Sotto la neve

Rallentare per poter scegliere meglio: un elogio della riflessione

Tutta la settimana, qui da me, le temperature erano state particolarmente rigide e già ieri pomeriggio erano apparsi i primi fiocchi.
Stamattina mi sono svegliato con una spolverata di neve sulle tuie che delimitano il mio prato e, mentre facevo colazione, la neve ha ripreso a scendere.

acero sotto la neve

Non so perché, ma mi sono svegliato pensando alla vecchiaia.
Non mi sento ancora parte della categoria, ma riconosco alcuni sintomi che rivelano il passar degli anni.
Non tanto fisici, quanto comportamentali.

Sento crescere in me il desiderio di scegliere con attenzione le persone che mi circondano.
Ho smesso di cercare di compiacere gli altri, di cercare la loro approvazione.
Non vengo più travolto dall’eccitazione del nuovo e cerco il piacere delle cose che ho scelto più di quelle che mi sono capitate.

Guardo con sorridente distacco al baldanzoso coraggio dei giovani.
Ammiro sornione le loro sicurezze e tengo stretti i miei dubbi e le possibilità che so ancora di avere.
Non confondo l’esperienza con la conoscenza: so che la prima può guidarmi nell’ordinario, ma se voglio lo straordinario devo perseguire la seconda.

Ho smesso di mandare giù la vita a grandi sorsi e preferisco farmela rotolare in bocca come il buon vino, cercandone di apprezzare pienamente il gusto.

Riflessioni tristi?
No davvero…

Quando ho spalancato la finestra per arieggiare la mia camera da letto mi sono riempito il petto dell’aria frizzante del mattino e gli orecchi del canto delle cince che mi ricordano che è primavera.

Non basta qualche fiocco a fermare il ciclo delle stagioni.
Così come non basta qualche anno in più a delimitare le possibiltà dell’animo umano.

E questo pensiero è molto confortante.

La misura del tempo

Ecco l’ultimo libro di Gianrico Carofiglio

La misura del tempo

Torna in libreria Gianrico Carofiglio con il suo personaggio più amato, l’avvocato Guido Guerrieri con tutti i suoi dubbi, le sue divagazioni, le sue preziose imperfezioni che ce lo fanno sentire vicino ed umano.

La storia è semplice: un ragazzo è stato condannato per un omicidio. A coinvolgere Guerrieri è la madre del condannato, vecchia fiamma dell’avvocato barese, che dovrà quindi difenderlo in appello provando ad instillare nei giudici il celeberrimo ragionevole dubbio.

Per Carofiglio è l’occasione per affrontare in parallelo due temi che lo appassionano.

Il primo, che è anche il motivo del titolo, è il Tempo e il suo scorrere.
Nelle parole di Guerrieri si riconosce anche la voce dell’autore che si interroga sull’invecchiare.

Il Tempo sembra eterno quando si è giovani ed è invece un’unità ben definita e veloce via via che si invecchia. La formula per ingannare il Tempo è continuare a cambiare, uscire dalla routine, ma così facendo si tendono ad anestetizzare le emozioni…

Il secondo tema è il rapporto tra la giustizia (intesa come insieme di apparato giuridico e apparato legislativo) e l’etica.
Carofiglio esplora ripetutamente questo tema, prima attraverso una lectio magistralis che fa pronunciare a Guerrieri di fronte ad aspiranti magistrati (un capitolo che da solo vale il libro) e poi spiegando fin nei dettagli come funziona il sistema giudiziario italiano (senza mai diventare professorale o noioso).

A contorno di questi temi scorre la storia e i soliti personaggi estremamente ben caratterizzati, dalla collega/amante di turno al gestore di un’improbabile libreria aperta solo di notte.

Gianrico Carofiglio è davvero bravo.
La sua prosa chiara ed avvincente evidenzia la lucidità del pensiero e la passione per l’approfondimento filosofico (in parte trattato esplicitamente attraverso il professore che cura la mente con la filosofia).

Peccato duri poco… avrei voluto ci fossero almeno altre dieci capitoli…

La misura del tempo
Gianrico Carofiglio
Einaudi, Stile Libero
288 pagg. / 18,00 euro

Il vecchio

Ho visto un vecchio.
Camminava a piccoli passi incerti, preceduto da una signora di pari età (la moglie?) e seguito da un uomo di oltre 50 anni (il figlio?)
Procedevano in fila indiana sul marciapide sotto il mio ufficio.
La signora portava un sacchetto della spesa della LIDL. L’uomo che chiudeva la fila portava tre pesanti borse gonfie di prodotti. Lui aveva in mano una confezione da quattro rotoli di carta igienica.

La moglie aveva una sua eleganza d’altri tempi, un maglioncino rosa, un paio di pantaloni grigi, un filo di perle al collo, un’acconciatura sobria e curata, un paio di occhiali da sole indossati come fossero un cerchietto.

Il figlio vestiva casual, pantaloni sportivi, una polo. Dalla tasca usciva il filo di un auricolare dello smartphone che lo collegava al resto del mondo.

Ma il vecchio indossava un maglione blu sformato, parecchie taglie più grande della sua, pantaloni grigi di una tuta di cotone vecchio stile con gli elastici alla caviglia, e un paio di sandali da frate in pelle marrone.
Aveva capelli grigi, quasi bianchi, portati corti, spettinati, quasi irsuti, come se si fosse appena alzato dal letto.

vecchio

Ho premuto il telecomando del cancello del cortile proprio mentre stavano passando.
Il vecchio si è infilato nel cancello che si apriva, la signora ha allungato in silenzio la mano verso di lui, lo ha gentilmente spinto nuovamente nella direzione corretta.

Senza una parola. Senza uno sguardo che tradisse un’emozione.

Il vecchio ha allungato la mano e con la punta delle dita secchie ha sfiorato la mano della signora e, quasi rassicurato dal contatto, ha cambiato direzione ed è tornato a seguirla.

Nel cambio di direzione i nostri sguardi si sono incrociati. Io seduto in auto in attesa di passare, lui in piedi sul marciapiede alla ricerca di un instabile equilibrio.

E nei suoi occhi non c’era niente.
Non un sorriso, non un dolore, non una rabbia.
Neppure la consapevolezza di ciò che accadeva.

Ci sono modi di morire che non coinvolgono il cuore ed i polmoni.
La luce si spegne. Anche quando il sole è alto in cielo.

Ho visto l’Uomo e la sua debolezza. E mi ha fatto paura.

Ho atteso ben più del tempo necessario a loro per passare, poi ho parcheggiato e mi sono messo a lavorare. Ma quello sguardo me lo sono portato dentro per tutto il giorno.

E ne scrivo qui per esorcizzare il mio timore.