Milano finalmente c’è

Domenica ho corso la Milano Marathon.
La corro, da staffettista o da maratoneta, da molti anni ormai.
Quest’anno, per la prima volta, da non-milanese.

Però, pur con quello spirito ipercritico da milanese imbruttito, devo dire che il 2019 è stato l’anno della svolta.

Non si siedano sugli allori gli Organizzatori, si può ancora migliorare, ma tutti gli ultimi cinque anni passati a seminare, hanno finalmente cominciato a dare frutto.

Milano è la capitale d’Italia.

Forse non politicamente. Ma se per capitale si intende la città che marcia in testa verso il futuro, allora Milano c’è.
Nell’impegno ecologico, nell’attenzione ai problemi sociali, nell’apertura ad una dimensione davvero internazionale. Milano c’è.

E la maratona non è rimasta indietro.

Cito, in ordine cronologico.

L’expo maratona trasformata in Running Festival.
Quattro giorni di eventi che ruotavano intorno al mondo del running.
Non è stata un’operazione di marketing per la maratona (anche se ovviamente la distribuzione dei pettorali era l’evento chiave).
Si è parlato di trail. Si è parlato di atletica (con delle dimostrazioni di salto con l’asta affascinanti come uno spettacolo circense). Si è parlato di trend (lo yoga per i runners, l’alimentazione, le nuove frontiere tecnologiche). Si è parlato di sport (disabilità, sport per i bambini, sport e cultura) e di molto altro.
Quattro giornate intense, forse persino caotiche, ma con al centro il running.

Il percorso cittadino.
Ancora qualche piccola modifica, ma il percorso è sempre più adatto a Milano. Panoramico (tocca i punti più belli della città), non intrusivo con le macchine bloccate a distanza per il minimo tempo necessario (non si sono sentiti clacson di protesta!), veloce anche se con qualche obbligatoria difficoltà intrinseca (brevi salitelle e pietroni in alcuni tratti).

I numeri.
In primo luogo i tempi dei due vincitori. Record sia maschile (record della gara) che femminile (miglior prestazione assoluta su territorio italiano). Uno spettacolo per gli spettatori (anche per noi staffettisti che li abbiamo incrociati mentre andavano a terminare la loro fatica) e la riprova che con i nomi giusti si può fare il grande risultato.
La partecipazione: oltre settemila maratoneti iscritti e 6303 arrivati al traguardo. Oltre 3700 staffette e 3429 arrivate al traguardo. Insomma oltre 20mila persone che hanno animato Milano per una domenica intera.
La raccolta fondi per le charities, con il record assoluto italiano: un altro modo di dimostrare il cuore grande di questa città.

staffetta
Una delle oltre 3700 staffette che si sono iscritte alla Milano Marathon (ph Archivio Emergency)

Così Milano ha risposto.
Ha finalmente accettato la maratona come quel grande happening che dev’essere.
Come il Salone del Mobile, come è stata Expo, come saranno – se tutto va bene – le Olimpiadi invernali.

Milano, finalmente c’è.

E lo si deve all’oscuro lavoro dei milanesi che realizzano le idee.
Perché senza un progetto chiaro e la determinazione a lavorarci per anni, la MilanoMarathon non sarebbe mai diventata quello che è ora.

Oggi non si vedono le montagne

Per un fortunato caso del destino, da quando vivo in Valle d’Aosta, ogni volta che vengo a Milano dalla finestra dell’ufficio riesco a vedere le montagne.

Oggi no.
E c’è una nuova sensazione che mi opprime l’anima.
Quasi un senso di claustrofobia.

Così ho deciso di andare a correre.
Per sentirmi libero…

Domenica si corre la Milano Marathon.
Ed io, nel mio piccolo, correrò una frazione di una staffetta per Emergency.

E’ record di iscritti: 3.700 staffette che si aggiungono agli oltre 7.000 maratoneti.
Sono curioso di vedere come reagirò in mezzo a tanta gente.

Magari ci sarà di nuovo quel senso di claustrofobia.

In effetti quello che mi ha spinto verso il trail, la corsa in Natura, è stato il senso di libertà che mi dava correre senza essere costretto in percorsi definiti; correre in solitudine o in piccoli numeri.

Però ci sono dei lati negativi di questa visione romantica della corsa.

Nelle ultime settimane ho ripreso ad allenarmi con una certa regolarità (per evitare figuracce drammatiche domenica in gara).
Ovviamente alterno uscite a Milano (quando sono in città) con uscite sulla sterrata sotto casa (quando sono in valle).

E ho scoperto che a parità di fatica, a Milano guadagno una quindicina di secondi a chilometro.

Bella scoperta! Direte voi.
In montagna non ci sono tratti piani, a Milano fai fatica a trovare le salite.
E’ vero, ma a volte abbiamo bisogno di sbatterci il naso per renderci conto delle cose.

Un altro problema, in montagna, è che devi trovare tutta la forza dentro di te.
In città, invece, ci sono talmente tante persone a correre che è facile trovare “stimoli esterni”, che sia un runner da raggiungere, un amico che incontri per caso, o solamente la gioia condivisa di correre dove tutti corrono.

A fine corsa sono tornato in ufficio.
La nostra prigione quotidiana.
E ho apprezzato, una volta di più, quel senso di libertà che la corsa ti regala…

Quelli che…

Ieri sera sono andato all’Old Fox Pub ad un aperitivo solidale per tutte le staffette che il 7 aprile correranno la Milano Marathon con Emergency.

Nell’occasione ho incontrato il Capitano (maiuscola d’obbligo) della mia squadra, i Larocks’n’Run, che mi ha consegnato un piccolo opuscolo con la storia di questo team.
Prima partecipazione alla Milano Relay Marathon, anno 2013, la famiglia Larroux (padre e tre figli) forma una staffetta per Emergency e sceglie di storpiare il proprio nome in Larocks’n’Run perché quella gara è soprattutto divertimento (Rock’n’Roll baby!).

Nei successivi cinque anni la formazione cambia, con il variare della disponibilità di parenti e amici, ma il nome e la voglia di divertirsi resta.
Tra un paio di settimane ci schieremo sulla linea di partenza per la settima volta.
Come ogni anno ci sarà una caratterizzazione speciale, il 2019 sarà la sigla B.P.C. (Bonnie Prince Charlie, eroe scozzese), in onore dell’amico Jammie, rugbista e scozzese, che avrebbe dovuto correre la prima frazione ma che si è infortunato e mi ha quindi ceduto il posto nella famiglia.

Kiltrun

Perché vi racconto tutto questo?

In effetti ho riflettuto dopo che l’amico Alessandro in un commento al mio precedente post, si era chiesto se io fossi un runner (visto che indulgevo alla pigrizia e faticavo ad uscire a correre).

Probabilmente Alessandro ha ragione, non sono un runner.

Ma chi sono i runners?

Parafrasando i grandi Enzo Jannacci & Beppe Viola, autori di Quelli che…
Chi sono tutti quegli altri che, come me, si divertono correndo e non corrono se non si divertono?

Quelli che…

… corrono un’oretta al parco di domenica, ma solo se è bello
… corrono agganciati al guinzaglio del loro cane
… corrono e poi dicono orgogliosi che andavano a 6 all’ora (km non minuti!)
… corrono con un bimbo a fianco su una bici con le rotelle
… corrono lenti tra un ristoro e l’altro
… corrono con le superga e i leggins colorati, saltellando sulla punta dei piedi
… corrono solo con gli amici per andare a mangiare la pizza assieme
… corrono per dimagrire, magari con il kway che li fa schiattare
… corrono ogni giorno, e ogni giorno sono un po’ più lenti
… corrono con le cuffie gigantesche, agitando la testa a ritmo di musica, con degli occhiali a specchio e la fascia tergisudore
… corrono la maratona del paese, anche se è solo di 5 chilometri
… corrono la corsa dei single, la corsa dei babbi natale, la corsa con il cane, basta che non sia una gara vera
… corrono per far fiato e suonare la tromba
… corrono per infilare di nuovo quei jeans che amano tanto

L’elenco è lunghissimo (aggiungete voi qualche categoria).

Io mi sento più vicino a questi che a quelli che si allenano e mentre si cambiano nello spogliatoio prima della doccia commentano il “lavoro” che hanno appena fatto.

Non sarò un runner, forse non lo sono mai stato, ma ho ancora voglia di stare assieme agli amici e se per farlo devo correre la Milano Marathon, allora ben venga.
Appuntamento a Milano il 7 aprile (se volete Emergency cerca ancora staffettisti).

Evviva il Bonnie Prince Charlie!

Quasi quasi… si ricomincia

Quante volte abbiamo smesso e poi ricomnciato? E ogni volta ci sono motivi diversi ma lo stesso senso di innadeguatezza.

Mentre raggiungo i pacers delle 4 ore e 45 intorno al trentacinquesimo chilometro della MilanoMarathon lo scorso 2 aprile, mi stupisco di come loro siano freschi e pieni di vita mentre io sto letteralmente boccheggiando.

Un particolare da non trascurare: loro erano partiti da Corso Venezia alle 9:30 di quel mattino, io – quarto frazionista della mia staffetta per Emergency – ero partito 5 chilometri e 30 minuti prima.

Eppure…

Flash back. Ho 53 anni, sono stato (pesantemente) contagiato dal virus della corsa quando ne avevo 39 tanto che mi ero prefissato ed ero riuscito a correre la mia prima maratona entro i 40 (a Milano, anche quella volta). Ho corso tanto e su tutti i terreni, ho provato dalla pista all’ultratrail, ma negli ultimi 18 mesi non ho più gareggiato e nelle ultime 5 settimane non ho proprio corso. Neppure quella canonica uscitina alla domenica che ti lava la coscienza.

Allora eccomi qui, in una calda domenica di festa, con 10 chili di troppo e il fiato corto.

Intorno a me la gente fa festa, i corridori e – strano a dirsi per Milano – anche il pubblico. Quella mattina, mentre percorrevo al contrario il percorso, avevo incitato e salutato e supportato decine di runners, volti noti e perfetti sconosciuti, e avevo riprovato quell’emozione che chi ha gareggiato ben conosce.

Eppure…

Bastioni di Porta Venezia, striscione del 42esimo chilometro, Barbara Q e Barbara C, due quarti della mia staffetta, saltano dentro al percorso per fare con me gli ultimi 195 metri.

La folla applaude i maratoneti e io ben conosco le loro sensazioni, quel misto di fatica estrema e appagamento per essere arrivati alla fine. Un po’ li compatisco e un po’ li invidio.

Noi staffettisti viviamo di gloria riflessa, i veri protagonisti sono loro, ma gli applausi scendono a pioggia su tutti. La staffetta 399 taglia il traguardo bucando il muro delle 4 ore, ma sono felice come un bambino e penso che forse dovrei considerare di rimettermi a correre con serietà…

Allo stand di Emergency ci ritroviamo con gli altri staffettisti che hanno corso per l’associazione di Gino Strada, siamo quasi 500, riceviamo e restituiamo sorrisi e complimenti, bottigliette d’acqua e pacche sulle spalle.

Sarà il poco ossigeno, sarà quella strana magia della maratona per cui quando ci sei dentro pensi “chi me l’ha fatto fare?” e quando l’hai finita pensi “quando la prossima?”, fatto sta che un’idea inizia a farsi spazio nella mia testa.

Ho un pettorale per correre come fund raiser di Emergency alla New York City Marathon di novembre.
La mia società organizza una trasferta nella Grande Mela.
Ho davanti più di sei mesi… quasi quasi si ricomincia.