E la terza notte al Tor des Géants è passata.
In realtà è la quinta per quelli del Tor des Glaciers, ma loro sono una categoria a parte.
Il meteo che era stato un problema per i primi due giorni, finalmente volge al bello. E la cosa è importante, perché restano ancora da salire parecchi colli.
Osservando da Milano la tabella dei passaggi e il numero di ritiri che si sta normalizzando (al momento sono 216 sui 957 partenti), ho iniziato a riflettere su questo tema.
E’ ovvio dire che è più facile che si ritiri un campione rispetto ad un amatore.
Il campione è lì per vincere, tirerà dal primo minuto e, una volta che si renderà conto che non può più andare a podio o piazzarsi, verrà meno lo stimolo di correre.
Quindi il duplice fattore alto rischio infortunio/correre al limite + calo motivazione rende il ritiro quasi l’unica scelta.
Ma il ritiro per un amatore è tutta un’altra cosa.
In primo luogo, per lui il Tor è probabilmente la gara dell’anno.
Ci si è preparato a lungo, ha coccolato l’idea e quando è stato sorteggiato ha iniziato a vivere per il Tor.
In secondo luogo, per un amatore il vero obbiettivo è arrivare in fondo nelle 150 ore di tempo massimo: essere un finisher.
Quindi accetta di procedere lentamente, l’importante è continuare ad andare.
Ma credo che l’aspetto più interessante sia quello psicologico.
Il campione ha addosso molte aspettative.
Non deve deludere i fan e gli sponsor.
Da lui la gente si aspetta un risultato eclatante ma paradossalmente accetta un ritiro (“Ha dato tutto, è un grande anche se si è fermato” oppure “Ha veramente fatto di tutto per vincere, pensa che si è dovuto fermare”).
L’amatore, tolta la famiglia e gli amici della società di corsa, deve solo soddisfare se stesso.
Ma questo genera una fortissima barriera alla tentazione di mollare.
Il concetto di “magari sui gomiti, ma arrivo” che per un campione è difficilmente accettabile, per un amatore è una strategia.
Così, tra i 216 ritirati al Tor, in percentuale il numero dei campioni, delle wild card (gli invitati), è eccezionalmente più elevato di quello degli amatori.
Non sto facendo un monumento a noi “tapascioni”, a noi che non abbiamo velleità di podio.
Sto solo suggerendo a chi guarda solo la prima pagina della classifica, di volgere lo sguardo verso gli ultimi.
Tra di loro ci sono le storie più interessanti, le battaglie personali più dure, e – spesso – gli esempi da imitare.
Post Scriptum per i più curiosi aggiungo un po’ di notizie.
Al Tor des Glaciers c’è in testa Luca Papi, un italiano residente in Francia (lavora ad EuroDisneyland)
Al Tor des Géants c’è in testa Oliviero Bosatelli che arriverà a Courmayeur verso mezzogiorno di oggi, tra le donne la spagnola Silvia Garrote Trigueros (che ha vinto anche lo scorso anno)
Infine ieri sera alle 21 è partito il Tot Dret, la gara di 130 km che da Gressoney arriva a Courmayeur.