E io che mi facevo beffe degli accumulatori compulsivi mentre facevo avanti e indietro dalla ricicleria con l’auto piena di cose che stavo lasciando…
Ieri ho messo ordine nella mia nuova casa. E aprendo le varie scatole ho scoperto, quasi a sorpresa, che mi ero scordato di quante scarpe da running possedessi. A parte un paio che uso per fare i lavori in giardino, tutte le altre sono scarpe nuove o quasi nuove, comunque tutte che posso tranquillamente usare per correre.
Nove paia, alla doppia cifra credo che scatti automaticamente l’appuntamento dallo psicologo. Un bel record per me che, di scarpe “da civile”, ne ho solo due paia, quello da giacca e cravatta e l’altro.
D’altronde, e so che molti di voi mi capiranno, c’è il paio da asfalto, quello da allenamenti lunghi – e ho finito le scarpe normali ed iniziano quelle da trail – quello super leggero e “preciso” che uso per i percorsi sassosi, quello più “ciabattoso” che prediligo nelle lunghissime percorrenze, quello tiene da paura quando il terreno è bagnato… e via dicendo.
Le ho messe in fila sul terrazzo di casa, per fotografarle e per fare la conta.
Allineate come soldatini in una parata militare sembravano osservarmi e chiedere: dove andiamo oggi?
Così mi è venuta voglia di rimettere su un paio che non usavo da un po’ e sono andato a fare un giretto nel bosco, tanto per riassaporare le vecchie sensazioni.
E’ una delle tante sindromi che affliggono noi che corriamo. Alzi la mano chi a casa non ha almeno un paio di scarpe di troppo; scarpe che potevano restare sulla scaffalatura del negozio ma…
Dopo il solito allenamento del martedì, con i capelli ancora umidi per la doccia e la camicia mezza fuori per la fretta, con un paio di amici abbiamo scaraventato le borse nei bagagliai delle auto e siamo andati a mangiare una pizza. Le chiacchiere volavano leggere, le battute diventavano sempre più cattive con l’aumentare della birra in circolo. Insomma un classico martedì post corsa.
E per l’ennesima volta ho mancato nei suoi confronti. Ho preferito divertirmi con gli amici invece che fare attenzione a lei. Lei che, pur entrata recentemente nella mia esistenza, ha saputo imporsi con gentilezza. La sua leggerezza è diventata compagna di ogni mia ora di divertimento. Il suo stile elegante ha dato colore alla mia vita. Ed il suo supporto, costante e affidabile, ha – letteralmente – guidato ogni mio passo.
Eppure… ero riuscito a dimenticarmi di lei. Abbandonarla in spogliatoio.
Cazzo. Anni che frequento il XXV aprile, ed ancora mi capita di dimenticarmi qualcosa lì. Che sia l’asciugamano o, come ieri, le Mizuno nuove, sta di fatto che al mattino dopo mi tocca tornare sui miei passi. “Chi non ha testa ha gambe” recita un adagio delle mie parti. E alla fin fine per un runner potrebbe persino non essere un male.
Scusate. Era una scemenza. Ma so che non sono il solo (e un po’ il pensiero mi consola). Buona giornata e buon allenamento a tutti
PS ricordatevi di controllare la borsa PRIMA di essere a casa!
In questi mesi ho avuto modo di confrontarmi spesso con Danilo [Goffi, NdR] a proposito dei miei piani di allenamento, e – più in generale – sul modo di prepararsi ad un obbiettivo.
Ci sono alcune cose in lui che mi hanno colpito subito.
In primis la totale dedizione a ciò che sta facendo: quando Danilo ha un obbiettivo, sia una gara di corsa o l’ottenere dei biglietti per uno spettacolo teatrale sold-out, mette tutto se stesso nel tentativo di raggiungere quel risultato. E alla fine, l’abbia raggiunto o meno, può essere sicuro di aver fatto tutto ciò che era in suo potere.
Questo è lo spirito con il quale volevo affrontare il mio progetto 26 weeks for 26 miles e quindi mi sono trovato da subito in sintonia con lui.
Ma sono molte altre le cose che ho imparato da lui, ed oggi riflettevo su una in particolare.
Tutto è iniziato partendo dalle mie scarpe.
Io ho una mia regola, cambiare spesso modello di calzatura.
Deriva dal fatto che correndo in montagna (con scarpe da trail) e su strada (con scarpe da running normali) ho introdotto già una diversificazione. A questo si aggiunga il fatto che “provo” nuove scarpe quando le vecchie non sono ancora da buttare… L’effetto finale è che spesso faccio un allenamento con un modello e quello dopo con un altro.
Sono convinto che, così facendo, non “abituo” il corpo a correre sempre nello stesso modo, evito di correggere posturalmente dei “difetti” legati alla calzatura, e più in generale, non soffro di quella sindrome del “Hanno tolto la mia scarpa del mercato, e adesso io cosa faccio!” così comune tra noi runners.
Ma nell’ultimo anno, complice la mia latitanza dalle corse, mi ero fermato su un vecchio modello e non avevo più cambiato. Da questo il bonario rimprovero di Danilo che mi suggeriva di usare scarpe meno scariche di quelle che indossavo.
Quando gli ho chiesto un consiglio, mi ha detto di scegliere delle scarpe con cui stavo comodo, che fossero protettive, ma che pesassero meno di 350 gr. Al che, io gli ho sorriso e scherzando gli ho detto che con i chili di troppo nel mio girovita, 100 grammi non fanno la differenza. Ma lui mi ha prontamente fatto notare che anche 50 grammi, ai piedi, significano uno sforzo extra per le nostre gambe ben superiore ai chili di troppo nel tronco…
Ecco, questa è la differenza tra essere allenati da uno che sa di cosa parla e seguire delle tabelle trovate sul web. Questi sono i dettagli che fanno la differenza. Un po’ come quando mi corregge i movimenti della corsa, o sa – senza bisogno che io glielo dica – se sono in crisi.
Da Danilo ho imparato l’importanza di curare i dettagli.
Le scarpe, l’alimentazione, tenere il ritmo giusto anche nel riscaldamento, la periodicità delle giornate di riposo.
E ho capito che per avvicinare la perfezione in qualsiasi progetto, non conta tanto lo sforzo grandioso che ci si applica, ma anche e soprattutto la cura maniacale dei dettagli.
Per tornare alle mie scarpe, alla fine mi sono orientato sulle nuove Wave Sky della Mizuno, una marca con la quale ho corso spesso nel passato e che mi ha dato buone soddisfazioni sia nel trail che su strada. Sono arrivate giusto ieri e stamattina ho fatto la prima uscita con prime sensazioni decisamente positive.
Naturalmente sono solo i primi 8 km e mezzo, dovrò testarle durante queste prossime settimane di ferie prima di decidere se saranno loro ad accompagnarmi alla New York City Marathon di Novembre.
Perché – come ricorda Danilo – è sempre meglio testare bene il materiale in allenamento prima di usarlo in gara…