Fuori è notte.
Seduto sulla poltrona accanto alla grande finestra osservo il cielo stellato.
“Sono fortunato, il bollettino meteo promette bello per i prossimi giorni” penso “almeno i primi colli non li farò con l’acqua ed il freddo”
E’ l’Effetto Tor.
Tutto, ormai da qualche settimana, è catalizzato dall’appuntamento di domenica mattina.
Tutto viene interpretato e filtrato attraverso le lenti distorcenti di questa gara-evento.
La mente si inerpica in ipotesi e previsioni; il cuore si proietta verso i colli che ricordo come se ci fossi passato ieri.
Sono completamente preso.
Non so perché avvenga.
Probabilmente perché, via via che ci si avvicina, si tende a non riuscire più a vedere la sfida nella sua interezza. Un po’ come quando, per osservare un edificio molto alto, sei costetto a fare un passo indietro.
Eppure il Tor des Geànts lo conosco bene.
Conosco il suo fascino segreto, e credevo di esserne ormai immune.
Il Tor è il regno della semplificazione.
Devi solo partire e camminare.
Abbandonando dietro a te, insieme agli oggetti superflui, anche tutti i pensieri e le preoccupazioni.
Camminare.
Salire e scendere i colli.
Mangiare, bere.
Quando sei stanco riposare.
Ma poco, perché c’è il sentiero che ti chiama.
Cosa c’è di più semplice di questo.
A me, uomo di azienda, cui viene richiesto di essere multitasking, di assumere decisioni e responsabilità ogni minuto, di avere risposte lineari a problemi complessi e soluzioni sorprendenti per imprevisti dell’ultimo minuto.
A me, uomo di famiglia, cui viene richiesto di essere presente ed efficace, ma rispettoso dell’indipendenza altrui.
A me, uomo di città, abituato a piegare gli eventi naturali con un semplice tasto di un telecomando o con un interruttore.
A me, dio delle situazioni complesse, spaventa la sfida di questa semplicità estrema.
Domenica (ormai tra poche ore) si parte.
Sarà un viaggio dalla durata incerta (potrei non riuscire a passare il cancello della prima base vita) ma della cui intensità non ho dubbi.
Questo è l’ultimo post sul blog fino a quando sarò ritornato a casa.
Posterò qualche foto su Instagram o magari qualche Tweet.
Ma la prossima volta che racconterò qualcosa sarà già venata dal rimpianto dell’esperienza finita.
Questo è l’Effetto Tor.
Un’esperienza totalizzante che non ti lascia tregua.
E adesso è meglio che vada a dormire, perché nella prossima settimana potrò farlo per solo qualche ora.
Post Scriptum: Aggiungo qualche nota per chi non sapesse cosa sia il Tor des Geants (chi lo conosce può saltare).
Si tratta di un trail lungo 330km e con un dislivello positivo di 24mila metri.
Si svolge lungo le due Alte Vie della Valle d’Aosta, valica colli oltre i 3.000 metri di quota e ha un tempo massimo di 150 ore (sei giorni e sei ore).
Si corre senza soluzione di continuità.
I primi dormono pochissimo per vincere.
Gli ultimi dormono pochissimo per arrivare nel tempo massimo.
In tutto si dormono tra le 10 e le 15 ore in sei giorni e sei notti.
Porti con te uno zaino con tutto il fabbisogno per passare da una base vita all’altra.
Le basi vita (sei in tutto) sono delle stazioni poste a fondo valle dove i concorrenti trovano cibo, assistenza medica, docce, letti per dormire e soprattutto un borsone con dentro abiti di ricambio e oggetti personali.
Si corre con qualsiasi tempo (salvo non vi sia pericolo per i concorrenti). Pioggia, nebbia, freddo.
Chi arriva in fondo (di solito circa il 60% dei partenti) viene ricompensato con una giacca con scritto Finisher.
Il premio più ambito per ogni trailer.