Quattro passi dietro casa.
Ad ossigenare lo spirito
#outdoor
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Quattro passi dietro casa.
Ad ossigenare lo spirito
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Va bene, è Halloween, ma arrivare a casa e trovare questo spettrale benvenuto è stato davvero strano.
Intorno a casa mia, come dappertutto in montagna, quando una persona ha un pezzo di terreno e non lo usa per far fieno, lo impresta ad un amico perché ci porti a pascolare le bestie (mucche o pecore che siano).
Il secondo si garantisce cibo gratis agli animali, il primo si trova il terreno senza erbacce e ben concimato (!)
Così da qualche giorno, durante la notte mi fanno compagnia i campanacci di una mezza dozzina di mucche che pascolano placide sotto casa. E al mattino, invece che il gallo è un muggito poderoso che mi tira giù dal letto.
Domenica, invece che alzarmi e fare colazione, ho deciso che sarei uscito a fare una corsetta.
Di solito esco in pausa pranzo o la sera, ma – visto che ero sveglio – ho pensato di inaugurare le uscite mattutine. Erano le 6 e 30 circa, l’aria era fresca, pulita, odorosa di bosco.
Dopo il riscaldamento e un tratto di sterrata, visto che le gambe giravano poco, ho tagliato per un sentiero sul quale da un po’ volevo tornare. Tra grosse rocce e tronchi d’albero, la traccia si insinuava tortuosa nel bosco. C’ero già stato, come detto, ma non ancora quest’anno. Quindi volevo sincerarmi della percorribilità.
Come spesso mi accade, dopo una decina di minuti mi sono distratto completamente ed ho iniziato ad osservare la natura. Specialmente al mattino presto, è facile incrociare degli animali, anche se ad agosto tendono a restare più verso le vette. Comunque ho incrociato una cerva che è fuggita emettendo il suo caratteristico verso così simile al cane, ed un capriolo che mi osservava dai bordi di un pascolo.
Senza quasi accorgermene sono uscito dal bosco e arrivato sulla poderale che porta al paese sopra il mio.
Ho alzato gli occhi e ho visto le cime che sovrastano quella zona, trasformate dal sole che sorgeva. Avevano un colore rosa tenue che regalava loro un fascino speciale, meglio che in qualsiasi altra ora del giorno.
Benedette le mucche che mi aveavno svegliato!
Mi sono un po’ dispiaciuto di non avere con me il cellulare e non poter scattare una foto. Ma procedendo lungo la strada e riempiendomi gli occhi di quello spettacolo che cambiava di minuto in minuto, mi sono ricreduto. Perché fare una foto quando potevo usare quel tempo per notare i particolari?
Certo avrei potuto aggiungerla a questo post e condividerla con voi.
Ma la verità è che non si sarebbe trattato di vera condivisione.
Avreste dovuto essere lì con me, allora sì avremmo condiviso quell’esperienza.
FaceBook ci ha abituato ad un linguaggio che confonde.
Il “Mi Piace” che non costa niente e che si dà a tutti, anche se poi magari non ci piace poi così tanto.
Il “Condividi” che, di nuovo, è un atto gratuito, che non costa nulla, neppure la fatica di pensare un momento.
Sono ancora legato al significato tradizionale di quei termini.
Mi ricordo come mi tremavano le ginocchia quando ho confessato alla prima ragazza che mi piaceva.
Mi ricordo il profondo senso di gratitudine che avevo provato quando, in un bivacco in cui mi ero dovuto fermare, un vecchio signore aveva condiviso con me (che non avevo nulla) la sua cena.
Sbaglierò, ma stiamo rischiando di annacquare il significato profondo delle cose.
Ho imboccato la discesa e sono arrivato di gran lena alle spalle delle mie amiche mucche suscitando un coro di sdegnati muggiti.
Pane al pane, vino al vino.
Credo sia meglio ritornare lì.
Lunedì, al termine della giornata lavorativa, ho deciso di andare a fare una corsetta rigenerante.
Il percorso è quello che chiamo “Basso nel Bosco”.
Un anello che parte da casa e che amo particolarmente (non fosse altro perché è breve!)
Si parte con un tratto in discesa attraverso il paese fino ad imboccare una lunga sterrata in leggera salita.
Sono circa 4 chilometri, perfetti per scaldarsi bene.
Poi si lascia la strada e si imbocca il sentiero che con un continuo susseguirsi di salite e discese si inoltra nel bosco di abeti.
Si passano alcuni punti caratteristici, tra cui una pietraia gigantesca, fino a sfiorare un’altra frazione prima di rituffarsi in discesa e, attraverso un castagneto, rientrare a casa.
Se vogliamo dare i numeri:
Poco più di sette chilometri, poco meno di 400 mt di dislivello positivo, poco meno di un’ora per chiudere l’anello.
La magia della corsa ha iniziato a manifestarsi mentre attraversavo il primo bosco.
Ho lasciato alle mie spalle i problemi del giorno e ho iniziato a pensare ad altro.
Sulla pietraia stavo fantasticando su una possibile variante del percorso.
L’aria era tiepida e gonfia di umidità (aveva piovuto tutto il giorno).
Il sole giocava a nascondino tra le nuvole sui monti che chiudono la valle.
Ero circondato dai suoni della natura: il cinguettio degli uccelli tra i rami, il placido scampanio delle vacche al pascolo, persino il rintocco del campanile sembrava naturale.
Ho imboccato la discesa finale, la mente stava già pregustando la doccia.
Ho lasciato che la forza di gravità mi facesse accelerare.
Ho attraversato un pratone, saltato una poderale e sono piombato sul sentiero che taglia il castagneto.
Il fatto è che proprio quel bosco era stato scelto da una mandria di vacche e manzetti che stavano apprezzando il gusto pieno di quelle erbe montane.
Non so chi fosse più sorpreso, se io che non le avevo mai incontrate in quel tratto o loro che si sono viste precipitare addosso una macchia colorata, fulminea e silenziosa.
L’effetto è stato un fuggi fuggi generale.
Non potete immaginare quanto veloci si muovano quei quadrupedi.
Siamo abituati a pensarli placidi e ruminanti, ma se messi alle strette filano veloci come cavalli.
E non potete immaginare che strepito hanno fatto attraversando di corsa il bosco: era tutto uno schiocco di rami spezzati, un frastuono di massi rotolanti e un clangore di campane.
Superato il primo attimo di sbigottimento ho sorriso e proseguito la mia corsa, regalando un ultimo brivido a tre vitelli che non avevano fatto a tempo a seguire le madri attraverso il bosco.
Sono gli incontri che rendono così piacevole correre da queste parti.
A volte è il frullo d’ala di un falco che si alza in volo, a volte un lampo bianco della coda di un capriolo.
A volte una mandria di vacche in fuga…
Qui non ci si annoia mai!