Percorrendo il Sentiero Italia CAI ti sembra che il Tempo, come lo conosciamo noi, perda significato.
Provo a spiegarmi…
Come primo effetto, il girare a piedi, sottoposto a variabili come il dislivello, il terreno, il meteo, le tue condizioni fisiche, ti fa capire che fare previsioni di percorrenza è pressoché impossibile. O perlomeno che devi sempre considerare un ampio margine di errore.
Si aggiunga a questo che molto spesso è bello “perdere tempo” a fermarsi a chiacchierare con chi incontri (tutti hanno una storia da raccontare!); oppure per fare una digressione dal sentiero per osservare meglio qualcosa che ti ha colpito; o magari semplicemente fermarti un’ora ad attendere che la luce sia giusta per una foto che hai in mente.
Un viaggio come questo non deve avere tabelle di marcia.
Un secondo effetto che ho notato è che anche il resto del “mondo” sembra essere sospeso in una dimensione temporale diversa.
Mai come in questi giorni ho trovato, attraversando paesini, dei Musei Etnografici. Piccole realtà che racchiudono scorci del passato. Oggetti risalenti a 50, 60, 100 anni fa, che fotografano un altro modo di vivere.
Ed anche le persone che incontri, magari in un rifugio oppure sul sentiero, vivono su una lunghezza d’onda antica, d’altri tempi appunto.
C’è il giovane (idealista, aggiungerei io) che cerca di recuperare il podere dei nonni; c’è il pastore che ti parla di Covid e dell’importanza dell’igiene ma che ha i capelli che non hanno visto lo shampoo da almeno la scorsa primavera; ci sono i vecchi escursionisti che ripetono come un mantra la bellezza della fatica “ma che i giovani d’oggi…”.
Figure fuori dal tempo e con valori antichi.
Gente che lavora duro e che è felice di portare a casa 500 euro al mese.
Gente che ha ancora il gusto di fare assaggiare le cose che ha coltivato con le proprie mani.
Gente che è orgogliosa delle radici da cui provengono.
Gente d’altri tempi.
Che io, in fondo in fondo, invidio…