La scoperta del Tempo

Vivere a contatto con la Natura mi ha permesso di uccidere l’illusione che potevo avere il controllo del Tempo che passava

I più fortunati di noi riescono a gestire il proprio destino. Non completamente: è ovvio che c’è sempre un evento imponderabile dietro l’angolo, una malattia, un incidente d’auto, ma anche un’offerta di lavoro irrinunciabile o un’eredità inaspettata.

Alcuni di noi sanno surfare tra queste onde della vita, a tenere la barra del timone fissa nella direzione in cui vogliono andare.

E’ curioso come io abbia usato delle metafore marinare per descrivere il processo che mi ha portato a vivere tra i monti.
Comunque, se riesci a mantenere abbastanza a lungo la direzione che hai scelto, prima o poi arriverai alla tua meta.

Ci sono molte componenti in gioco, e non mi riferisco agli eventi inattesi.
La prima è sapere dove vuoi andare.
La seconda è trovare la forza di restare in movimento.
La terza è essere sempre coerente con te stesso.

Vediamole più in dettaglio.

Sapere dove andare
Lucio Anneo Seneca diceva “Ignoranti quem portum petat, nullus suus ventus est” che potremmo tradurre liberamente in “Non c’è mai vento giusto per chi non sa a che porto dirigersi”. Ed è una grande verità. Troppo spesso manchiamo di una fase progettuale. Troppo spesso non pensiamo a cosa vogliamo veramente. I motivi possono essere tanti: la vita troppo impegnata, le responsabilità nei confronti della famiglia, le difficoltà economiche.
Ma sono tutte scuse. Dobbiamo avere un nostro traguardo e, ad ogni occasione (pur minima), dobbiamo fare un passettino in quella direzione.

Restare in moto
E’ parente stretta della prima, nel senso che spesso la prima porta alla seconda. Se non abbiamo un piano preciso, iniziamo a girare in tondo e poi – inesorabilmente – ci fermiamo.
Anche in questo caso siamo pronti a mettere in campo una miriade di scuse (l’arte di temporeggiare) e tra tutte quella regina: “Devo ancora decidere cosa fare” di cui sopra, appunto.
Muoversi è fondamentale. Se ci fermiamo inizia a crescerci sopra l’edera e siamo perduti.
Magari può sembrare la scelta migliore, fermarsi e rilassarsi un attimo, ma occhio che l’attimo non diventi un anno, un decennio, una vita. E vi ritroverete a navigare tra le cose che avreste voluto fare, ma non ne avrete più il tempo.

Coerenza con se stessi
James Russel Lowell diceva “Solo gli stupidi (e i morti) non cambiano mai opinione” e direi che ha ragione da vendere.
Ma stiamo parlando di scelte minori e non di principi. Per me un tempo la pastasciutta migliore erano le troffie al pesto, adesso amo la cacio e pepe. Oppure, più seriamente, ero convinto di aver ragione ma dopo aver ascoltato le tue riflessioni penso che ho avuto torto.
I principi fondanti del nostro essere, invece, non possono cambiare (o magari può succedere, ma al massimo una volta nella vita). Parlo di ciò che siamo nel profondo, delle leggi morali intorno alle quali abbiamo costruito la nostra personalità, la nostra esistenza.
Esistono ma, fortunatamente, non sono così tanti coloro che sono pronti a tradire loro stessi per un motivo futile. E’ molto più comune incontrare persone che si contraddicono senza accorgersene, che non danno peso alla coerenza. Come se fosse una virtù fuori moda.

cielo stellato notturno tra i monti

Come mio solito mi sono dilungato.
La riflessione di stamattina verteva sul perché il destino che mi sono costruito mi ha portato in questo paese tra le montagne.
Di certo c’è la serenità che questo mondo mi trasmette. Il contatto con la Natura e le sue cose semplici. La felicità pura di un cielo stellato incorniciato dalle sagome scure delle vette. L’odore della pioggia nel bosco. I giochi di nuvole di un cielo temporalesco.
Ho cambiato il mio stile di vita: il mondo cui agognavo adesso è proprio fuori dall’uscio di casa. Un mondo in cui mi riconosco, che sento mio.

Ma il vero cambiamento è che mi sono liberato dalla necessità di gestire il Tempo.
Prima facevo di tutto per incastrare più cose possibili nelle 24 ore della giornata, nei sette giorni della settimana. Mese dopo mese, anno dopo anno, mi impegnavo a mettere quanta più vita possibile nel Tempo che passava.

Sono venuto qui per uccidere l’illusione che Vita e Tempo viaggino parallele e che io potessi in qualche modo controllarne lo scorrere.

Ci sono cose che devono seguire il proprio ritmo. Io non ho potere su esso.
La gente di qui lo sa bene e non forza la propria vita.
E’ inutile seminare prima della giusta stagione e non si può raccogliere prima che sia giunta l’ora o rimandare il raccolto lasciandolo marcire nei campi.
Accettare il ritmo della vita mi ha permesso di fare pace con me stesso, di trovare la serenità.

Forse il mio viaggio dal mare ai monti cercava questa saggezza antica che dona quiete al cuore.

Il metronomo

Era quasi estate, le ultime faticose settimane di scuola, probabilmente in seconda o terza media.
Mia madre, a colloquio con il professore di matematica, ricevette uno strano invito a farci provare il canottaggio.
Fu così che il sabato successivo, mio fratello ed io ci recammo presso la Canottieri Nettuno a Trieste e io feci i primi passi nello sport.

Ero un simpatico ciccione (d’altronde esistono ciccioni antipatici?) che non sapeva nulla di attività fisica.
Me la cavavo a scuola, suonavo la chitarra ed avevo qualche amico. Ma sport zero.
Mi ricordo che l’allenatore mi osservò e, toccandomi prima la pancia e poi il petto, disse: “Franzile (un vezzeggiativo sloveno che suonerebbe Franceschino) sposteremo tutto quello che c’è qui sotto, qui sopra” e se ne andò.

Poi iniziò il percorso fatto di corse (che scopersi di amare a differenza degli altri canottieri) e di vasca voga, dove apprendevamo i rudimenti dell’arte rematoria.
C’ero portato. Tanto che, dopo aver spostato i chili dalla pancia al petto, sono entrato nella squadra e mi sono tolto parecchie soddisfazioni in gara.

Una delle prime lezioni che imparai fu di sentire il ritmo della barca.

Il canottaggio è uno sport di potenza. I remi piantati in acqua spingono in avanti lo scafo sottile. E quando il vogatore si precipita verso poppa per piantarli di nuovo in acqua il più avanti possibile, contrasta il moto dell’imbarcazione.
E’ tutta una questione di ritmo. Se ce l’hai la barca vola, se non ce l’hai la barca si pianta.

Ben presto scopersi che il ritmo è fondamentale in ogni cosa.
Nella corsa il ritmo è tutto. Imbriglia la potenza e la trasforma in armonia e poi in performance.
Nella musica, trasforma le note in melodia.
Nella vita, se riesci a imporre un ritmo, gli accadimenti si mettono in fila e le tue azioni producono risultati.

metronomo

Riflettendo su questo ho deciso che, come fatto già molte altre volte in passato, assegnerò alla corsa un ruolo di metronomo.

Le chiederò di essere la regola costante delle mie giornate.
Questa volta non per arrivare ad un risultato cronometrico o per partecipare ad una gara, ma per rimettermi in riga, per riportare la mia vita nel ritmo che io vorrei avesse.

Ho ripreso a correre.

Non guardo il cronometro (anche perché temo sia impietoso specchio della mia attuale forma) ma cerco di correre con costanza.
Alterno le corse e le camminate in montagna (altrettanto stimolanti per l’apparato muscolare e cardiocircolatorio ma meno logoranti per le articolazioni).
E l’uscita di corsa è diventata la cadenza attorno alla quale faccio girare i miei altri impegni: il lavoro, la scrittura, le passioni.

Un piccolo esempio concreto è questo blog.
Cercherò di aggiornarlo con cadenza settimanale, il lunedì, tanto per partire con il piede giusto.
E se il miracolo si rinnoverà, corsa dopo corsa, settimana dopo settimana, mi rimetterò alla pari con il resto della mia vita.