Alla vecchia maniera

Uno sfogo dettato dall’impossibilità di mantenere certe piccole abitudini del passato… o magari solo dalla vecchiaia che si avvicina

Sarà che sto diventando vecchio, ma trovo tutto questo insopportabile.
Mi sta bene che la gente cambi le proprie abitudini, innovi, segua le ultime mode o tendenze… ma non capisco perché anch’io mi debba adeguare.
E non ditemi che non è vero, il cosiddetto progresso ce l’ha con me e vuole trascinarmi fuori dalla mia comfort zone.

Non sono uno che si tira indietro. Anzi…
Mi piace provare i nuovi piatti al ristorante etnico, mi piace pescare un libro a caso dallo scaffale della libreria, mi piace lanciarmi in attività nuove. Ho persino un lato nerd, che mi fa acquistare tutti quei nuovi apparecchietti con connessione blue tooth che promettono meraviglie.

Ma al tempo stesso ho delle abitudini che conservo gelosamente. Delle cose con cui mi coccolo, una sorta di nido, di rifugio segreto dove passo i momenti in cui ho bisogno di rigenerarmi.

Una mattina di pioggia, davanti al fuoco ascoltando buona musica e leggendo un vecchio libro, ad esempio.
Niente di strano, direte voi.

Ma non è così.
Adesso la musica la si ascolta on line, la si scarica. Persino un cd è difficile da trovare (i vinili sono ormai cosa da cultori dell’alta fedeltà).
I libri stanno andando nella stessa direzione: li trovi in formato digitale prima che cartaceo.

Mi ricordo quando aiutavo mia madre a lavare l’insalata o a tagliare a pezzi la verdura per fare il minestrone. E le ore passate con la pentola sul fuoco.
Adesso l’insalata si trova quasi esclusivamente già tagliata e lavata, e se vuoi farti un minestrone comprando la verdura devi impegnare un rene.

Dicono che è più comodo (ed oggettivamente è vero), ma più comodo non è per forza uguale a migliore.

Ovviamente lascio gli altri liberi di andare avanti, ed io cerco (orgogliosamente invero) di andare al mio passo, a costo di restare nella retroguardia.

drogheria

Ma diventa sempre più difficile trovare certe cose: le caramelle sfuse dal droghiere? Esiste un droghiere nella vostra città? Un droghiere vero, intendo, non una versione sciccosa e à la page che sta alle vecchie drogherie come un hipster sta ad un boscaiolo.

E il barbiere? Non un salone per uomini e donne, un barbiere.

Nella mia esperienza, l’unico negozio che resiste è il ferramenta. Lì, confortato dai cartocci di carta di giornale per le viti e dagli scaffali polverosi con tutti i tipi di punta di trapano, passo un’oretta nostalgica, prima di tornare a casa con l’ennesimo set di brugole.

L’ho detto all’inizio.
Probabilmente è la vecchiaia che bussa alle porte. Ma mi sento davvero imprigionato in questa modernità imposta, in questo stile di vita che ti obbliga ad avere lo spid per dimostrare on line che sei tu ed evitarti di incontrare persone vere ad uno sportello. Che ti obbliga a chiedere informazioni ad un assistente on line, ad un risponditore telefonico, e non ad una signora annoiata dietro ad un bancone.

Ok, ok, è solo uno sfogo, rientro nel gruppo ed accetto il progresso.

Ma certi giorno per me è davvero frustrante non poter fare le cose alla vecchia maniera.

Ascolta “Alla vecchia maniera” su Spreaker.

Chiasso mediatico

La mia personalissima Top Five delle cose che mi hanno rotto le palle nell’ultima fase dell’isolamento. E non è ancora finita

In questo giorno di inzio della Fase Due vi comunico ufficialmente (se a qualcuno dovesse interessare o semplicemente per sfogarmi) che inizio ad avere le palle piene.

Ecco la mia personalissima Top Five delle cose che mi hanno scocciato.

NUMERO UNO:
Pubblicità che con la scusa di dirci quanto siamo bravi e che l’Italia ce la farà, cerca di venderci qualcosa. Ragazzi, siamo consumatori ma non siamo scemi…

NUMERO DUE:
Inchieste giornalistiche, dibattiti, reportage sul Corona Virus. Eccheppalle! la vita va avanti, non so se ve ne siete accorti…

NUMERO TRE:
Discussioni eterne e ricorsive sui vari decreti del presidente del consiglio dei ministri (è questo che significa l’acronimo DPCM). Nelle varie versioni:
a. cosa si può e non si può fare
b. okkei per questa cosa, ma quella? Come avete fatto a non pensare a quella?
c. poteva scriverlo più chiaramente…

NUMERO QUATTRO:
Storie edificanti. Sappiamo tutti che Gramellini è il nuovo De Amicis, ma è un dilettante a confronto con la pletora di microfonati che ci inondano gli schermi di storie strappalacrime, di “nuovi eroi”. Il bimbo che rivede la nonna, la ragazzina a cui manca il cane, l’infermiere che torna a casa distrutto. Tutto vero, tutto commovente, tutto dolcissimo… mò basta però!

NUMERO CINQUE:
Gli ottimisti a prescindere. Che poi sono l’altra faccia della medaglia dei catastrofisti.
Sono morte 30mila persone, ma andrà tutto bene.
La gente non lavora, ma l’Italia è di esempio al mondo.
Chi ci guida (e non mi riferisco solo al governo centrale) procede anaspando a tentoni, ma uniti ce la faremo.
Non siamo bambini piagnucolosi che vogliono sapere quando si arriva! Voglio, non dico dati e strategie, ma almeno non essere preso in giro. Ammettete gli errori: state facendo un lavoro difficile che nessuno ha mai fatto prima. E’ normale sbagliare e riprovare.

Franz Rossi

Ah, che soddisfazione.
Mi sono tolto un po’ di sassolini dalla scarpa.

Adesso approfitto della fase due e me ne vado a correre nel bosco dietro casa.
Sì, perché nonostante tutto, io come molti altri, le regole le rispetto. Anche se non sono d’accordo, anche se “tanto non faccio del male a nessuno”.

Vado nel bosco, perché mi manca un po’ di quel silenzio che è il terreno fertile nel quale germogliano i miei pensieri.

Di questo chiasso mediatico ne ho davvero abbastanza.