Il teatrino

Sono nauseato dal teatrino che i nostri politici hanno messo su a Roma. Invece di concentrarsi sulla pandemia fanno i loro sporchi giochini di potere

Sono nauseato dal teatrino della politica.
Una manica di mestieranti si arabatta per guidare il Paese in questo tempo di crisi.
Si dividono in governo ed opposizione. Ma nessuno dei due fa il proprio mestiere.

Il governo dovrebbe governare. C’è una buona norma che dovrebbe seguire chi comanda: parlare una volta sola ed agire di conseguenza. Che significa prendere una decisione, stabilire una strategia ed attenersi ad essa.
Invece chi ci guida continua a farsi tirare la giacchetta da tutte le parti. Impone una regola dura e poi l’ammorbidisce appena qualcuno si lamenta. Prospetta mirabolanti piani di sostegno e non riesce a metterli in campo. In un periodo caotico come questo non riesce a comunicare con esattezza cosa sta succedendo e cosa è bene che noi facciamo.

L’opposizione ha il ruolo di avvocato del diavolo. Dovrebbe vigilare sull’operato del governo per aiutarlo a non sbagliare in attesa di nuove elezioni quando, magari, salirà al governo. Invece critica in maniera chiassosa e senza costrutto. Sfrutta ogni momento per farsi bella agli occhi della gente. E si è specializzata nel fare promesse roboanti su cosa avrebbe fatto se fosse stata al governo, ben sapendo che al governo non è e che quindi quelle promesse sono vane chiacchiere.

In questo ultimo anno a noi popolo viene chiesto di comportarsi con responsabilità.
E i nostri governanti, intanto, mostrano il loro senso di responsabilità facendo cadere un governo traballante nel momento più sbagliato per l’Italia.

Non ci sono più destra e sinistra, perché non è più un sistema di valori, un’ideologia, a guidare le scelte dei politici, ma una mera ricerca di consenso. Se il Parlamento fosse FaceBook, diremmo che sono a caccia di like. Ma chi queste cose le studia, parla di demagogia e qualunquismo.

parlamento

E se c’è una cosa che mi fa ancor più ribrezzo dei politici sono i commentatori politici che continuano a dire “li abbiamo votati noi”.
Vorrei ricordare a queste persone che l’ultima volta che abbiamo votato era il marzo 2018.
Ne nacque un papocchio.

5 Stelle e Lega sono usciti (nettamente) vincitori dalle urne.
Hanno impiegato mesi per mettere in piedi un governo (quello gialloverde) che è stato suicidato da Matteo Salvini (un demagogo e non uno statista, come appare chiaro con il senno di poi).
Il PD (pallida ombra della vecchia sinistra) ha colto al balzo l’occasione per spingere lontano dal tavolo la Lega e convolare a nozze con il Movimento 5 Stelle generando il governo giallorosso.

Intanto scoppia il Covid.
E noi persone normali ci preoccupiamo della salute dei nostri vecchi e di cercare di sbarcare il lunario in un momento difficilissimo per l’economia italiana e mondiale.

A questo punto: colpo di scena. Cosa decide il buon Renzi? Di mettere in crisi il governo.
Per dovere di cronaca, ricordo che Renzi era stato a capo del PD e primo ministro in un governo di sinistra. Si era suicidato politicamente trasformando un referendum confermativo (per la legge che riduceva il numero di Senatori) in un referendum su di lui ed aveva perso.
Con la coda tra le gambe era riuscito a rientrare nel Parlamento nelle elezioni del 2018, salvo aspettare qualche mese nell’ombra per poi fondare (nel settembre 2019) Italia Viva, un nuovo movimento che non ha mai partecipato ad un’elezione e che quindi non ha mai preso un voto. Però, raccattando parlamentari qui e là, vale un qualche punto percentuale (tra il 4 e il 5%). Proprio quei punticini che possono far traballare la maggioranza.

Adesso, dopo aver detto che Conte è un incapace e un affossatore della democrazia, dopo aver fatto cadere il governo, si rimangia tutto e dice al povero Mattarella (santo subito) che è disposto ad appoggiare un terzo governo Conte.

Tornando ai miei amici buonisti, che dicono che questa genìa di politici l’abbiamo votata noi, vorrei spiegare che io il 4 marzo 2018 avevo votato PD per essere contro la Lega, contro il centrodestra e contro i 5 Stelle.
Ho votato PD perché ero (e sono) fortemente convinto dei valori che un tempo caratterizzavano la sinistra.

Il teatrino della politica oggi dimostra che la democrazia è morta.
Non perché non siamo liberi di andare a votare, ma perché votiamo una persona ed un partito che poi è autorizzato a piegare la testa e anestetizzare la coscienza per opportunismo politico.
Che senso ha dare il mio voto sapendo che l’eletto non è tenuto a rispettare quanto ha detto prima delle elezioni? Che può saltare da uno schieramento ad un altro?

Sia chiaro che non penso che la soluzione siano leggi che impongano agli eletti di essere coerenti. E neppure credo che sia utile chiedere per ogni decisione a noi elettori (il patetico tentativo dei 5 stelle con la piattaforma Rousseau dimostra che noi popolo non possiamo essere consultati).
Io delego con il mio voto una persona (ed un partito) a rappresentarmi, a prendere le decisioni che io non sono sufficientemente documentato per prendere.
Ma pretendo coerenza dagli eletti.
La democrazia è morta con il senso dell’onore dei politici.

Non voglio fare di tutte le erbe un fascio, ci sono politici appassionati, persone perbene, ma se nel canestro di mele basta una mela marcia per far marcire tutto, purtroppo non è vero il contrario.

Chiudo questo mio sfogo con un’ultima riflessione.

Io penso che oggi ognuno di noi debba combattere la sua battaglia: evitare di contagiarsi e di contagiare, continuare a lavorare senza farsi deprimere dalla situazione, aiutare come può i tanti che non possono lavorare. Continuare a vivere.

Non mi aspettavo e non mi aspetto grandi cose da chi ci governa.

Ma vorrei almeno che avessero la decenza di non fare in piazza i loro giochetti sulla pelle degli altri.

Ascolta “Il teatrino” su Spreaker.

Mal comune…

Questo nuovo lockdown ci pone di fronte ad una scelta: rinchiuderci in noi stessi o guardare avanti?

Il rischio più grande connesso a questa pandemia (e a tutte le misure necessarie per contenerla) è che perderemo di vista il quadro generale e ci fisseremo su quello iperlocale.
Mi spiego meglio.

I problemi legati al Corona Virus sono sotto gli occhi di tutti.
E’ una malattia che ha colpito l’intero globo e che si è tentato di contenere con strategie diverse.
Al momento la situazione è ancora grave: l’Europa conta un numero di malati e di morti impressionante, ma soprattutto continua ad esserci una velocità di propagazione elevata che – se non si interviene – metterà in crisi (nuovamente) le strutture sanitarie.

Il virus passa da persona a persona, se le persone non si incontrano (o si incontrano meno) la velocità di propagazione cala o si ferma.
Quindi, in attesa di vaccino e cure, gli Stati hanno bloccato più possibile le persone.
Naturalmente queste misure hanno tutta una serie di controindicazioni: economiche (moltissime aziende sono in crisi e di conseguenza le persone perdono il lavoro o lavorano meno) e psicologiche (la tensione sociale è alle stelle e le persone soffrono di questo isolamento forzato).

Chi governa (in Italia e in ogni altro paese) è costretto a prendere decisioni impopolari e si alza potente il coro dei dissensi e delle proteste.
Gli scontri che abbiamo visto accadere (e torno a ripetere che ciò succede sia in Italia che all’estero) ci hanno riportato alla mente le rivolte del passato. Sono comprensibili anche se insensate. Per protestare contro la chiusura dei negozi se ne distruggono le vetrine?

Da domani saremo di nuovo in stato di blocco.
Le regole variano a seconda della gravità della situazione (regione per regione), ma sostanzialmente prevedono una ridotta mobilità (spaziale e temporale) e la forzatura del distanziamento sociale.
Non critico la scelta (e sono felice di non dover essere io quello che l’ha dovuta fare), ma vorrei sottolineare un potenziale rischio.

Ognuno si arroccherà nel proprio comune, nel proprio paese, nella propria casa.
Si ridurranno le occasioni per vedere altre persone dal vivo mentre salirà la preoccupazione per il nostro futuro immediato.
Inizieremo a rinchiuderci in noi stessi, a guardare il nostro ombelico, a fare comunità con chi ci è vicino.

monte bianco

E’ una reazione naturale e, tutto sommato, sana.
Immagino aumenteranno i gesti di piccola solidarietà quotidiana tra vicini di casa (almeno nelle comunità piccole come in quella dove vivo io) così come aumenterà l’ostilità verso chi viene da fuori (e non mi riferisco solo agli extra comunitari, ma anche ai nostri compatrioti che vengono da altre regioni).

Ripeto, credo sia una reazione naturale e, tutto sommato, sana. Ci permetterà di fare fronte comune verso un nemico esterno ed invisibile. Sarà d’aiuto per non scivolare nella solitudine e nella depressione. Aiuterà chi è più debole e più solo.

Ma si correrà il rischio di perdere di vista cosa sta succedendo in Europa e nel mondo.
Invece la dimensione globale di questa pandemia è un elemento fondamentale per avere un corretto senso delle proporzioni su quello che ci accade.

Non siamo oggetto di un attacco mirato.
Siamo in balia di qualcosa di incredibilmente grande.

Non ce l’hanno con me, o con i miei vicini, la mia regione o il mio paese.
E’ un problema dell’intero pianeta.

Non è l’Italia o i nostri governanti che stanno sbagliando.
Tutto il mondo naviga a vista.

Un vecchio detto recita: “Mal comune mezzo gaudio”.
L’ho sempre trovato insopportabile.
Se io sto male e mi consolo pensando che altri sono nella mia situazione sono un piccolo uomo.

Preferisco chi dice: “Un peso portato in due è più leggero”.
Dobbiamo tutti portare il nostro fardello, contribuire con un atteggiamento responsabile.

E per comportamente responsabile non mi riferisco tanto all’indossare una mascherina (spero che ormai tutti abbiano capito quanto sia importante), ma a continuare ad essere positivi.
Dobbiamo giocare questa partita con le carte che abbiamo in mano.
Inutile recriminare, dobbiamo vivere al meglio.

Cerchiamo di avere cura di noi stessi e di chi ci sta vicino.
Continuiamo a fare progetti e portare avanti le cose che possiamo fare.
Non seppelliamoci prima del tempo.

Guardiamo avanti.
Viviamo.