“Non smetterò mai più!
Giuro che non smetterò mai più!”
Questa frase mi rotolava in bocca come un mantra mentre arrancavo a passo paracarro (quella velocità per cui fai fatica a superare anche i pali della luce) nella calda serata milanese.
“Non smetterò mai più, è troppo faticoso riprendere a correre”.
In effetti, come motivazione, anche il timore di dover ripercorrere la lunga china che ti porta dalla poltrona alla maratona (citando il titolo del librettino di due amici) potrebbe funzionare.
Ma io credo che la motivazione vera, quella che ci spinge fuori giorno dopo giorno sia un’altra: la sfida del cambiamento.
La domanda che più spesso chiedono a noi runners è “Perché lo fai?”
Le risposte sono moltissime, tutte valide e tutte mutevoli nel tempo.
E’ così comune che, quando abbiamo scritto con Giovanni il libro sulle nostre (dis)avventure podistiche, come titolo abbiamo usato una possibile risposta: Corro perché mia mamma mi picchia.
Qualche volta a chiedercelo sono altri corridori, e – pur mutando lievemente la forma – la sostanza è la stessa.
“Ma tu come fai a restare motivato?”
“Dove trovi la voglia di continuare a correre?”
Tra gli alti e bassi della nostra vita da runner, ognuno di noi ha sperimentato varie risposte.
Durante le prime fasi di “26 weeks for 26 miles” ho compreso che il mio stimolo questa volta è diverso.
Quante volte ci capita di pensare di voler cambiare vita, lavoro, partner?
Quello che non ci piace non sono la vita, il lavoro o il partner, ma ciò in cui essi ci hanno trasformato.
Siamo schiacciati dalla routine, dall’abitudine. Siamo plasmati dagli impegni che si sono accumulati sulle nostre giornate.
La nostra voglia di fuga è in realtà una voglia di cambiarci, di riavvicinare la persona che siamo alla persona che vorremmo essere.
Correre è un modo di trasformarci.
Di plasmare il tandem corpo-mente attraverso una disciplina chiamata allenamento.
Funzionerebbe anche con il tai chi, la danza o l’alpinismo.
Gli elementi chiave sono due: dev’essere un’attività protratta nel tempo e deve prevedere un impegno fisico.
E la corsa, nella sua semplicità, è lì pronta ad attenderci.
Non occorre acquistare nulla di particolare che non sia un paio di scarpe da running.
Non occorre andare in alcun centro sportivo.
Non occorre trovare qualcuno che ci insegni o che venga con noi.
Basta uscire e correre.
Un atto volontario e senza fine utilitaristico che non sia quello di trasformare noi stessi.
Un atto egoistico, rubare del tempo alle altre nostre attività per regalarlo a noi.
Un atto che ci permette di mettere in secondo piano il mondo delle idee e riportare il focus sulla nostra fisicità, su quello che siamo veramente, senza sovrastrutture e apparenze.
Un atto di libertà.
Magari la libertà di trascinarsi nei 34 gradi afosi di una serata meneghina.
Ma con la consapevolezza che sei lì solo perché sei stato tu a scegliere di volerti trasformare.