Seguendo il Sentiero

Il Sentiero Italia CAI è un incredibile viaggio di oltre settemila chilometri tra le montagne della nostra penisola

La vita è fatta di occasioni. A volte siamo noi a crearle; a volte è il caso a mettere sulla nostra strada delle opportunità.
Ma è sempre nostra la responsabilità di coglierle.

Un paio di settimane fa mi è stato proposto di collaborare alla stesura delle guide CAI del Sentiero Italia. Uno degli autori aveva avuto un intoppo e mi è stato chiesto se volessi sostituirlo.

Il Sentiero Italia CAI mette insieme decine di sentieri esistenti (o disegnati all’uopo) e collega l’intera penisola. Parte dalla Sardegna ed arriva al golfo di Trieste. Sono oltre 7000 chilometri di montagna.

E’ un sogno iniziato negli anni ’80, perseguito con determinazione fino a trasformarlo in un progetto che ha visto la luce alla fine del secolo scorso. Ora siamo nelle fasi finali, ed un gruppo di autori lo sta percorrendo per verificarne i singoli tratti e per descriverlo minuziosamente in modo da renderlo fruibile al grande pubblico.

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L’Italia è famosa nel mondo per il mare (siamo un popolo di santi, navigatori e poeti, ricordate?), per le sue splendide coste e per le acque trasparenti. Ma pochi si ricordano che il nostro territorio è al 23% pianeggiante, 41% collinare e il restante 36% è montagnoso. Nelle nostre Alpi ci sono le vette più alte d’Europa e, certamente, le più celebri.

Il Sentiero Italia CAI si propone di offrire agli appassionati (italiani e stranieri) il più lungo (e più bello, aggiungerei io) cammino a tappe del mondo.

E’ un’opera colossale centinaia di punti d’accoglienza da coordinare, migliaia di chilometri di sentiero da censire prima e tenere puliti poi, informazioni puntuali e sempre aggiornate per un territorio che, per sua stessa natura, è fragile e mutevole (si pensi solo alle molte frane di cui sono piene le cronache).

Ma è anche un’esperienza incredibile per chi compie quel viaggio. Una sorta di Cammino di Santiago laico, dove si esalta la spiritualità dell’incontro con la Natura.

Mi sono dilungato anche troppo, ma sono davvero entusiasta di questo progetto. Molte informazioni le trovate sul sito CAI che è in continua evoluzione, però lasciatemi aggiungere un quid di esperienza personale.

Lo scorso fine settimana ho iniziato il mio primo tratto (non aggiungo particolari geografici, ma via via che metterò insieme le tappe aggiornerò anche questo mio blog, perciò seguitemi) ed è stata un’esperienza unica.

Ho conosciuto persone che hanno ancora dentro i valori più puri dell’andar per monti. Non solo i gestori dei rifugi (santi subito!) ma anche le associazioni che promuovono e difendono il territorio, le famiglie che percorrono i sentieri (nonno e nipote, genitore e figlio, giovani coppie ecc) animati da una passione pura e disinteressata.

Un popolo intero di persone che condividono il rispetto per la montagna e per chi ci vive o la pratica.

Gente di città, che sale in montagna a respirare (in tutti i sensi). Ma anche vecchi che resistono e non vogliono scendere oppure, ancor più eroici, giovani che vogliono tornare alla montagna.

Ho conosciuto Celestino, un vecchio pastore di capre orgoglioso della foto che lo ritraeva con il suo caprone Michael (un fuoriclasse come Platini da cui ha ereditato il nome) e che, ancor oggi che non riesce più a muoversi bene, si dà da fare preparando la polenta per chi arriva da valle.

Oppure una giovane famiglia, padre madre e due bambini di 3 e 1 anno, che sale in alpeggio con 700 pecore e vive facendo il formaggio. Hanno scelto una vita dura e sicuramente non retribuita abbastanza. Hanno scelto una via semplice e dura perseguendo la loro idea di felicità.

Ecco cos’è per me percorrere con occhi curiosi il Sentiero Italia Cai: l’occasione per incontrare persone speciali, bella gente che rinnovi in me la speranza per un’umanità migliore.

Andar di corsa in montagna

Ho passato lo scorso weekend a fare sport in montagna.

Sabato, con un’amica, ho fatto un bel giro di una ventina di chilometri e oltre mille metri di dislivello positivo.
Un giro immaginato durante la notte precedente e modificato in corso d’opera quando, salendo da nord verso la vetta di un monte, abbiamo trovato la neve e non essendo attrezzati con ramponi o ciaspole, abbiamo cambiato programma e abbiamo aggirato la vetta invece che salirla.
Appena rientrati a casa, abbiamo inforcato le mountain bike e abbiamo fatto un’altra decina di chilometri cercando il posto per l’allenamento di domenica.

Domenica, svegliatici con calma dopo una bella serata tra amici, abbiamo fatto colazione, ripreso le mountain bike e siamo andati a fare le ripetute lungo le condotte forzate dell’acqua (magari qualcuno non sa di cosa parlo, quindi ho messo una foto).
Appena rientrati a casa, un bel pranzetto in terrazzo dove ci siamo soffermati a prendere il sole prima di rientrare a Milano.

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Un’immagine della gara Valtellina Vertical Tube Race, che si corre lungo le condotte forzate dell’acqua

Non vi racconto tutto questo per farmi invidiare (  ), ma perché voglio parlarvi della mia idea di fare sport. E più precisamente di come il senso dello sport in generale e della corsa in particolare, cambi a seconda del luogo dove lo pratichiamo.
Voi direte: “bella scoperta Franz, chiaro che è più bello correre nel bosco in montagna che tra gli ippocastani del parco Sempione”. Vero, ma non proprio così immediato.

Correre in montagna significa cambiare completamente atteggiamento.

Significa dimenticare la distanza in chilometri e misurare solo i dislivelli.
Significa guardare l’orologio non per vedere a quanti minuti al chilometro stiamo andando, ma da quante ore siamo in giro.
Significa essere flessibili, pronti a tornare indietro, ad aggirare un ostacolo, a prendere (anche quando si è stanchi) la strada più lunga e più sicura invece che la scorciatoia.

Correre in montagna, fare attività sportiva in montagna, richiede una maggior attenzione, una maggior esperienza, in una parola una maggior cosapevolezza.

Scommetto che vi mancava qualcuno a farvi la predica il lunedì mattina…
Ma credo che questa sia una cosa davvero fondamentale.
Ed è per questo che ho accettato con gioia l’idea della Società Escursionisti Milanesi (la sezione CAI cui sono iscritto) di introdurre una serata su questi temi.

Il CAI è, per chi va in montagna, l’equivalente dell’Accademia della Crusca per chi scrive.
Racchiude in sè tutte le conoscenze legate alla montagna. E’ il punto di riferimento ufficiale (magari da alcuni percepito come un po’ noioso) delle attività alpine.

E’ chiaro che si può andare in montagna (persino a correre) anche senza aver parlato con il CAI.
Ma se cercate informazioni sicure è lì che dovete rivolgervi.

Lunedì prossimo, 14 maggio, ci troveremo a Milano, nella nuova sede della SEM, per far incontrare il mondo di chi ama la corsa e di chi ama la montagna.
Non bisogna assolutamente essere esperti di trail, ma non è necessario neppure essere dei neofiti (amici trailer di lunga data, venite a portare la vostra esperienza).
Sarà un momento di dialogo e l’occasione di scoprire come avvicinino la montagna gli esperti del CAI.

Ci sarà un ospite d’eccezione, Alessandro Gogna, uno dei fondatori e garanti di Mountain Wilderness, che parlerà proprio dell’approccio etico alla montagna.

Sarà una grande serata.
Confido che in molti veniate, con la mente aperta e la voglia di parlare.

A lunedì prossimo…

[Dettagli della serata a questo link]