare storie ha fatto un mestiere, era un invito a nozze.

Pennac parla lentamente in francese e gli altri due attori si alternano nel tradurre in italiano il testo. Ma non è un semplice doppiaggio, è un effetto teatrale, in cui le voci e i racconti si confondono. Dal primo racconto di Pennac si passa, senza soluzione di continuità, ad un brano in napoletano stretto (e devo dire che avrei avuto bisogno di traduzione più per questa parte!) in cui si racconta di un vecchio operaio e delle sue fedi: il lavoro, il partito comunista e Maradona.

L’intero spettacolo è strutturato come una sequenza di racconti, immaginifici e coloratissimi, in cui la realtà e il sogno si sovrappongono.
Scivola via leggero, mentre ti perdi nella mimica che aiuta a comprendere il francese, nella ripetizione delle frasi quasi a trasformarle in celebrazione, nelle risate che sfuggono al pubblico e anticipano anche l’eventuale traduzione.

Una piece semplice. Essenziale. Una lezione di story telling (per gli appassionati del genere) ma anche una lezione di recitazione teatrale, con i gesti sempre leggermente caricati, con le frasi e le parole ad effetto, con le scene ridotte al minimo.

Pennac tocca i temi e i personaggi a lui cari. Federico Fellini, l’immigrazione, il racconto, il popolo… Lo fa con leggerezza, senza imporre nulla, ma suggerendo idee, instillando sensazioni.

Uscendo dal teatro riflettevo su come sia bello poter assistere a tutto questo. Su quanto sia importante per l’Uomo esprimere, attraverso l’arte, i pensieri e le emozioni che non possono essere spiegati a parole. E su come, alla fin fine, Milano non sia poi così lontana dalla Valle d’Aosta.

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Sogni di M

Non faccio mai incubi, ma ci sono dei brutti sogni che mi rendono ben più inquieto, e la cosa peggiore è che fatico a svegliarmi

Io non sono tra quelli che sognano spesso. Anzi…
Sì, lo so che in realtà sogniamo tutti, ma solo certi sogni “emergono” a livello di coscienza e li ricordiamo al mattino dopo. Ma a me, questa cosa capita veramente di rado.

Non ho mai avuto incubi. Perlomeno se per incubi si intende un sogno che ti mette paura, che ti fa svegliare di soprassalto grondante di sudore e con gli occhi sbarrati.

Da bambino ero terrorizzato dagli uomini lupo, i lupi mannari. Un compagno di classe mi aveva raccontato che ci sono persone che nelle notti di luna piena si trasformano. E io avevo vissuto nel terrore che mio fratello minore, con il quale condividevo la stanza, nella notte si coprisse di lunghi peli, gli crescessero le zanne e gli artigli e mi aggredisse.

Dopo lunghi mesi passati a studiare il ciclo lunare e a guardare con sospetto mio fratello quando si coricava, sono finalmente passato oltre.

Ma quelli non erano incubi, erano paure ad occhi aperti. Il mio cervello e la mia fantasia bastavano ed avanzavano a non farmi prendere sonno (e di conseguenza sognare).

sveglia

Però mi capita spesso, direi in ben più di metà dei sogni che poi ricordo, di fare sogni inquietanti. Che nel titolo del post di oggi ho definitio “sogni di M”. Sono quelli in cui ti trovi catapultato in una realtà assolutamente verosimibile, a fare cose che desideri fare, con persone che desideri incontrare, ma poi la situazione degenera. E nel mio caso, che sono un amante del controllo, tutto inizia a scivolare verso un epilogo tragico.

Ad aggiungere sofferenza al tutto, accade che nel sogno, ben più spesso di quanto accada nella vita vera, io sono consapevole della brutta piega che stanno prendendo gli eventi. Intuisco la “tragedia” incombente ma non ho potere o mezzi per evitarla. Assisto impotente alla mia débâcle, e non posso far altro che soffrire quando si realizza.

Il brutto è che spesso il finale entra in una sorta di loop: accade, mi struggo dal dispiacere o dalla rabbia, riaccade, mi aviluppo un po’ di più nel mio dolore, succede di nuovo, magari perché sono costretto a riviverlo mentre lo racconto ad una terza persona… e così via.

Poi suona la sveglia e ci vuole un po’ prima che riesca a dividere sogno e realtà. Allora butto giù le gambe dal letto, commento “Sogno di merda” ed inizio la mia giornata.

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