Ho sempre pensato che ogni viaggio debba avere anche una componente “letteraria”.
Non me la sto tirando. Semplicemente, oltre alle guide del posto, cerco di leggere qualche romanzo o racconto legato al posto che vado a visitare.
Così, a sei settimane dalla New York City Marathon, ho selezionato alcuni libri che riempiranno le mie giornate di riposo dalla corsa.
Ovviamente New York è New York, così ci sono migliaia di libri ambientati nella città per antonomasia.
Potevo scegliere a caso, cercando su Google “romanzo New York”, ma ho preferito scegliere un punto di vista particolare, un autore che sto seguendo da qualche tempo, mi riferisco a Paolo Cognetti, autore di “Le otto montagne”, un romanzo affascinante sull’amicizia e sul senso del vivere in montagna (tra l’altro vincitore del Premio Strega 2017).
Cercavo l’occhio del viaggiatore, sapevo che Cognetti aveva vissuto a New York per un periodo, così sono andato quasi a colpo sicuro.
Tre libri.
Due sono scritti da lui, “Tutte le mie preghiere guardano verso ovest“ e “New York è una finestra senza tende“.
Il terzo è una raccolta curata da Cognetti di racconti legati alla Grande Mela ma scritti da altri autori celebri (da Capote alla Fallaci, da Fitzgerald a Soldati…)
Due sono stati facili da reperire, il terzo arriverà a giorni.
Nel weekend si inzia anche questa particolare fase della preparazione all’appuntamento di inizio novembre.
Perché in fondo io ho bisogno anche di questo.
Devo creare una cornice più ampia nella quale inserire il mio correre.
Voglio sapere cosa sono i cinque quartieri che attraverserò durante la gara. Voglio sapere chi ci abita, le loro storie.
Correre per me è sempre stato, prima di tutto, un modo di esplorare.
Lo faccio con le gambe, ma al tempo stesso con occhi e orecchi spalancati, con cuore aperto e mente sveglia.
Perché non di sole ripetute vive l’uomo!
Naturalmente vi racconterò come mi sono sembrati i libri.
E magari aggiungerò la mia personale testimonianza su New York nelle settimane successive alla gara.
Nel frattempo so come impegnare le serate in cui il coach mi ha detto di riposare.